GIACOMO GARZYA FA UNA BREVE RIFLESSIONE SU “L’INFINITO” DI LEOPARDI

Giacomo Leopardi, “L’Infinito”

 Questo celebre autografo, qui riprodotto e conservato nella Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli, insieme con la maggior parte dei Canti, lo Zibaldone (1817-1832), le Operette Morali e tant’altro, all’interno del fondo “Carte Leopardi”, rappresenta il momento più rilevante della poetica e della filosofia leopardiana, che partendo dai nostri limiti nella percezione sensibile, va alla contemplazione dell’infinito sconfinato, oltre la siepe, a dilatare con un’illimitata immaginazione, l’esperienza emotiva, lo spazio e il tempo, per, infine, naufragare dolcemente nell’immensità, nell’assoluto, oltre il reale.   

 

 

La collocazione dell’autografo è: L’Infinito. 1819
c.1v (in un fasc. di cc. 10) mm.180×117
C.L.XIII.22

 

 

Vi è da aggiungere che, nel Fondo, di rilevante importanza, manoscritti autografi, carte sciolte, opere rilegate, coprono tutta la vita del Poeta fino alla morte nel 1837, dopo, per oltre cinquant’anni, appartennero ad Antonio Ranieri, il quale poi fece un lascito testamentario in favore della Biblioteca Nazionale di Napoli, che, tuttavia, acquisì il Fondo ufficialmente solo nel 1907, dopo lunghe controversie legali. Digitalizzati tra il 2023 e il 2024 (oltre 15.000 le immagini), tali manoscritti sono stati ora resi accessibili online al pubblico.

 

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