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Garzya, La fotografia aiuta a sentire il mare

La passione del ricercatore che diventa cura del particolare. Quella che ti fa alzare all'alba per giorni solo per trovare la luce giusta. La passione del visionario che vuole catturare l'immagine vista dall'anima. Quella del viaggiatore in cerca di emozioni da fissare su una diapositiva. È dalla passione, quella per la fotografia, che nasce "Il mare che non si vede", la mostra di Giacomo Garzya di scena nelle sale di Palazzo Serra di Cassano, presentata nel corso di un incontro con il fotografo/poeta, moderato da Enzo Pagliaro, con l'intervento di Eugenio Mazzarella, preside della facoltà di Lettere della Federico II, e Maurizio Ribera d'Alcalà, oceanografo e docente all'Università Parthenope. La personale propone tredici immagini - stampa digitalizzata su supporto 50x70 - riassunto estremo ed esempio significante dei tredicimila scatti realizzati negli ultimi venticinque anni da Garzya. E di cui l'autore ricorda con stupefacente precisione non solo tempo e luogo, ma anche esposizione, diaframma, pellicola ed obiettivo. Uso intenso e studiato della luminosità: scatta seguendo, ed inseguendo, la luce con la sua Reflex il fotografo napoletano, utilizzando un esposimetro mentale - il suo cervello - piuttosto che meccanico. E si fa affascinare dal mare, passione dominante, presenza forte ed immanente che rappresenta ancora per certi versi una grande incognita, un mondo da scoprire ed esplorare. Evocativi i titoli scelti per le immagini della mostra, logica conseguenza del rapporto visibile tra fotografia e poesia nel suo lavoro. "Il progetto che ho in cantiere già da qualche tempo riguarda i quattro elementi - racconta l'autore - ho sempre amato viaggiare e continuerò a farlo. La scelta di esporre solo tredici fotografie - aggiunge - è stata dettata dalla volontà di non disperdere l'attenzione dello spettatore". Sentire il mare, percepire l'infinito attraverso luce e colore. Ecco allora la risacca marina sulla spiaggia rossa di Santorini, una barca solitaria in mezzo al nulla, le romantiche iridescenze delle acque appena increspate dalla brezza e le atmosfere cupe dei gorghi di Capri ("Sono rimasto quasi sorpreso dall'impatto così forte dei faraglioni"). Fino ai ricercati giochi di luce sull'acqua, con l'obiettivo che curiosamente attraversa una caraffa di vino per fotografare il percorso del sole al tramonto.
Tiziana Tricarico

Articolo pubblicato ne "Il Mattino", 5 marzo 2006.

 
MOSTRA / "IL MARE CHE NON SI VEDE"
Napoli: le foto di Giacomo Garzya
di Giovanni Chianelli
27.03.2006

"Il mare non bagna Napoli", titolava mezzo secolo fa la scrittrice Annamaria Ortese. Coperto dalle navi alleate in occupazione nel porto, non poteva essere liberamente osservato e goduto. E anche oggi il mare di Napoli c'è ma non si vede: quasi un trucco, un'illusione. Città di mare, ma chi se lo ricorda? Per molti è una cartolina. Di fatto le acque sono estranee a molti partenopei, tanto che fino a poco tempo fa raccontare di un tuffo consumato a Mergellina o a Posillipo equivaleva a narrare un'autentica impresa. Innocenza del caso, è proprio Napoli ad ospitare la mostra fotografica di Giacomo Garzya "Il mare che non si vede", in esposizione a Palazzo Serra di Cassano fino alla fine di marzo. Tredici fotografie per una rassegna che è una costola di un precedente lavoro dell'artista, dedicato al tema dei quattro elementi.Le riproduzioni sono state selezionate per suggerire un nuovo e privilegiato punto d'osservazione, quello dell'uomo sull'elemento marino.. In questo caso è il mare delle coste greche come di quelle campane o altre, molto più esotiche e dai nomi incomprensibili, a prestarsi a questa prospettiva antropocentrica, suggerendo a Garzya quell'idea di bellezza "che ha senso solo se c'è l'uomo che sente e vede. Egli solo è in grado di percepire, di cogliere l'altro da sé. Senza l'elemento uomo niente avrebbe senso specifico; con la sua presenza l'armonia della terra diventa sensibile, tangibile e può suscitare forti emozioni". E il segno di Garzya indica proprio che l'uomo manipola la natura, anche solo osservandola. Alcune fotografie sono più esplicite : in esse il mare si riconosce, quasi con sollievo, tra i colori alterati, tra le luci che quando non sono in bigio e scuro, hanno i riflessi febbrili del rosato e caldi dell'oro fuso. In altre immagini bisogna avere bene in mente il titolo della mostra, per accorgersi del mare. Un'acqua nascosta, lunare, molto sensuale. Acqua e sale, un voyeur ci va di lusso, vedo e non vedo, la più classica delle fascinazioni. Intuire e non focalizzare, perché l'occhio vuole illudersi di guardare solo ciò che desidera e quando lo desidera, perché la sottrazione acuisce la malia e l'intervallo che corre tra la sparizione e la riapparizione è un ammaliante mistero, consumato in un frangente incontrollato. E se il mare è un mistero, Garzya lo avverte non di meno come un "archetipo, la ragione di tutte le cose, nell'acqua innanzitutto, quella che ci avvolge e ci protegge sin dalla nascita, quella che muta ad ogni soffio di vento".

Articolo pubblicato ne "la rivistadelmare.it", 2 aprile 2006.

 
IL MARE CHE NON SI VEDE

"Il mare che non si vede" di Giacomo Garzya, fotografo e poeta napoletano, è la mostra che si è tenuta dal 24 febbraio al 18 aprile 2006 presso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a Palazzo Serra di Cassano. Estratte da un lavoro sui quattro elementi, le tredici fotografie esposte evocano un percorso di riflessione su ciò che può offrire la natura all'occhio che guarda con attenzione, al viaggiatore che non corre e che ama contemplare. È un mare astratto, interiore, che pone l'uomo a considerare il tutto in modo antropocentrico, moderno. Le chiavi di lettura di queste opere artistiche, nell'intento dell'autore, sono molteplici, ma su tutte prevale " l'idea che la bellezza del mare, come di ogni cosa, ha senso solo se c'è l'uomo che sente e vede. Egli solo è in grado di percepire, di cogliere l'altro da sé. Senza l'elemento Uomo niente avrebbe senso specifico; con la sua presenza l'armonia della terra diventa sensibile, tangibile, e può suscitare forti emozioni". Le fotografie esposte, stampate in formato 50 x 70, rappresentano la sintesi estrema di un lungo percorso, quello di chi ha sempre cercato " l'archetipo, la ragione di tutte le cose, nell'acqua innanzitutto, quella che ci avvolge sin dalla nascita, quella che muta ad ogni soffio di vento".
A queste considerazioni dell'autore, vorremmo aggiungere che noi frequentatori dell'Appennino della Campania, abbiamo particolarmente caro il nostro mare che è specchio di quei monti.

Francesco del Franco

Articolo pubblicato ne "L'Appennino meridionale",Anno III, fascicolo I, Napoli 2006, p.117.