CONCORSI E PUBBLICAZIONI

Melfi, 15 maggio 1988 (foto di Giacomo Garzya, esposta nella sua prima mostra fotografica "Forti affetti", 4-13 maggio 1994, Napoli, Palazzo Pignatelli)

GIACOMO GARZYA E LA SUA PARTECIPAZIONE AI CONCORSI POETICI A PARTIRE DALLA FINE DEL 2022

Giacomo Garzya ha partecipato, a partire dal 2022, a una dozzina di concorsi di poesie, risultando secondo al “IV Premio Internazionale Fëdor Dostoevskij” del 2023 col suo libro “Poesie” (1998-2010), Napoli 2011 e sesto ex aequo, con “menzione speciale al merito” col suo libro “Delos. Poesie (2015-2019)”, all’ “VIII Premio internazionale Salvatore Quasimodo”, presidente della giuria il figlio Alessandro, con premiazione il 30 aprile 2023.

In quanto finalista e con “menzioni di merito” in tutti i concorsi poetici indetti dall’editore Aletti, gli sono state pubblicate sue poesie ne l’ “Enciclopedia dei poeti italiani contemporanei” (2022); ne “Il Federiciano”, dal 2023 al 2025; in “Tra un fiore colto e l’altro donato. Poesie d’amore” (2023); in “Verrà il mattino e avrà un tuo verso” (2023); in “Dedicato a…poesie per ricordare. Giornata mondiale della Poesia” (2023); ne l’ “Antologia del IX Premio Internazionale Salvatore Quasimodo” (2024), in “Stromboli, l’isola dei poeti” (2024). Come finalista, infine, al Premio Internazionale Mario Luzi, XIX edizione 2023-2024, col suo libro di poesie “Delos”, Napoli 2020, ha ricevuto, il 19 dicembre 2024, il titolo di Alfiere della Cultura.

 

Risultati del IV Premio Internazionale
Fëdor Dostoevskij (2023, Aletti Editore)


SEZIONE POESIA EDITA  9.  Libro di poesia edito in formato cartaceo, pubblicato dall’anno 2002 in poi.

 

1° Posto: Maria Antonietta Di Buduo

2° Posto: Giacomo Garzya

3° Posto: Mirko Federici

4° Posto: Rosario Signorello

5° Posto: Roberta Tuveri

 

 

FONDAZIONE MARIO LUZI

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica

Divisione Atti e Pubblicazioni

www.marioluzi.it

  

 

Prefazione di Enzo Santese al libro di Giacomo Garzya “Delos”, cui segue la recensione di Lucia Guidorizzi.

 

«Le mie poesie come le mie fotografie sono un giornale intimo che non è intimista. Sin da piccolo mi è stato inculcato il valore dell’universalità e quando scrivo fotografo, interrogo me, pensando agli altri». Con queste parole Giacomo Garzya segna un itinerario di attenzione per il lettore in una pagina d’avvio a una silloge del 2010 (Il viaggio della vita, D’Auria editore); è una sintesi concettuale che costituisce la nervatura primaria di una scrittura che mira alle profonde connessioni tra realtà interna ed esterna, mentre il poeta cerca dentro di sé quei punti di contatto con la realtà che giustificano un’appartenenza a pieno titolo al mondo. Le liriche sono percorse dalla frequenza di un dolore che diventa cangiante nei toni di sopportabilità e mutevole nella gradazione della sua incandescenza; qui si sviluppa una serie di annotazioni perentorie sulla dicotomia tra gioia e sofferenza, sulle ragioni che fanno prevalere di volta in volta l’una polarità emotiva sull’altra.

Anche quando la metafora sembra raggiungere l’alta tem- peratura di una rarefazione del pensiero, la realtà si presenta nella sua essenza prospettata allo sguardo e all’animo del lettore con il tono di una colloquialità mai vernacolare, semmai ridotta alla cifra più prossima alla sensibilità degli altri, che l’autore si immagina lo ascoltino per un confronto ideale sulle valenze dell’“esserci” in una dimensione fisica che seduce con la sua avvincente bellezza e abbatte con la sua spietata discrezionalità. Il sentimento percorre nel- la vasta gamma dei suoi timbri tutta la riflessione di Giacomo Garzya che è intellettuale legato alle sue radici, ma  quel tanto che gli consente di seguire la curiosità a conoscere le più diverse particolarità naturali, artistiche e antropologiche. Sì, perché nella poesia c’è l’uomo nella sua interezza, l’individuo che guarda a sé e, nel contempo, è atomo di un universo fatto di mille diversità nelle cose, nelle persone, nei loro modi di intendere l’esistente.

