GIACOMO GARZYA: SCRIVO DUE POESIE ISPIRATO DA LA VERNA, SAN DAMIANO, L’EREMO DELLE CARCERI, I LUOGHI DI SAN FRANCESCO CHE AMO DI PIU’

CONVIVIO ASSISIANO

 

È ottobre inoltrato,

e un calice si leva al cielo,

Sagrantino rubino,

in amicizia e silenzio

francescano.

Nel segno dei “Fioretti”,

con sobrietà e gratitudine,

si brinda al dono della terra,

al vino d’Assisi, bianco e leggero,

un tempo dolce, speziato,

profumato d’erbe e miele,

fragile come il suo tempo,

antico padre di Grechetto

e Trebbiano,

di Malvasia e Sangiovese.

Era un vino d’altare e di mensa,

di fraternità e accoglienza,

non di mondano piacere,

il vino dei frati e dei contadini,

che sapevano ringraziare

anche con un solo sorso.

Oggi vedo le uve ancora,

ai piedi della Basilica,

tra i filari che brillano

sotto il sole di metà ottobre:

rossi grappoli di Sagrantino,

cuore tardivo dell’Umbria,

che attende il freddo per farsi

dolce, passito di luce

e di preghiera,

come in terre lontane,

a Niagara-on-the-Lake,

dove il gelo conserva l’anima

dell’uva fino a gennaio.

Qui la vendemmia precoce,

invece, segue i ritmi antichi:

Grechetto, Trebbiano Spoletino,

Verdicchio, Sangiovese,

Ciliegiolo e Canaiolo,

raccolti tra metà settembre

e il primo respiro d’ottobre.

Tutti insieme formano

una sinfonia contadina,

una liturgia di colline,

che ancora resiste

tra gli ulivi e i silenzi dell’Umbria

e dell’Alto Casentino, terre

di Francesco,

dove il tempo cambia,

ma il ringraziamento resta.

 

Assisi, 19 ottobre 2025

IL CANTICO DELLE CREATURE
a Serena e Nicola
A San Damiano,
le parole mistiche del Santo
sono nell’aria che qui si respira:
parole e pensieri d’ambrosia,
stille di rugiada che trasudano
dalle pareti della chiesetta,
dal Crocifisso benedetto,
dai lecci, dagli ulivi e dai cipressi
intorno,
dalla pietra nuda e fredda
su cui spirò Chiara, sorella,
una pietra dura, durissima,
come quella su cui riposava
Francesco,
all’Eremo delle Carceri o a La Verna.
Una penitenza, la pietra gelida,
un cilicio a sferzare la carne,
in contrasto con lo sfarzo di tante
casate e di tanta Chiesa mondana.
E dall’anima del Poverello di Assisi,
che tutto diede di sé agli altri
senza mai chiedere, proprio
nelle celle di questo convento
delle Clarisse,
dal chiostro da cui sentiva i suoni
del vento, da cui traguardava
i suoi paesaggi dell’anima
– il monte Subasio, La Verna,
la Porziuncola – nacquero le parole
più belle della cristianità,
per un mondo nuovo, per la vera
Redenzione di tutti:
il Cantico delle Creature.
Ora, con un velo di tristezza,
lascio questi Santuari,
dove la preghiera del Santo
è anche la preghiera
di chi non potrà dimenticare
le sublimi parole della sua poesia,
sempre strette nel cuore.
Assisi, 20 ottobre 2025
Giacomo Garzya
Tutte le foto sono stattate da Giacomo Garzya il 19 e il 20 ottobre 2025
Giacomo Garzya

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