GIACOMO GARZYA's PHOTO GALLERY

Dalla baia incantata di Jeranto, i mitici faraglioni di Capri, 31 marzo 1996 (foto di Giacomo Garzya)

 

Maguy, Trieste 6 dicembre 2014 (foto di Giacomo Garzya)

 

Links 

 

Foto scattate dalla mia terrazza. Otto furono esposte per 1 mese a Napoli, al PAN (2006), poi a Roma, al Vittoriano (2007)

 

 

Giacomo Garzya ritratto dalla moglie Paola Celentano a Mykonos (18 luglio 2010)

 

Questa Photo gallery, aggiornata al 2 aprile 2024,  ora comprende quasi   13000 foto.  
(Quelle scattate a partire dal 2015 in gran parte si possono vedere in molti dei 120 album con circa 22000 foto, digitando  "Giacomo Garzya" nel sito web internazionale          www.flickr.com)

 

 

SLOVENIA E CROAZIA

 

VENEZIA E BURANO

 

RICORDI DI VIAGGIO

 

 

 

 GIACOMO GARZYA SCRIVE SULLA SUA ATTIVITÀ DI POETA E FOTOGRAFO

SU SÉ STESSO

A) La poesia è stata sempre parte importante della mia vita, in cui si riversano le mie letture, la mia esperienza, la mia inquietudine esistenziale, gli affetti più cari, il lutto per la scomparsa tragica di mia figlia Fanny. Lo stile nella scrittura ha un peso specifico: Francesco De Sanctis diceva che "la forma è la cosa", ma l’uso indispensabile delle principali regole della retorica - la poesia non è la prosa - e la forza evocativa delle parole, legate al personale bagaglio lessicale (la parola greca "Logos", quindi, nei suoi due significati di parola e pensiero, tante parole tanti pensieri), non bastano da sole, senza un'ispirazione creativa fatta di emozioni, l' "Io lirico", la storia anche personale di ieri e di oggi, purché si renda universale. Quindi forma e contenuti, secondo la lezione leopardiana che definiva Vincenzo Monti “poeta dell’orecchio e della immaginazione, ma non del cuore”. Nel mio caso la determinazione delle parole non lascia molto spazio a più livelli di lettura, se mai è la poesia nella sua interezza che può aprire a più interpretazioni. È in questo, sempre nel mio caso, che la poesia si distacca dalla prosa. L'immediatezza con cui molte poesie sono state scritte non vuol dire scrittura spontanea, ma pensieri sedimentati, che fuoriescono quando devono e, se il labor limae segue spesso veloce, non vuol dire che ciò sia un peccato di leggerezza, ma un modo personale di rapportarsi alle parole nel loro significato. Il mio percorso poetico trentennale, se non si considerano gli anni giovanili, vuole essere innanzitutto autobiografico, intimista, introspettivo, tuttavia sempre universale, come un diario dell'anima, non della mia soltanto, ma di tutte le anime portate a pensare, a riflettere sul significato della propria esistenza, nel suo scorrere tra esperienze trascorse e nuove emozioni. Sin da piccolo mio padre Antonio - poliglotta (parlava correntemente otto lingue), insigne Filologo classico e bizantinista, professore di Letteratura greca all'Università Federico II di Napoli, nonché di greco medioevale alla Sorbona e "associé étranger de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres" - il mio primo Maestro, mi inculcò il valore dell'universalità e quando scrivo interrogo me, pensando agli altri. Sicuramente nelle mie poesie, col passare degli anni, vi si legge anche un iter di maturazione verso tematiche storiche, sociali, religiose, ambientali, non solo, quindi, legato a ispirazioni introspettive e intimistiche, che pure sono parte consistente della mia produzione. Il mio poetare, infine, definito da qualche critico, "neoumanistico", il mio fotografare, la fotografia complementare alla mia poesia, spesso vissuti in prima istanza con le persone care, vogliono essere anche una risposta al mondo in cui viviamo, dove certi valori vengono dimenticati. Le radici, la storia come memoria, i luoghi, la natura, gli affetti più cari entrano infatti nel mio percorso poetico, ma su tutti, il vento, che domina il nostro vivere, come il mare. Credo che la sostanza del mio fare (citando Oscar Wilde, nella mia prima silloge poetica del 1998, "Solaria", "Coloro i quali trovano nelle cose belle significati belli, sono persone colte. Per questi c'è speranza") sia un invito a vivere con gioia le cose belle, in pace con sé stessi e con gli altri, in contrapposizione dialettica al dolore, al dramma della morte. Il dolore, il dubbio, l'oppressione rimanendo comunque i veri motori dell'esistenza, forieri di creatività, di libertà, di fede, anche quella del "Deus sive Natura" di Spinoza, che aveva divinizzato l'intero Cosmo, stando all'interpretazione di Hegel.