Delos qualifica questa silloge ed è titolo emblematico che racchiude nella brevità del nome la ricchezza di suggestioni di cui è capace l’isola greca e il mondo classico che rappresenta; nella sua fisicità dà corpo all’illusione dell’isola di Atlantide (immaginaria e simbolica nel pensiero foscoliano delle “Grazie”), dove bellezza e armonia costituivano l’essenza di un’atmosfera continuamente generatrice di vita. Il poeta conserva nella retina la visione spetta- colare dei suoi marmi candidi, delle sue rovine che inducono il visitatore ad affidare alla fantasia il compito di una virtuale ricomposizione di quel paesaggio, dando ai resti di una civiltà millenaria la definita completezza delle origini. È un’avventura dello spirito che innesca una comunica- zione diretta tra Giacomo  Garzya e il genius loci, nei con- fronti del quale si pone in ascolto registrando quelle energie che servono a dilatare la tensione lirica in ogni luogo e tempo in cui la necessità del bello si evochi per la corrispondenza diretta con la realtà o per il rimpianto dovuto all’“assenza”, tema portante di una frequenza emotiva por- tata ad attraversare in forma diretta o mediata tutta l’opera di questo autore. Il poeta, segnato dalla perdita della sua diletta figlia Fanny, sa che la giovane si è eclissata dalla possibilità di sguardi ed abbracci, ma è presenza costante in quei circuiti interiori dove le cose e le persone care saggia- no il pregio dell’eternità. La perdita rende più poveri e, paradossalmente tanto forti da sopportarne i riflessi. «Come vorremmo riabbracciare / il sorriso di una persona ca-ra / e non vederlo solo nella filigrana / della memoria». E il valore della vita si fa ancora più forte, anche quando è fran- tumato da azioni e proclami, «dove la propria vita si di- strugge,/ per distruggere la vita degli altri». Ogni assenza genera un senso diffuso e inestinguibile di nostalgia, desiderio sottile in una percettibilità appena accennata, oppure prorompente per un’accresciuta sensibilità dovuta alla mancanza che può trasformarsi in nuova energia per in- nervare la presa d’atto di una necessità, quella di vivere pienamente anche per integrare il vuoto della sparizione con il pieno della poesia; questa non può essere medica- mento di una lacerazione forte ma combustibile per fare ancora molta strada nella geografia complessa dell’esistente, dove il futuro si struttura anche nelle pacificate tensioni del presente.

