PREFAZIONE DI SILVANA LUCARIELLO AL MIO NONO LIBRO DI POESIE: GIACOMO GARZYA,"UN ANNO", Napoli 2013, M.D'Auria Editore.

 

Sono grata a Giacomo Garzya per l'invito a presentare il suo nuovo saggio di poesie Un anno, non solo per la testimonianza di stima nei miei confronti, ma soprattutto perché mi ha offerto l'opportunità di riavvicinare e ri-esplorare il mondo della poesia che percorre dimensioni emozionali con quei tracciati che arrivano diretti "al cuore".
Per me che poeta non sono e che avvicino nel mio lavoro psicoterapeutico la complessità del mondo umano con i suoi numerosi volti, spesso cupi, indecifrabili ed invalidanti lo scorrere dell'esistenza, questo testo mi ha permesso di assaporare e ripercorrere itinerari interni con modi e linguaggi che solo la poesia può descrivere con efficacia.
Leggendo il testo da subito si è immersi in uno scenario suggestivo e corposo, fatto di immagini, ma soprattutto di odori, sapori, colori e suoni in cui umano e natura si incontrano per consegnarci una miriade di stati d'animo dalle mille sfaccettature.
Sullo sfondo di tutte le produzioni poetiche della raccolta, si staglia il dolore silenzioso e riservato dell'autore, cui è permesso accedervi in punta di piedi e con estremo rispetto.
Il dolore che traspare nelle poesie di Giacomo Garzya appartiene a quella dimensione tragica dell'uomo che si interroga sul suo esserci nel mondo, sul mistero della vita e della morte, sul significato di esperienze e vicissitudini che popolano l'esistenza di ciascuno, cogliendoci sorpresi, disperati o muti nel "patire" la vita.
La nostalgia del passato, la forza delle emozioni, l'incedere superbo della morte nei sentieri della vita, si intrecciano nelle varie composizioni, lasciandoci rapiti nel riprovare e ritrovare atmosfere del presente e quelle del tempo che è andato: amore, solitudine, inquietudine, stupore, inganni, malinconia, condivisione, solidarietà e molto altro ancora si ritrova nel testo del poeta.
L'errare dell'uomo dentro e fuori se stesso è portato da immagini di luoghi e terre inondate dal sole, in cui sacro e profano si mescolano e si fondano nel Luogo della : " terra madre, lì dove ha tutto origine".
L'amicizia di affetti lontani e sempre presenti, il sorriso misterioso del femminile, la bellezza sconvolgente della natura, introducono l'autore in altri luoghi esterni ed interni che gli propongono il movimento incessante della vita che si condensa nel silenzio opprimente della morte.
È quanto si ritrova nel componimento Il Buio nero nell'immagine della grotta di Pertosa o sotto S.Anna di Palazzo: "quando si spengono le lampade , il silenzio assoluto al bivio è opprimente, così deve essere dentro una bara quando si spengono gli occhi per sempre".
Per l'autore il tempo scandito dall'orologio avanza con impassibile ineludibilità ed in esso giocano, come dentro le maglie di una sottile filigrana, il dolore della mancanza, della perdita, delle separazioni; il tempo interno, invece, rimane custodito nel presente vivo e costante della mente: potere della memoria, archivio della memoria, condivisione rappresentano le uniche sponde di spazio senza tempo, in cui passato e presente si coniugano nel : "niente è morto".
Tempo, spazio e memoria mi sembrano, infatti, gli assi portanti su cui Giacomo Garzya costruisce il suo linguaggio poetico dove il dolore di cui ci parla, e penso alla poesia Cinque anni, non arriva solo dalla mancanza, ma dalla tirannia dell'oblio che interviene inesorabile e con ritmo implacabile a consentire per chi rimane in vita l'amara e struggente consapevolezza della propria sopravvivenza.
La carica emozionale che suscita la produzione poetica di Giacomo Garzya mi ha riportato alla mente l'intimo legame esistente tra poiesis e sogno, messo in risalto anche in numerosi studi psicoanalitici.
Infatti, Jung in particolare, fra tutti gli psicologi del profondo, segnalando nel 1961 una significativa analogia tra poesia e sogno, scriveva nel suo saggio Simboli ed interpretazioni dei sogni che: "si ha l'impressione che nel sogno sia all'opera un poeta".