B) La mia fotografia, nasce nella mia infanzia come fotografo di famiglia nei viaggi estivi, quando con un apparecchio a fuoco fisso, senza nessuna pretesa, fotografavo viaggiando con la mia famiglia; fu in quegli anni che visitando musei d'arte nelle varie capitali europee, acquisii un gusto personale, utile per inquadrare le foto, di lì anche la capacità di saper osservare i paesaggi, urbani e non, nonché le varie tipologie di persone incontrate. La mia fotografia divenne professionale in pochi anni, dopo il passaggio nel 1981 alla reflex e alle diapositive, con risultati più che soddisfacenti, soprattutto quando iniziai a fotografare con l'ottica Zeiss. Questo percorso analogico si concluse nel 2009, l'anno in cui fui costretto al digitale, in primo luogo, perché i laboratori fotografici, per il crollo della domanda, non rinnovavano più con frequenza gli acidi per lo sviluppo delle diapositive, con risultati a dir poco disastrosi, in secondo luogo perché diventava sempre più difficile reperire le pellicole, essendosi ridotta la loro produzione a livello mondiale. La mia fotografia, poi, è stata innanzitutto basata sullo studio impressionistico della luce: per qualche critico, una metafisica della luce finalizzata alla ricerca di una natura primordiale nei suoi elementi fluttuanti, in un incessante pànta rheî, quindi uno studio sui quattro elementi, basata sulla lettura dei Greci, in particolare i frammenti di Empedocle, che mi portava a fotografare nuvole, tramonti rossi, onde marine, rocce, albe sul Vesuvio, secondo un criterio che avrebbe portato al superamento del momento prettamente emotivo che le aveva volute. L'acqua, elemento primigenio, la terra in continua trasformazione, il fuoco indomito che stordisce, abbaglia, che dà luce alla scena e calore alla nostra esistenza, alla nostra fantasia, quindi anche un rapporto cromatico-emozionale tra elementi che interagiscono tra loro: Fuoco-Sole-Luce-Energia-Calore-Colore-Nuvole-Acqua- Vento-Roccia. Tale ricerca, durata molti anni, confluì in parte, per quanto concerne l'elemento Acqua, in una mia mostra personale nel 2006 all'Istituto italiano per gli Studi filosofici "Il mare che non si vede". Lo studio monografico sui quattro elementi, solo per la mia incapacità di trovare degli sponsors, non si concretizzò, una ventina d'anni fa, in una mostra personale a Milano e in un volume edito sempre a Milano, la capitale italiana della fotografia. Ebbene questi, oltre ai reportages fotografici dei miei viaggi, sono i temi ricorrenti nella mia fotografia. Quanto alla mia fotografia analogica, la diapositiva per me aveva rappresentato un prodotto finito già allo scatto, non si poteva sbagliare, e già ne conoscevo il risultato, buono non solo per il reportage, ma soprattutto per la fotografia creativa. Anche con l'apparecchio digitale, in realtà, con opportuni accorgimenti e tarature a priori, fotografando per lo più con priorità dei diaframmi, ho ottenuto ottimi risultati, senza mai arrivare al "photoshop", se non per regolare, quando necessario, la luminosità. Pur rimpiangendo la fotografia analogica, per una mia personale modalità di intendere la resa fotografica, la fotografia digitale, specie nel reportage e nelle precarie condizioni di luce, presenta innumerevoli vantaggi, che non sto qui a dire tanto sono noti, su tutti quello di avere a disposizione un numero quasi illimitato di scatti e, nella stessa macchina, molteplici pellicole, nonché quello di non dipendere dalla temperatura dell'ambiente circostante, nemico giurato delle diapositive. Infine la fotografia digitale ha aperto a un tipo di arte più concettuale, surreale, rielaborata a tavolino, ma che non ha più niente a che fare col mio modo di intendere la fotografia, sempre soggettiva, ma al confronto, senz'altro più realistica.