Il poeta affida all’opera il compito di esprimere specu-

larmente i pensieri, gli stati d’animo, la trepidazione per una realtà che in troppe occasioni divarica dalle leggi della bellezza, facendo prevalere la logica della violenza che macchia la storia di efferata tensione al brutto. Ne è paradigma lampante l’Olocausto, obbrobrio di un’animalità intollerabile perché «un tempo lontano fuoco / e sacrificio di agnelli, / disciolse nel sangue gli umori cattivi / dell’uomo». Fortunatamente la compensazione, pur parziale, la si trova nelle meraviglie dell’ingegno, come è la “Primavera” di Botticelli, “fiorita” nella poesia Zefiro, «il leggero soffio da ponente / la primavera annuncia / con le sue ghirlande di fiori». Il tono elegiaco dell’opera si amplifica con la mente proiettata in terre lontane, a Gerusalemme, sulla spianata del tempio dove la voce di Dio è inascoltata da parte di coloro che ancora coltivano «odio antico, rabbia, contesa». I versi rispondono nel loro ritmo a una norma di musi-calità che modula i propri registri in rapporto al soggetto ispiratore, variando anche le sfumature d’umore dentro la maggiore o minore brevità dei concetti tradotti in un’ampia antologia di soluzioni formali da una vocazione che spinge a trasmettere con immediatezza, non a “costruire” secondo mestiere. Da qui nasce una poesia pulita, scritta sull’onda di una generosità che dice parole per sottolinea- re la volontà dell’autore di essere nel mondo cercando una sponda per i suoi tremori e un confronto per le sue certez- ze. Giacomo Garzya apre in questa sua quindicesima raccolta poetica un diario intimo, costruito sulle emozioni che in un determinato tempo e luogo hanno generato il flusso concettuale e lirico delle composizioni; li ha indicati puntualmente quasi a scandire il proprio vissuto sulla necessità di comunicare al lettore o all’ascoltatore la scintilla generatrice del suo sentire consegnato a versi estranei all’orpello decorativo. La conferma sta anche  nel libro precedente, L’amore come  il vento (Iuppiter edizioni), in cui i testi citano il moti vo della morte, esaltando comunque il valore della vita. I paesaggi, anche se luminosamente tracciati in punta di penna, come dire in delicata strategia di evocazione, vivono su una fisicità che sfuma i propri contorni dentro un complesso di scrittura che plasma i toni secondo una variabilità che è direttamente proporzionale al veloce avvicendarsi delle stagioni, dei suoni, dei colori e si posano sulle evidenze fisiche e architettoniche dei luoghi, dove Garzya – sembra dircelo con la voce sommessa e forte della sua espressione regolata secondo le pulsazioni del mondo interiore – con la forza del suo dire sottolinea che la poesia abita ovunque e che al poeta è dato intercettare le sue vibrazioni più segrete. Come fa lui, con la semplicità di un racconto che parte dal dato autobiografico ma segna confini di un territorio dove è possibile una generale condivisibilità da parte di chi legge. E a Delos l’enigma della seduzione parte proprio dalle forme evidenti della bellezza lasciata in eredità da un mondo che compensa con i suoi riflessi la oppressiva opacità del presente.

Enzo Santese

RECENSIONE DI LUCIA GUIDORIZZI AL LIBRO DI GIACOMO GARZYA, “DELOS”, NAPOLI 2020, IUPPITER EDIZIONI, pp. 1-342, IN “CARTESENSIBILI” (WORDPRESS.COM), 24 DICEMBRE 2022.

IL SACRO CENTRO DELLA POESIA. LUCIA GUIDORIZZI : A PROPOSITO DI “DELOS” DI GIACOMO GARZYA.

Della vasta e articolata produzione artistica di Giacomo Garzya, poeta completo nello sguardo e per complessità culturale ed esistenziale, mi ha colpito in particolar modo la lettura della raccolta “Delos. Poesie 2015-2019”, Iuppiter Edizioni, Napoli 2020, che copre l’arco di quattro anni, sviluppando un’affascinante pluralità di temi e tonalità emotive, di sguardi e paesaggi.
Già dalle prime pagine appare evidente la raffinata formazione culturale dell’autore, unita all’esperienza di molteplici viaggi compiuti in terre lontane e vicine, ma anche attraverso il tempo e dentro se stesso, cifre che contraddistinguono la sua poetica, imprimendovi un’aura inconfondibile che gli deriva da una profonda sensibilità, acuita dalla forza alchemica operante del dolore che trasmuta e trasfigura ogni esperienza terrena.
La raccolta è dedicata alla figlia Fanny, scomparsa tragicamente a soli ventiquattro anni nel 2008 ed è suddivisa in due sezioni: “I sassi parlano” e “Delos”.
Nell’accurata prefazione al libro Enzo Santese scrive: “Delos qualifica questa silloge ed è titolo emblematico che racchiude nella brevità del nome la ricchezza di suggestioni di cui è capace l’isola greca e il mondo classico che rappresenta; nella sua fisicità dà corpo all’illusione dell’isola di Atlantide (immaginaria e simbolica nel pensiero foscoliano delle “Grazie”), dove bellezza e armonia costituivano l’essenza di un’atmosfera continuamente generatrice di vita.” Delos, l’isola sacra, luogo di nascita di Artemide e Apollo, i due gemelli divini, è il centro politico e religioso, ma anche militare del mondo antico da cui si dipana il viaggio poetico di Giacomo Garzya, evidenziandone il profondo legame con la classicità. Nell’antichità il nome di Delos, come quello dell’isola che costituisce la parte più antica di Siracusa, era Ortigia, che significa “quaglia” (in greco antico: ὄρτυξ), l’animale sacro ad Artemide e che è simbolo della Dea.
Viaggiatore d’eccezione, Giacomo Garzya ha percorso terre, mari, deserti, montagne, isole che fa confluire nel centro di Delos, immagine misteriosa e sacra capace di agglutinare tutte le altre, athanor misterico in cui si distilla l’elixir della poesia.
L’autore interroga il mistero dell’esistenza e pur narrando il suo percorso individuale, questo assume anche una valenza universale poiché, come egli stesso afferma, “Interrogo me, pensando agli altri”: in quest’affermazione sta il presupposto dal quale inizia ogni suo lavoro e ricerca, si tratti di un viaggio in terre lontane o di un esplorare città e atmosfere familiari. Il suo intento è ricercare l’enigma nascosto, per coglierne il significato più profondo. Ogni luogo così diviene microcosmo e si configura quale centro spirituale in cui assenze e presenze s’integrano.
Grazie alla sua sensibilità riesce a trasformare anche eventi dirompenti come le tempeste in esperienze estetiche in grado d’illuminare la vita come in una sinfonia non scritta di Alessandro Scarlatti.

