PRESENTAZIONE DI GIACOMO GARZYA AL PAN DI NAPOLI DEL LIBRO "SOTTO UN CONTORTO ULIVO SARACENO" DI AURORA CACOPARDO.

 

È con grande piacere che mi accingo a presentare questo nuovo libro edito nel novembre 2015, da Iuppiter Edizioni , Napoli (pp.1-164) di Aurora Cacòpardo, di formazione crociana ( è su Benedetto Croce la sua tesi di laurea in Filosofia teoretica).

Aurora Cacòpardo, prima di tutto amica, poi nota scrittrice e saggista napoletana, collaboratrice di numerose riviste tra cui "Essere", "Il Cerchio","Napoli City", delle pagine culturali del "Roma" e del "Danaro", mi ha onorato negli ultimi anni presentando i miei ultimi libri di poesie a Palazzo Serra di Cassano, con numerose recensioni sulla stampa, mi riferisco al "Chiaia Magazine", una rivista che bene accoglie gli umori del quartiere e della città di Napoli. Per conto mio nel 2014 ho di nuovo avuto modo di apprezzare le sue qualità di critica letteraria e la sua vasta cultura recensendo su "Chiaia magazine" (IX, n.1-2, febbraio/marzo 2014), un suo libro "Napoli: luoghi letterari", scritto da lei e da Francesco D'Episcopo e presentandolo il 28 febbraio dello stesso anno alla Fondazione Humaniter, a Piazza Vanvitelli.

Ora, in questa prestigiosa sede del PAN, "Sotto un contorto ulivo saraceno" di Aurora Cacòpardo mette di nuovo in luce non più la saggista, ma la scrittrice di numerosi libri tra cui vale ricordare"Un colpo inaspettato e altri racconti", "Carlo Emilio Gadda e il romanzo giallo", "La via che conduce a te".

"Sotto un contorto ulivo saraceno" è il titolo del libro, che in questa sede si presenta, ed è anche il titolo del racconto che l'Autrice vuole porre in primo piano, tra i tanti che compongono il suo libro.
Ad una prima lettura sommaria dei racconti, si percepisce, spesso, la presenza della natura, una nostalgia per il nostro passato ricco di eventi, di arte, di archeologia e di cultura.
Partendo dal dato concreto che il paesaggio, che spesso si incontra nei luoghi in cui viviamo e siamo cresciuti ed educati, non sia avulso dalla sua storia, una grande storia, quella della Magna Grecia, in primis.
Un paesaggio marino, rurale a noi familiare, quello del Tirreno, del Mediterraneo, caratterizzato dalla sua celebre macchia mediterranea, da piante simbolo come l'ulivo contorto saraceno di Aurora Cacòpardo, su tutti e su cui aleggia la grande figura dello storico Fernand Braudel, celebre per tante opere, tra cui "Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni" e per la citazione cui fa riferimento Aurora Cacòpardo: "Il mare è destino"...".
I viaggi in luoghi lontani ed esotici potranno emozionare sicuramente, nelle albe, nei tramonti, nelle acque cristalline, e così via, ma avranno sempre qualcosa di incompiuto, di algido, considerando l'assenza di fatti, di eventi decisivi per lo sviluppo di una civiltà, di una qualsiasi civiltà.

Tuttavia questa realtà mediterranea idilliaca, bucolica, se vista nell'ottica romantica o di chi fa dell'amore per la natura una ragione di vita, non nasconde per la Cacòpardo e per tutti noi osservatori della realtà effettuale, aspetti inquietanti, quali il degrado ambientale favorito da insediamenti industriali di grande impatto ambientale, quali, per citarne qualcuno nel Sud: Augusta, Taranto, Bagnoli, insediamenti determinati da errate e miopi politiche governative, ma soprattutto il degrado causato da devastazioni vere e proprie, vedi nel casertano, la famigerata "terra dei fuochi", della delinquenza organizzata: Mafia, Camorra, N'ndrangheta, Sacra Corona Unita, che senza alcuno scrupolo etico, e per la realizzazione di profitti spropositati e con la complicità di tanti colletti bianchi, hanno distrutto aree vaste, riducendole a terre mortifere, aree, in cui tra l'altro, abitavano da generazioni.Aurora Cacòpardo divide il suo libro in tre sezioni: "Azioni", "Parole", "Sentimenti".

Si tratta, in tutto, di ventuno racconti brevi, connotati, alcuni, da una sottile ironia, altri da una direi quasi surreale investigazione poliziesca, rientrando a pieno titolo, questi, nel genere del giallo, ma di un giallo ben distinto da quello di tanti autori, oggi di moda, che ne hanno fatto un genere di successo, ma nella sostanza non discostandosi da trame e riti consueti. Il genere giallo della Cacòpardo, si esaurisce in brevi ma efficaci pennellate, che mettono in luce la società attuale e non, senza perdere il senso dell'humor, in questo caso tipicamente napoletano e britannico, che come è noto, viaggiano sullo stesso binario.
La sezione "Sentimenti" si apre col racconto dell'ulivo contorto saraceno e si divide in due parti ben distinte, la vecchia Myriam, madre di Ester, che muore, "il sole allo zenit", "sotto l'ulivo, sul viso sereno un accenno di sorriso, i capelli scompigliati dal vento, le braccia al seno e le mani giunte sul cuore quasi in segno di preghiera", lei che vent'anni prima, credo, aveva vendicato la figlia Ester, suo malgrado, implicata in fatti di spionaggio, più grandi di lei, uccidendo con due revolverate il responsabile della sua morte. Dal racconto esce uno spaccato non della città vecchia di Gerusalemme, città che per chi ha avuto, come me, la fortuna e l'occasione di visitarla, ha un fascino ineguagliabile, ma dei quartieri recenti, dove la paura di subire un attentato è permanente. Non a caso Myriam
si salva dall'esplosione di una bomba ad opera degli eterni nemici Palestinesi. Un racconto, quindi, in cui la serenità della morte è commisurata alla giustizia compiuta, che traspare in un passo della Cacòpardo (p.123), in cui si dice: "solo una cosa non si può condividere, il sogno di una giustizia veramente giusta".