Trieste, 4 aprile 2024

GIACOMO GARZYA comunica ai cari amici che sta ultimando un suo nuovo libro fotografico, cui tiene tanto, con circa 250 immagini, in gran parte foto scattate tra il 2023 e il 2024, ma anche con delle sue foto in b/n di Praga, di qualche giorno prima dell'invasione da parte dell'Unione Sovietica, lui quindicenne.                               
Il titolo del libro sarà: Giacomo Garzya, "Fermo immagine a Nord Est" e sarà presentato a Trieste a ottobre/novembre 2024.

Giacomo Garzya, 18 aprile 2024 .


BLOG.DANTEBUS.COM: INTERVISTE D'AUTORE - GIACOMO GARZYA

“Il riverbero delle parole” e “Le vie dell’immagine” sono le sue ultime fatiche artistiche. La prima è una silloge poetica mentre il secondo è un libro fotografico, lei stesso infatti si definisce “poeta e fotografo”. Quando è avvenuto il primo incontro con queste due arti? C’è una tra le due che considera più indispensabile nella sua vita? Se sì, quale?

Il primo approccio alla fotografia risale alla mia infanzia, quando con un apparecchio a fuoco fisso, senza nessuna pretesa, fotografavo viaggiando con la mia famiglia; fu in quegli anni che visitando musei d'arte nelle varie capitali europee, acquisii un gusto personale, utile per inquadrare le foto. Nel 1981 avvenne il mio passaggio alla reflex e alle diapositive, con risultati più che soddisfacenti, anche per la qualità della mia macchina professionale CONTAX e per gli obiettivi ZEISS. Questo percorso analogico si conclude nel 2009, l'anno in cui fui costretto al digitale. La poesia pure nasce presto, in parallelo alla lettura intensiva dei classici, ma si interrompe intorno ai vent'anni, prevalendo l'interesse verso i miei studi storici, per riprendere dal 1993 fino a oggi. La capacità di osservazione come fotografo dei paesaggi, urbani e non, nonché delle persone incontrate, ha avuto molta influenza nell'elaborazione della mia poesia, al di là dei già importanti e imprescindibili elementi culturali e interiori e, a detta della critica, sia fotografia che poesia sono sempre andate avanti di pari passo, interconnettendosi, fino all'ultimo quinquennio quando ha prevalso nettamente la poesia. La mia fotografia, è quindi complementare alla mia poesia, in cui si riversano la mia esperienza di vita, la mia inquietudine, la profondità degli affetti, il lutto, or sono quindici anni, per la perdita precoce, tragica, della mia adorata figlia Fanny.

Quale tra le poesie contenute ne “Il riverbero delle parole” sente più cara o rispecchia maggiormente il suo Io poetico e perché?

Sento tutte le mie poesie come mie creature, mie figlie, ogni silloge (sedici dal 1998 a oggi) rappresenta le varie fasi della mia vita, a tutte sono egualmente legato, anche perché in trent'anni di produzione poetica, esprimo un diario innanzitutto dell'anima. Le radici, i luoghi, la natura, gli affetti entrano nel mio percorso poetico, ma su tutto, il vento, che domina il nostro vivere, come il mare. Credo che la sostanza del mio fare sia un invito a vivere con gioia le cose belle, in contrapposizione dialettica al dolore, al dramma della morte, che comunque sono il vero motore dell'esistenza e che inducono alla creatività e alla libertà. Sicuramente nelle mie poesie vi si legge un iter di maturazione anche verso tematiche storiche, sociali, religiose, ambientali, non solo, quindi, legato a ispirazioni introspettive e intimistiche, pur sempre universali. Ne "Il riverbero delle parole, l'ultima poesia "Per i miei settanta..." è un bilancio esistenziale e rappresenta il mio attuale pensiero, il mio Io poetico.

Quali sono i suoi punti di riferimento letterari? Quali autori l’hanno più influenzata a livello stilistico e perché?

In primo luogo i Poemi omerici, quindi i Lirici greci, Catullo, Orazio per arrivare a Foscolo, Garcìa Lorca e Ungaretti. Anche, per la prosa, sempre a livello stilistico, Malaparte, Hemingway e de Saint-Exupéry. Il perché è legato proprio ai molteplici riverberi emotivi che questi classici universali mi hanno suscitato fin da ragazzo.

“Le vie dell’immagine” è un mix di fotografie analogiche e digitali. Crede che l’avvento del digitale abbia portato solo miglioramenti alla fotografia oppure rimpiange la tecnica analogica?