TEMPESTE

Di Alessandro Scarlatti
una sinfonia non scritta
ho ascoltato,

in una cappella sul ciglio
del mare, fatto di aghi bianchi
e trasparenti cristalli.
Le onde impazzite, racconta,
del mare, quando esaltano
e lacerano insieme l’anima,

nel ricordo delle tempeste
in ciascuno di noi,
eterno movimento dello spirito,
ora flauto
ora oboe
ora violoncello
ora dolore
ora gioia,
nel teatro barocco e mistico
della nostra vita.

Marina del Cantone, 28 febbraio 2016

La vita del poeta è vissuta pienamente e con grande consapevolezza e apertura tra viaggi, città, amore, amicizia, interesse per l’arte, la storia, il mito e la letteratura e tutto ciò appare dai suoi scritti, ma non bisogna dimenticare che l’autore è anche un eccellente fotografo, capace di cogliere gli enigmi insiti nei volti e nei paesaggi. Nella sua arte, si opera una trasfusione continua tra parola e immagine. Come afferma Roland Barthes: “Ciò che la fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più a ripetersi esistenzialmente. In essa, l’avvenimento non si trasforma mai in altra cosa: essa riconduce sempre il corpus di cui ho bisogno al corpo che io vedo; è il Particolare assoluto, la Contingenza sovrana, spenta e come ottusa, il Tale, in breve la Tyché, l’Occasione, l’Incontro, il Reale nella sua espressione infaticabile.” (da La camera chiara).

PANTHÉON

Percorrevo con te
rue Soufflot,
lo stesso passo
lo stesso pensiero
lo stesso sorriso,
arrivare ai giardini
del Lussemburgo
per godere la pace,
la vita di questa Lutezia
cosmopolita e viva di luce.
Tu sei con me anche ora,
dopo dieci lunghi anni,
nello stesso bistrot belga,
come mia madre
come tua nonna,
l’anima in pace,
in un momento di guerra
di terribile insensata guerra.

Paris, le 24 mars 2016

 TRAMONTO AL LUXEMBOURG

Scherzavi
con le nuvole rosa e rubine
della sera,
domani è un bel giorno,
dicevi, e eri felice del tuo
Don Quijote, l’hidalgo napoletano
qui a Parigi, per scoprire con lui
un mondo fantastico di pupi
siciliani, di fantoche, poupée
e guinol, marionette
universali, gioia di grandi e bambini,
di mulini a vento, qui a Montmartre,
giganti visioni dalle braccia rotanti,
tu che volevi un mondo giocoso
irreale, buono.

Paris, le 25 mars 2016

Parigi è il luogo dove la figlia Fanny ha vissuto per un periodo e che pertanto si carica di intense risonanze emotive.
Altro centro simbolico del suo andare poetico è Napoli, sua città d’origine, barocca e medievale, aragonese e normanna, piena di seducenti contrasti, ricca di storia e di testimonianze artistiche.
La capacità di sguardo poetico e fotografico di Giacomo Garzya si manifesta sempre nel cogliere il bagliore dell’istante. Napoli è densa di risonanze letterarie e artistiche, è la città di Salvator Rosa, di Anna Maria Ortese, di Raffaele la Capria, di Ermanno Rea, ma anche di Eduardo Scarpetta, dei fratelli De Filippo, e appare come città sfarzosa e sontuosa anche nella sua vivace povertà.