Molto lirico, commovente, romantico di un non ancora sopito romanticismo, è il racconto "Un fiore dei mari del Sud", la storia di un amore coltivato lentamente, per poi sbocciare in un fiore impossibile, che morirà con Eugenio prima del tempo, per delle ferite di caccia, rendendo vana l'attesa della donna amata, col naufragio nei Mari del Sud di un matrimonio mai concretizzato, mai consumato.
Di sapore tardo rinascimentale la vicenda del povero professor Ricori, zoologo e botanico di fama, ucciso dal veleno imbevuto nelle pagine di un libro di caccia dei tempi di Caterina de' Medici.

In queste pagine Aurora Cacòpardo dà prova di maestria e, di nuovo, di grande e sottile ironia. Il professore già segnato dall'assalto di alcuni borseggiatori e non più in possesso delle sue precedenti facoltà mentali, doveva pur prima o poi morire per la sua passione scientifica e antiquaria!
Non meno divertente è la storia, pare vera, della principessa russa con "al dito indice un grosso rubino che manda bagliori di sangue", che va a gabbare l'artista innamorato, immemore della profezia d'una gitana. E viene spontaneo pensare che a queste donne dal fascino di una Carmen, sempre bisogna dare retta.


I rumori della guerra si snodano a Bagdad nel racconto più lungo, che chiude il libro, "Bagdad addio". Una vicenda umana e sofferta, che si svolge tra le due guerre del Golfo, e vede protagonisti Floriana e il Barone siciliano Ruggero Fonti di Santa Rosalia. Un amore delicato come le zagare di Sicilia, in un paese dove il profumo della sabbia si mischia con l'odore dello zolfo e degli spari
dei mortai. Si perderanno i protagonisti per un lungo tempo, ma lei, ormai suor Elisabetta, con nel ricordo il sorriso enigmatico della Sfinge a Giza, quasi a preconizzare un destino infausto, si occuperà dei feriti negli ospedali da campo della seconda guerra del Golfo, molto più cruenta della prima e che farà di Bagdad un cumulo di macerie.
Tra i feriti incontrerà il suo Ruggero, ormai moribondo, e vegliandolo, morirà anche lei "fredda, ai piedi del lettino" di lui, di dolore. Una storia che non può non commuovere, una delle tante nei teatri di guerra, di tutte le guerre.

Nella sezione "Parole" vi sono quattro racconti, ma è nel primo "Mezzanotte all'Aquarium" che Aurora Cacòpardo esplicita in modo emblematico e drammatico, il dramma della società di oggi, già emerso all'inizio della mia presentazione, a proposito della preponderanza delle mafie, della lotta non sempre vincente contro di esse, rappresentando esse una piovra dai mille tentacoli.
Il nichilismo, il qualunquismo imperante, soprattutto nella società meridionale, la politica come professione non più come una vocazione, l'assenza di valori nobili e di ideologie nelle nuove generazioni, porta a un pessimismo a volte disperato che può spingere un trentenne come Carlo al suicidio. Ma il paradosso è che a uccidersi con un colpo preciso al cuore sotto due platani nella Villa comunale, dopo mezzanotte, sarà Stefano, che aveva salvato Carlo dall'insano gesto, ma che ripercorrendo come in un flash la sua professione di Giudice, era arrivato a determinare un bilancio passivo nella sua lotta alla criminalità, un bilancio che tra il dare e l'avere non lo aveva compensato per il tanto lavoro svolto, lui "uomo straordinario, energico, combattivo, un grande oratore", per dirla in poche parole un uomo dal forte carisma.

Con questo racconto brevissimo di quattro pagine, Aurora Cacòpardo mette in luce tutto il suo malessere di cittadina, di intellettuale, di donna, verso una società malata di un cancro non facilmente estirpabile e che dà poco spazio alla speranza.

La Prima parte del volume "Azioni" è la più ricca di racconti (dieci) ed emergono, in non pochi di essi, un'atmosfera spesso surreale, un certo pirandellismo di fondo, penso in primis a "Nero, il persiano", a "Menes il giustiziere", il cui finale è decisamente esilarante. In essi si trova l'humor noir, il genere giallo confezionato con malizia e con una scrittura decisamente favorevole a creare sorrisi di compiacimento.

Lascio al pubblico di lettori, dopo questo breve excursus, il piacere di gustare questa pregevole opera di Aurora Cacòpardo, prima di tutto amica e poi infaticabile scrittrice.



 

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