Come ho detto, a proposito della prima domanda, fui condizionato a passare al digitale nel 2009: costretto perché il miglior laboratorio della mia città, a cui mi ero quasi sempre rivolto per lo sviluppo delle diapositive, per il crollo della domanda, non rinnovava più con frequenza gli acidi per il necessario processo chimico, con risultati a dir poco disastrosi. L'ultima fase, quella dello sviluppo, come è noto, è infatti fondamentale per una diapositiva e senz'appello. In più diventava sempre più difficile acquistare rollini di diapositive Kodak, la pellicola professionale che quasi sempre avevo usato. La diapositiva per me rappresentava un prodotto finito già allo scatto, non si poteva sbagliare, e già ne conoscevo il risultato, buono non solo per il reportage, ma soprattutto per la fotografia creativa. Con l'apparecchio digitale, fin dall'inizio, con opportuni accorgimenti e tarature a priori, fotografando per lo più con priorità dei diaframmi, ho ottenuto ottimi risultati, senza mai arrivare al "photoshop", se non per regolare, quando necessario, la luminosità. Pur rimpiangendo la fotografia analogica, per una mia personale modalità di intendere la resa fotografica, basata sullo studio impressionistico della luce, finalizzata anche alla mia ricerca sui quattro elementi, il digitale, specie nel reportage e nelle precarie condizioni di luce, presenta innumerevoli vantaggi, che non sto qui a dire tanto sono noti, su tutti quello di avere a disposizione un numero incredibile di scatti, pur fotografando io sempre in formato RAW, e nella stessa macchina molteplici pellicole, nonché quello di non dipendere dalla temperatura dell'ambiente circostante, nemico giurato delle diapositive: l'eccessivo freddo e il troppo caldo, tanto da essere sempre costretti alla borsa termica. Infine la fotografia digitale ha aperto da più di un decennio a quella concettuale, surreale, rielaborata a tavolino, per esempio quella del grande fotografo francese Michel Kirch, arte questa che dà risultati eccellenti, ma che non ha più niente a che fare col mio modo di intendere la fotografia, sempre soggettiva, ma al confronto, senz'altro più realistica.

(Intervista inserita in blog.dantebus.com il 6 marzo 2023)


GIACOMO GARZYA - IMMAGINI E PAROLE: DUE PERCORSI PARALLELI

(ARTICOLO CHE HO SCRITTO PER IL BLOG.DANTEBUS.COM, RELATIVO ALLA PUBBLICAZIONE DEL MIO LIBRO FOTOGRAFICO : "FRAMMENTI DI MEDITERRANEO", ROMA 2023, DANTEBUS EDIZIONI)

Avendo voluto fare un bilancio della mia vita a 70 anni, come fotografo, ho pensato di pubblicare, una retrospettiva, da completare in un prossimo futuro, un'estrema sintesi dei miei reportage di più di trent'anni, a partire dalla fine degli anni Ottanta, in due volumi con più di 360 foto. Il primo "Le vie dell'immagine", dal carattere più generale, il secondo, di cui si parla ora, invece, monotematico "Frammenti di Mediterraneo", tale da rappresentare il mio concetto di Mediterraneo, il mare di Fernand Braudel, così importante nella mia ispirazione poetica, a partire dal mio primo libro di poesie "Solaria" del 1998. Ma è proprio questo mio primo libro a far riemergere una vocazione giovanile, quella di esprimermi attraverso la voce della poesia, e i luoghi da me visitati, quelli amati e più volte rivisitati, da immagini si trasformarono in parole, quindi l'uso di due linguaggi, due percorsi paralleli. Va subito detto che in "Frammenti di Mediterraneo", i luoghi nelle foto sono innanzitutto emozioni, le foto rappresentando, spesso con le poesie scritte lì seduta stante, un diario dell'anima, esprimendosi così insieme, con due codici diversi, gli aspetti emozionali del momento, che variano col mutare della luce, dei colori, dei grigi della nostra vita. Il tutto fa parte di un viaggio, metafora della vita, dove vi è una ricerca del bello, il ritorno alle radici, un viaggio inteso non da turisti, ma da viaggiatori, alla Alain De Botton, già memore io del passato, attraverso i resoconti appassionanti dei Montaigne, Charles de Brosses, Montesquieu, Stendhal, Goethe, fino alle riflessioni letterarie, artistiche e politiche nei Reisbilder di Heinrich Heine. Fotografia e poesia, poesia e fotografia, quindi un tutt'uno inscindibile, in cui si riversano la mia esperienza, la mia inquietudine esistenziale, gli affetti per la terra di origine, la mia formazione storicista, le letture dei Poeti greci e del Kavafis di "Itaca". L'immediatezza, poi, con cui ho scritto molte poesie è simile allo scatto subitaneo di certe foto, per non perdere il bello in quell'attimo, che si para dinanzi e che può svanire in qualche minuto secondo. Ne "I frammenti di Mediterraneo" non tralascio la quintessenza della nostra civiltà, il mare, esso traspare ovunque, è l' anima in tante foto, come la macchia mediterranea o le colonne dei templi greci. Infine, la mia fotografia vuole essere anche una ricerca del bello inteso alla Oscar Wilde, una risposta quindi al mondo in cui viviamo, dove certi valori si vanno dimenticando, oggi il regno del Kitsch, del cattivo gusto studiato da Gillo Dorfles o del Trash più volgare. Sul piano stilistico e artistico, un debito l'ho, in particolare, col Mimmo Jodice del Mediterraneo. Sul mio percorso fotografico (foto di paesaggi marini, urbani e rurali), sul passaggio al digitale, ecc., leggere l'intervista fattami dalla Dantebus il 6 marzo 2023 per il suo blog e in dettaglio nel mio sito web: https://www. maree2001.it ( "Photo gallery").