Al riguardo mi piace ricordare un passo illuminante di F.Hölderlin in cui l'autore descrive mirabilmente la poesia come capacità di percepire in maniera nuova ed originale il mondo e le cose del mondo: "Quando il poeta, in tutta la sua vita intima ed esterna, si sente unito con il puro risuonare della sua sensibilità originaria, e si guarda intorno nel mondo, questo gli appare nuovo e sconosciuto; la somma di tutte le sue esperienze, del suo sapere, della sua intuizione, del suo pensiero, l'arte e la natura, come essa si presenta dentro e fuori di lui, tutto gli si presenta come per la prima volta e, proprio per questo, nuovo e indefinito, ridotto a pura materia e vita…".
Nel sogno l'inconscio si manifesta attraverso costruzioni simboliche e metaforiche che parlano per immagini al sognatore ed individuano, se ascoltate, nuovi fronti e risposte ai problemi della vita; allo stesso modo, come ci ricorda Hölderlin, la poesia in quanto comunicazione e linguaggio, prefigura e consegna soluzioni originali agli interrogativi dell'uomo.
Nel linguaggio della poiesis e del sogno si intrecciano metafore che si espandono e si rivelano in immagini che aprono uno scenario di orizzonti semantici, da cui è possibile creare una nuova trascrizione di se stessi e del mondo: entrambi in quanto pensiero-sentire vivo, rappresentano quel dinamico fluire che lambisce inesauribili sponde a nuove prospettive.
Per dirla con Galimberti lo spazio del simbolo è il luogo della: " parola-guida (Leit-wort) che non dice, non enuncia, si limita a mostrare una connessione, o meglio una vicinanza, una prossimità che custodisce una ricchezza di significati non contenuti dalla parola, ma in cui la parola è contenuta" .
In questo senso la parola, nella poesia come nel sogno, diventa da parola parlata parola psichica che rivela ed illumina le immagini, incontrando le cose e rinvenendone il senso che, come rileva Galimberti : "non è ancora del tutto spento nella parola".
Il linguaggio "originario" della poesia e del sogno rimandano all'immaginazione creatrice, quale unità in cui l'esperienza stessa si muove e si svela; esperienza, come osserva Masullo, di un sapere simbiotico che precede la scomposizione della realtà in tanti variegati aspetti, in cui tutto, circolando in ogni parte, lascia emergere il Senso.
Ritornando al tema del Tempo, tra i protagonisti delle poesie di Giacomo Garzya, mi sembra che l'autore intenda questa dimensione come collegamento tra cambiamenti, come legame tra eventi trasformativi della propria vita, densi di rinnovate progettualità.
Il Tempo, da questo vertice di lettura, è l'accadimento con cui il nostro essere è invaso e scosso dalla differenza e dalle oscillazioni della vita; esso, come affiora con toccante profondità dalle poesie del testo, scompaginando le nostre continuità e certezze, porta in sé la percezione dolorosa della lacerazione e della rottura, ma anche il riavvicinamento alla vita ed all'ascolto delle differenti note del nostro esserci nel mondo.
In tal senso il linguaggio della poesia e del sogno esplorano quella dimensione interna che coglie e dà forma ad emozioni, segnalando il richiamo ad una differenza che, se avvertita, è capace di parlarci e farci intravedere altri confini.
Nella nostra epoca in cui è forte la tendenza a negare e ridurre le differenze, il linguaggio della poesia e del sogno esprimono in modi diversi, il desiderio della vita che, come osserva G. Gaglione: "non può che desiderare di differenziarsi e di continuare ad essere vita nel differenziarsi, proprio nel suo essere nel mondo e nella storia"..
Queste mie brevi considerazioni, sollecitate dalla lettura del testo Un anno, mi appaiono un importante e profondo invito a riflettere su quanto, specie in un'epoca di disorientamento, possa costituirsi come autentico riferimento. Tale potrebbe essere quel Senso che sgorga dalla poesis e dalle immagini del sogno, come nuova sondabilità alla significazione, in grado di ri-assegnare a ciascuno un orientamento interno che appare proprio nel momento in cui l'uomo si rivela a se stesso.
Di questo sono grata all'autore.

 

Napoli 11.11.2013

 

SILVANA LUCARIELLO

 



 

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