STORIE DI AQUILE

Vola l’aquila,
più in alto di chiunque,
da sfidare i raggi accecanti
del sole,
dove l’aria diventa eterea,
senza nubi, pura luce.

Lassù si scrolla dal collo
il fastidioso becco del corvo,
l’unico a volerla affrontare,
ma che, senza più il respiro,
non può oltre osare.
È il suo destino:
non reggere il peso del regno
divino,
per cadere sfinito nel vuoto,
di nuovo tra gli uomini.

È questo il potere dell’aquila
sovrana su tutte le cose,
sui vessilli di Roma antica
e di Bisanzio,
sugli stemmi araldici
di tante nobili casate,
sulle bandiere montenegrine,
albanesi, serbe, austriache
e russe, al tempo degli zar.

Sovrana l’aquila,
perché volando più in alto di tutti,
domina il mondo.
Per questo è bicefala,
due teste, una rivolta a Oriente,
l’altra verso Occidente.

Due mondi.
Un solo scettro.

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Tra le storie di famiglia,
dalla voce della nonna,
ce n’era una che faceva tremare
grandi e piccini.

Dicevano che contadini armati
vigilassero nei campi
per difendere, dalle aquile,
i piccoli agnellini.

Storia vera?
Forse no.

Ma quando, dal Castello di Castro
o da Punta Palascìa,
ammiri le montagne innevate
d’Albania,
così vicine da sembrare un battito
d’ali,
allora arrivi a immaginare le aquile
di quelle vette innevate,
capaci, in un baleno, di attraversare
il Canale,
di piombare sulla pianura,
di afferrare tra gli artigli
i piccoli agnellini dalle madri.

Castro, 26 dicembre 2024
Giacomo Garzya

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