Trieste, 25 gennaio 2024

[in https:///blog.dantebus.com/2024/01/immagini-e-parole-due-percorsi-paralleli-giacomo-garzya-parla-del-suo-frammenti-di-mediterraneo/ ]


SULLA PHOTO GALLERY DEL SITO WEB "POESIA E FOTOGRAFIA DI GIACOMO GARZYA"

L'idea di avere un proprio spazio espositivo permanente online nacque dopo la sua esposizione di foto analogiche "Vesuvio all'alba", dal 19 ottobre al 19 novembre2006 al PAN (Palazzo delle Arti di Napoli) e dal 12 gennaio all'11 febbraio 2007 a Roma, al Vittoriano. Infatti, consigliato e sollecitato da amici fotografi di professione, prima, nell'agosto 2007, si iscrisse alla piattaforma internazionale www.flickr.com , poi, un mese dopo, creò un suo sito web https://www.maree2001.it . Sul sito web flickr.com si limitò allora ad inserire 1200 foto, dando priorità alla Photo Gallery di maree2001, nella quale arrivò a formare gallerie fotografiche con più di 13000 foto. Tuttavia a partire dal 2015, per svariati motivi, non vennero più create gallerie in "maree2001" e le fotografie, dal gennaio 2023, nel numero di 22000, per un totale complessivo di 120 album, sono state inserite in www.flickr.com . Si cercherà ora di aggiornare anche questa Photo Gallery con delle selezioni di foto tratte dai miei album esistenti nella piattaforma Flickr.com .

Trieste, 2 aprile 2024 


PER UNA CRONISTORIA DELLE SUE FOTOGRAFIE: DALLE DIAPOSITIVE (A PARTIRE DAL 1981) AL DIGITALE (DAL 2009 A OGGI)