MISERIA E NOBILTÁ

Una cicca, sì proprio una cicca
di sigaretta, erano spiccioli,
quelle che raccoglievano
con bastoni con punta 
a chiodo, uomini e donne
persi nell’ombra di se stessi,
ai bordi dei luridi marciapiedi
della Stazione centrale 
o a via Roma, 
dove i marciapiedi
erano come le ruote delle auto,
putridi di piscio di cane.
Era la povertà di allora,
la povertà di Napoli, ancora 
quando con i pantaloncini corti, 
a nove, dieci anni correvo

per il centro della città,
io vomerese,
quindi d’un altro pianeta.
Sparirono poi i bastoni con punta 
a chiodo e rimasero gli sciuscià,
il mestiere che impomatava,
spazzolava e lucidava
le scarpe coperte di polvere.
L’ultimo sciuscià, lo puoi oggi 
ancora incontrare, 
Angelo Calza, 
fuori la Galleria Umberto Primo,
in quella che ora si chiama
via Toledo, 
come cambiano i nomi,
e quando sporcò i miei calzini, 
al momento non si dette pace,
ma poi incolpò 
le mie scarpe americane, le mie 
Timberland da combattimento.
In dollari, disse, mi dovete pagare,
ridendo. 
E al Grand Central Station 
di New York 
gli sciuscià, sono di nobile stirpe 
per i prezzi che fanno, 
per la loro prosopopea,
per il loro antico mestiere.

Napoli, 12 maggio 2016

Nella seconda parte della raccolta, intitolata appunto “Delos”, i versi assumono una forma breve, a tratti epigrammatica, abbandonando la forma sciolta, epica e narrativa, per acquisire maggior intensità e condensazione. Le poesie, fedeli alla classicità, hanno come elementi dominanti l’amore declinato in tutte le sue forme: amore per gli amici, fraterno, coniugale, paterno, tenerezza profonda nei confronti della nipotina e che si esprime con intensità di accenti che avvicinano la sua opera al Canzoniere di Saba.
Sono innumerevoli le città e i luoghi attraversati dall’immaginario poetico di Giacomo Garzya, come l’isola di Procida, frequentata fin dall’infanzia, la stessa in cui Elsa Morante ambientò “L’isola di Arturo” e Trieste, sua città d’adozione, con la sua anima cosmopolita, il suo Molo Audace e Piazza dell’Unità, nelle cui strade aleggiano le presenze letterarie di James Joyce, Italo Svevo, Ernesto Saba.

Oh, le campane di San Giusto
quanta grande e piccola storia.
Oh, la sinagoga a un passo
dal Caffè San Marco.
Oh, il tempio serbo-ortodosso
in piazza Sant’Antonio nuovo.
Tutte espressioni di libertà 

e di cultura aperta a tutti i venti.

Trieste, 15 marzo 2018

Affiorano immagini di grande sensibilità pittorica che assumono la valenza di una condizione esistenziale, come il rosso pompeiano che sfuma e sbiadisce al pari della bellezza in un volto femminile.

IL TEMPO SCORRE

Il rosso pompeiano,
a macchia copriva l’intonaco,
colore dava al tufo qua e là,
un vestito ormai logoro,
il vento della storia
a corrodere i pigmenti,
come gli anni a scarnire
il volto, un tempo bello,
d’una donna, che aveva sedotto,
ora, ancora, con i suoi occhi
profondi.

Napoli, 20 marzo 2017

I suoi versi sono intrisi anche da un senso di solitudine e raccoglimento, condizioni precipue per l’espressione poetica.

Solinga
la vela in un fascio di luce,
che cerca?
La libertà sul manto
argentato del mare

Napoli, 3 dicembre 2017

L’ineluttabile entropia prodotta dallo scorrere del tempo ritorna condensandosi nella bellezza di Duino, luogo letterario e leggendario per eccellenza.

