PREFAZIONE DI MARIA ROSARIA COMPAGNONE A GIACOMO GARZYA, "PETTIROSSO", Napoli 2015, M.D'Auria Editore

 

"Uno spirito inquieto che non si ripiega su se stesso e che non rinuncia mai a vivere nel mondo e col mondo", così Giuseppe Galasso definiva nel 2001 Giacomo Garzya nella prefazione della raccolta Maree.
In un'esperienza poetica tanto vasta e articolata come quella di Garzya (oltre venti anni di attività ininterrotta) la sua poesia, da qualsiasi punto la si osservi, appare in costante movimento o meglio, si costruisce e si presenta come un continuo viaggio, un viaggio compiuto non solo pellegrinando per i luoghi cari al poeta ma, e soprattutto, attraverso i gesti che costituiscono i piaceri semplici dell'esistenza umana.
È sufficiente un bicchiere di Spritz nel quale il ghiaccio che brilla rinvia all'amore negli occhi degli innamorati per delineare sulle labbra del lettore un sorriso, segno di un déjà-vu affiorato dal baule dei suoi ricordi. Piccolo e grande sono concetti relativi, quasi inadoperabili, se ci si accosta alla poesia di Garzya, poiché il più piccolo e semplice gesto può scatenare la più forte e profonda emozione, come un gatto che si arrotola al sole di mezzogiorno e rende, chi lo osserva, semplicemente felice.
Un insieme di luoghi circoscritti dunque, ben definiti nella loro storia e nelle loro caratteristiche, che racchiudono in sé l'universo intero e aprono a considerazioni sugli uomini, sul loro esistere, sull'amore, sulla storia e sulle storie di ognuno.
Poesie della realtà, di gesti abituali e ripetitivi come quello dei pescatori di Marina di Praia che giocano a carte, a dadi/ sui tavoli/ dove scorre vino rosso/ sangue,/ per lenire la fatica del mare,/ per stordire la mente/ nei momenti d'ira del mare.
Il viaggio di Garzya prende avvio tra i boulevard di Bruxelles, città dove ha trascorso tante estati della sua infanzia e adolescenza, ripercorre località di mare a lui care e presenti nelle raccolte precedenti e si sofferma a Trieste, luogo d'elezione per la scrittura.
Trieste città-frontiera, crogiolo di razze, groviglio di Storia e cultura, Trieste e i suoi letterati i cui busti sono esposti di qua e di là per le vie: Joyce, Stuparich, Svevo, Saba. E a Joyce, Garzya dedica dei versi nostalgici nella malinconica consapevolezza che i suoi passi si sovrappongono a quelli lasciati, un tempo, dallo scrittore lungo il canale, versi che rappresentano una sorta di dialogo e un momento di meditazione in compagnia del padre dell'Ulisse moderno I tuoi passi sul canale/ caro padre d'Ulisse/ sono ora i miei passi/ e ricordano le tue sudate/ pagine, che passeggiavano/ in me ragazzo,/ alla scoperta della tua coscienza,/ come della mia,/ così diversa la percezione/ delle ore, dei minuti, dei secondi,/ così diversa la latitudine della mente/ in ciascuno di noi.
Il viaggio riprende da un continente all'altro e, nella penombra dei grattacieli di New York, Garzya emerge quale poeta del movimento urbano e accende con le parole, proprio come il riverbero sul fiume/ accendeva il cielo nel blu/ della notte,/ le corde d'acciaio del ponte/ più antico e bello vibrando/ al battito accelerato del cuore/ degli innamorati/il volto della New York più autentica dove l'immagine degli innamorati, il suono delle sirene delle navi, il volo dei gabbiani e il passo di chi vuole arrivare primo in una corsa contro il tempo, si confondono sullo sfondo con l'energia sprigionata dalle parole stesse utilizzate per descrivere queste immagini.
Potenza e sentimento che ritroviamo nelle tre poesie dedicate agli uomini e ai paesaggi del Nord, piccole scene rubate alla quotidianità e suggestivi paesaggi naturali, realizzati non con oli e pennelli o con la fotografia, di cui Garzya è altresì maestro, ma con la poesia e la ricchezza delle parole. I suoi versi sono soavi, scorrono con naturalezza e spontaneità come i paesaggi descritti e questo perché, com'è stato già notato in passato da diversi studiosi, la poesia non è per Garzya tanto una scelta quanto un bisogno, un'esigenza naturale al pari del mangiare o del dormire.
Un'esigenza che diventa vitale dopo i momenti tragici che segnano la sua esistenza, quando i versi si dispiegano in una lirica che evoca l'amatissima figlia perduta e rappresentano un meditare costante sull'esistenza dell'individuo, sulla sua singolarità dolorosa, sperduta in una cosmologia sconfinata, in una cosmologia il cui ritmo più prossimo, più avvertibile, è lo scorrere del tempo, il susseguirsi degli eventi e delle cose, l'alternarsi delle stagioni. Le poesie di Garzya rilevano l'esperienza di un severo disincanto dinanzi al senso della vita, ma sono anche un attraversamento incessante del pensiero in piena libertà, tra alti e bassi, tra slanci e silenzi.
Un attraversamento che si spinge fino a quel punto dove il pensiero guarda se stesso e vede il proprio limite. In quello stesso istante, però, s'intravede una boa di salvataggio e questa boa è l'amore. L'amore che traspare dall'abbraccio di due giovani innamorati, dallo sguardo della donna che si ha accanto, che si presenta sensuale e fisico tra due amanti o semplicemente si percepisce nel tenere tra le mani un animale fragile e indifeso come in Pettirosso, penultima poesia che dà il nome all'intera raccolta Saltella il mio cuore,/ batte batte col tuo,/ e le piume morbide come il profumo,/ la mia mano scaldano/ e batte batte/ il tuo cuoricino col mio/L'audacia di questo piccolo passeriforme a lanciarsi contro qualcosa di enormemente più grande di lui è tramandata dalla tradizione cristiana, secondo la quale il pettirosso si sarebbe procurato la tipica chiazza rossa sul petto cercando di estrarre una spina dalla corona posta sul capo del Cristo.
È l'allegoria dell'eroismo, dell'altruismo e della generosità, è la silenziosa storia di tanti piccoli Davide di cui nessuno parlerà mai, ma non per questo rinunciano a combattere. Ancora una volta Garzya sorpassa il punto del limite e dà una risposta alla paura della morte, dell'assenza e del nulla. Poche volte un libro, nella vita di un lettore, diventa una presenza insieme discreta e costante, e dalle sue parole, dalle sue rime, dai suoi pensieri, prende avvio la meditazione sull'esistenza dei singoli e dell'universo, di tutto quello che definiamo vivente. E ogni nuova lettura porta in sé sogni e visioni che hanno qualcosa di nuovo e di diverso, che solo un poeta dei paesaggi dell'anima può suscitare.

 

MARIA ROSARIA COMPAGNONE

 



 

WEB SITE ottimizzato per una risoluzione 1920 x 1080

Tutti i contenuti di questo web site sono soggetti a Copyright - ©2007-2023 Giacomo Garzya

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi

TUTTI I DIRITTI RISERVATI - ALL RIGHTS RESERVED - TOUS LES DROITS RESERVES