Tutte le sue foto analogiche, rigorosamente diapositive dal 1981, digitalizzate a partire dal 2007 per il suo sito web https://www.maree2001.it, sono state realizzate utilizzando pellicole a colori nel formato 35 mm (24x36 mm), standard per le Reflex, spesso a bassa sensibilità, in buona parte dei casi, Kodachrome prima, poi Ektachrome, 100 ASA, 21° DIN, senza mancare di utilizzare all'occorrenza i 200 ASA, 24° DIN, di rado alte sensibilità, dai 400 ai 1000 ASA. I 100 ASA, ideali per la sua fotografia prevalentemente all'aperto, in giornate piene di luce, erano anche molto duttili e resistenti, anche alle più alte temperature estive, pur nell'utilizzo costante di borse termiche. Dopo quindici anni di fotografia senza entusiasmo, con una compatta con messa a fuoco fissa, finalmente la scoperta della Reflex nel 1981 grazie ad un regalo di nozze inaspettato: una gloriosa Praktica MTL 3 della DDR con innesto a vite e con tempi da un secondo a 1/1000. Pochi anni dopo il passaggio alla Yashica FX-D QUARTZ, parente povera della Contax 139, con davvero poche differenze se non il prezzo, ma con la possibilità di utilizzare l'eccellente ottica Zeiss (28mm f/ 2,8 Distagon T e 50mm f/1,7 Planar T). Al di là di questa ottica professionale, l'onnipresente Tamron (35-210mm). Dagli inizi degli anni Novanta fino alla fine del 2008, quindi per una ventina d'anni, fotografò con una Contax 167 MT con l'ottica Zeiss che già aveva, arricchita da un 85mm f/1,4 Planar T, da un 135mm f/2,8 Sonnar T, da un 35-70mm f/3,4 Vario-Sonnar, tutti sempre Zeiss. La 167 MT, con l'aggiunta decisiva dei nuovi obiettivi, una vera opera d'arte l'85 mm, fu uno dei maggiori successi di Kyocera, lo rese felice e fu molto preziosa per l'alta qualità raggiunta dalla sua fotografia, incentrata sul paesaggio marino, rurale e urbano, con un grande utilizzo del 135 mm, per i ritratti il mitico 85mm ; nelle foto nei viaggi, di reportage, predilesse il 35-70mm; dalla metà degli anni Novanta, raramente utilizzò il 28 mm, da lui così amato negli anni Ottanta. Come seconda macchina, anche se molto di rado, utilizzò una Yashica FX-3 super 2000. Dal 2009 giocoforza passò al digitale. Vi fu costretto perché il miglior laboratorio di cui si serviva per lo sviluppo delle diapositive, per il crollo della domanda, non rinnovava più con frequenza gli acidi per il necessario processo chimico, con risultati a dir poco disastrosi. L'ultima fase, quella dello sviluppo, come è noto, era infatti fondamentale per una diapositiva e senz'appello. In più diventava sempre più difficile acquistare rollini di diapositive Kodak, non solo in Italia. Nei suoi viaggi in Austria, Belgio, Canada, Cina, Croazia, Cuba, Danimarca, Egitto, Finlandia, Francia, Germania, Gibilterra, Giordania, Grecia, Hong Kong, Inghilterra, Irlanda, Irlanda del Nord, Italia, Malta, Marocco, Mauritius, Norvegia, Olanda, Romania, Turchia, Palestina, Perù, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Stati Uniti, Uzbekistan, praticò la fotografia utilizzando una Canon 450 D, con quattro obbiettivi : 18-55, 85, 24-105 e 70-300 mm. Utilizzò all'occorrenza, non per abitudine, anche cellulari con fotocamere ad alta risoluzione, ma l'ultimo del 2023, il Samsung Galaxy S23 Ultra, ha superato ogni aspettativa: a) per il sensore da ben 200 megapixel, che permette di scattare foto di grande qualità e alta risoluzione, 12000x9000 pixel, e di registrare video in 8K alla risoluzione di 7680x4320 pixel; b) per le cinque fotocamere professionali, una frontale per i selfies da 12 MP. Le quattro fotocamere posteriori, invece, permettono ogni tipo di scatti e in ogni condizione di luce e hanno obiettivi con le seguenti caratteristiche: 1) un grandangolare (principale): 200 MP, f/1.7, 24mm, OIS; 2) un ultra-grandangolare: 12 MP, f/2.2, 13mm, 120°; 3) un teleobiettivo con zoom ottico periscopico 10x : 10 MP; 4) un teleobiettivo con zoom ottico periscopico 3x : 10 MP.

Trieste, 4 dicembre 2023 ]  



GIACOMO GARZYA ON HIS PHOTO GALLERY

The idea of having his own permanent online exhibition space was born after his exhibition of analogue photos "Vesuvius at dawn", from 19 October to 19 November 2006 at the PAN (Palazzo delle Arti in Naples) and from 12 January to 11 February 2007 in Rome, at the Vittoriano. In fact, advised and urged by professional photographer friends, first, in August 2007, he signed up to the international platform www.flickr.com, then, a month later, he created his own website https://www.maree2001.it. On the website flickr.com he then limited himself to inserting 1200 photos, giving priority to the Photo Gallery of maree2001, in which he managed to create photo galleries with more than 13000 photos. However, starting from 2015, for various reasons, no more galleries were created in "maree2001" and the photographs, from January 2023, in the number of 20,900, for a total of 126 albums, were inserted into www.flickr.com. We will now also try to update this Photo Gallery with selections of photos taken from my existing albums on the Flickr.com platform.


GIACOMO GARZYA. FOR A HISTORY OF HIS PHOTOGRAPHS: FROM SLIDES (STARTING FROM 1981) TO DIGITAL (FROM 2009 TO 2023)

All his analogue photos, strictly slides since 1981, digitized starting from 2007 for his website https://www.maree2001.it, were made using color film in the 35 mm (24x36 mm) format, standard for SLRs, often with low sensitivity, in most cases, first Kodachrome, then Ektachrome, 100 ASA, 21° DIN, without failing to use 200 ASA, 24° DIN, if necessary, rarely high sensitivities, from 400 to 1000 ASA. The 100 ASA, ideal for his mainly outdoor photography, on days full of light, were also very ductile and resistant, even at the highest summer temperatures, despite the constant use of thermal bags. After fifteen years of unenthusiastic photography, with a compact camera with fixed focus, finally the discovery of the Reflex in 1981 thanks to an unexpected wedding present: a glorious DDR Praktica MTL 3 with screw mount and with times from one second to 1/1000. A few years after the transition to the Yashica FX-D QUARTZ, a poor relative of the Contax 139, with very few differences except the price, but with the possibility of using the excellent Zeiss optics (28mm f/ 2,8 Distagon T and 50mm f/1,7 Planar T). Beyond this professional lens, the ubiquitous Tamron (35-210mm). From the beginning of the 1990s until the end of 2008, therefore for about twenty years, he photographed with a Contax 167 MT with the Zeiss optics he already had, enriched by an 85mm f/1.4 Planar T, a 135mm f/2.8 Sonnar T, a 35-70mm f/3.4 Vario-Sonnar, all always Zeiss. The 167 MT, with the decisive addition of the new lenses, a true work of art the 85mm, was one of Kyocera's greatest successes, it made him happy and was very valuable for the high quality achieved by his photography, focused on the seascape, rural and urban, with a great use of the 135mm, for portraits the legendary 85mm; in travel and reportage photos, he preferred the 35-70mm; from the mid-1990s, he rarely used the 28mm that he loved so much in the 1980s. As a second car, although very rarely, he used a Yashica FX-3 super 2000. In 2009, it inevitably went digital. He was forced to do so because the best laboratory he used to develop the slides, due to the collapse in demand, no longer frequently renewed the acids for the necessary chemical process, with disastrous results, to say the least. The last phase, that of development, as is well known, was in fact fundamental for a slide and without appeal. In addition, it became increasingly difficult to buy rolls of Kodak slides, not only in Italy. In his travels in Austria, Belgium, Canada, China, Croatia, Cuba, Denmark, Egypt, Finland, France, Germany, Gibraltar, Jordan, Greece, Hong Kong, England, Ireland, Northern Ireland, Italy, Malta, Morocco, Mauritius, Norway, Holland , Romania, Turkey, Palestine, Peru, Poland, Portugal, Czech Republic, Slovakia, Slovenia, Spain, Sweden, United States, Uzbekistan, he practiced photography using a Canon 450 D, with four lenses: 18-55, 85, 24-105 and 70-300 mm. When necessary, not out of habit, he also used mobile phones with high-resolution cameras, but the latest in 2023, the Samsung Galaxy S23 Ultra, has exceeded all expectations: a) for its 200-megapixel sensor, which allows you to take high-quality and high-resolution photos, 12000x9000 pixels, and record 8K videos at a resolution of 7680x4320 pixels; b) for the five professional cameras, one on the front for 12 MP selfies. The four rear cameras, on the other hand, allow all types of shots and in all light conditions and have lenses with the following characteristics: 1) a wide angle (main): 200 MP, f/1.7, 24mm, OIS; 2) an ultra-wide angle: 12 MP, f/2.2, 13mm, 120°; 3) a telephoto lens with 10x periscopic optical zoom: 10 MP; 4) a telephoto lens with 3x periscopic optical zoom: 10 MP.


GIACOMO GARZYA - IMAGES AND WORDS: TWO PARALLEL PATHS

(ARTICLE I WROTE FOR THE DANTEBUS BLOG, RELATING TO THE PUBLICATION OF MY PHOTOGRAPHIC BOOK: "FRAMMENTI DI MEDITERRANEO", ROME 2023, DANTEBUS EDITIONS)

Having wanted to take stock of my life at 70 years old, as a photographer, I thought of publishing a retrospective, to be completed in the near future, an extreme summary of my reportages of more than thirty years, starting from the end of the Eighty, in two volumes with more than 360 photos, the first "The streets of the image", with a more general character, the second, which is now being discussed, is monothematic "Fragments of the Mediterranean", such as to represent my concept of the Mediterranean, the sea of Fernand Braudel, so important in my poetic inspiration, starting from my first book of poems "Solaria" in 1998. But it is precisely this first book of mine that brings out a youthful vocation, that of expressing myself through the voice of poetry, and the places I visited, those loved and revisited many times, transformed from images into words, therefore the use of two languages, two parallel paths. It must be said immediately that in "Fragments of the Mediterranean", the places in the photos are first and foremost emotions, the photos representing, often with the poems written there on the spot, a diary of the soul, thus expressing the emotional aspects together, with two different codes of the moment, which vary with the changing light, colors and grays of our life. It is all part of a journey, a metaphor for life, where there is a search for beauty, a return to the roots, a journey intended not by tourists, but by travellers, à la Alain De Botton, already mindful of the past, through the reports exciting works by Montaigne, Charles de Brosses, Montesquieu, Stendhal, Goethe, up to the literary, artistic and political reflections in Heinrich Heine's Reisbilder. Photography and poetry, poetry and photography, therefore an inseparable whole, in which my experience, my existential restlessness, my affection for my land of origin, my historicist training, my readings of the Greek Poets and of Kavafis of "Ithaca". The immediacy, then, with which I have written many poems is similar to the sudden taking of certain photos, so as not to lose the beauty in that moment, which appears before us and which can vanish in a few minutes. In "The fragments of the Mediterranean" I do not leave out the quintessence of our civilization, the sea, it shines through everywhere, it is the soul in many photos, like the Mediterranean scrub or the columns of Greek temples. Finally, my photography also wants to be a search for beauty as understood by Oscar Wilde, therefore a response to the world in which we live, where certain values are being forgotten, today the reign of Kitsch, of bad taste studied by Gillo Dorfles or of the most Trash vulgar. On a stylistic and artistic level, I owe a debt, in particular, to Mimmo Jodice of the Mediterranean. On my photographic journey (photos of marine, urban and rural landscapes), on the transition to digital, etc., read the interview given to me by Dantebus on 6 March 2023 for its blog and in detail on my website: https:// www. maree2001.it ("Photo gallery").

Giacomo Garzya, Trieste, 2 April 2024  

  

 


GIACOMO GARZYA PRESENTÒ ANTONIO CANIPAROLI IN OCCASIONE DELLA SUA MOSTRA FOTOGRAFICA "POUSSIÈRES DU NEPAL" (ROUEN E PARIGI, AMBASCIATA DEL NEPAL, MAGGIO - GIUGNO 2003).
Il suo testo dattiloscritto è del 1° febbraio 2003, tradotto in francese da sua madre belga Jacqueline Garzya Peeters.
 
Nepal, 2002 (foto di Antonio Caniparoli)

 

UN CARO RICORDO, NEL PENSIERO DI CHI NON C'È PIÙ: GLI INDIMENTICABILI
FELICE ZOENA E MIA SORELLA CHIARA
PRESENTAZIONE ALL'ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI (NAPOLI, PALAZZO SERRA DI CASSANO, 29 APRILE 2015) DELLA MIA UNDICESIMA RACCOLTA DI POESIE "UNA SPECCHIERA", NAPOLI 2015. NELLA FOTO SCATTATA DA FRANCESCO ZOENA, I COMPIANTI CHIARA GARZYA E FELICE ZOENA.

 

GIACOMO GARZYA AL PALAZZO DELLE ARTI DI NAPOLI
AL PAN (PALAZZO DELLE ARTI DI NAPOLI) CON LE MIE FOTOGRAFIE "VESUVIO ALL'ALBA" NEL GIORNO DELL'INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA "NAPOLI E IL SUO VULCANO" (21 OTTOBRE-19 NOVEMBRE 2006). TALI FOTO FURONO POI RIESPOSTE A ROMA, AL VITTORIANO, DAL 12 GENNAIO AL'11 FEBBRAIO 2007 (LA FOTO E' DELL'AMICA GIORNALISTA ANGELA MATASSA).
a) Pescatori a Gallipoli, 23 agosto 1988
b) Terra d'Otranto, 25 agosto 1988
(foto di Giacomo Garzya, esposte nella sua prima mostra fotografica "Forti affetti", 4-13 maggio 1994, Napoli, Palazzo Pignatelli)

 

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