DUINO

Un alone romantico
sulle rovine del castello
e su quelle pietre il riflesso
magico del golfo di Trieste
e di Miramar.
L’acqua placida,
in un giorno di bruma,
fa pensare a una spada
nella roccia, a una spada

nel mare.
Ogni pietra parla di guerre
e di amori.

Tutto è ora silente nel riposo
degli eroi, ma che, a tanta
bellezza, vivono e rivivono
in noi, Diomede su tutti,
re dell’Adriatico mar.

Trieste, 4 luglio 2018

Tutto in questa raccolta si struttura in una polifonia di voci e di accenti che si combinano insieme con eleganza, umanità, autenticità e grande amore per la ricerca interiore.
Poesia è viaggio e il viaggio poetico di Giacomo Garzya, profondo e intenso, è orientato verso il centro sacro di Delos, isola santuario galleggiante nel Mar Egeo.

 Lucia Guidorizzi

GIACOMO GARZYA: LE SUE PUBBLICAZIONI DAL 1977 AL 2025 SONO STATE TUTTE CATALOGATE NELLE PRINCIPALI BIBLIOTECHE ITALIANE, A PARIGI (ALLA BIBLIOTHÈQUE FRANÇOIS-MITTERAND), A BRUXELLES (ALLA BIBLIOTHÈQUE ROYAL DE BELGIQUE - KBR), NEGLI USA: A CAMBRIDGE (HARVARD UNIVERSITY), NEW HAVEN (YALE UNIVERSITY), LOS ANGELES (UNIVERSITY OF CALIFORNIA); PHILADELPHIA (UNIVERSITY OF PENNSYLVANIA) E A CUBA (BIBLIOTECA NACIONAL A LA HABANA). ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI CATALOGATE, AGGIORNATO AL 29 OTTOBRE 2025

Giacomo Garzya fotografato dal padre Antonio nel suo studio (Napoli 1986)

 

GIACOMO GARZYA: LE SUE PUBBLICAZIONI DAL 1977 AL 2025 SONO STATE TUTTE CATALOGATE NELLE PRINCIPALI BIBLIOTECHE ITALIANE, A PARIGI (ALLA BIBLIOTHÈQUE FRANÇOIS-MITTERAND), A BRUXELLES (ALLA BIBLIOTHÈQUE ROYAL DE BELGIQUE – KBR), NEGLI USA: A CAMBRIDGE (HARVARD UNIVERSITY), NEW HAVEN (YALE UNIVERSITY), LOS ANGELES (UNIVERSITY OF CALIFORNIA); PHILADELPHIA (UNIVERSITY OF PENNSYLVANIA) E A CUBA (BIBLIOTECA NACIONAL A LA HABANA).

ARTICOLI E SAGGI STORICI

ARTICOLI E SAGGI STORICI

 

1) “Formazione pastorale e istruzione. Note sul clero napoletano fra il 1650 e il 1675”, pp. 253-268, in “Archivio storico per le province napoletane”, XV, 1976, Napoli 1977, Società napoletana di Storia patria

in Biblioteca Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. comunale Francesco Pometti, Corigliano – Rossano (CS); Bibl. Nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. dell’ Istituto italiano per gli studi storici, Napoli;  Bibl. Pontificio Santuario Beata V. del Rosario, Pompei (NA); Bibl. della Soprintendenza “Archeologia, Belle Arti e paesaggio” per le province di Caserta e Benevento.

2) “Reclutamento e mobilità sociale del clero secolare napoletano fra il 1650 e il 1675”, pp. 241-306, in “Per la storia sociale e religiosa del Mezzogiorno d’Italia”, a cura di Giuseppe Galasso e Carla Russo, volume I, Napoli 1980, Guida

in Biblioteca comunale Francesco Pometti, Corigliano – Rossano (CS); Bibl. Nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. dell’ Istituto italiano per gli studi storici, Napoli; Bibl. Pontificio Santuario Beata V. del Rosario, Pompei (NA); Bibl. Gabriele De Rosa dell’Istituto Luigi Sturzo, Roma; Bibliothèque nationale de France.

3) “Reclutamento e sacerdotalizzazione del clero secolare della diocesi di Napoli. Dinamica di una nuova politica pastorale nella seconda metà del Seicento”, pp. 81-157, in “Per la storia sociale e religiosa del Mezzogiorno d’Italia”, a cura di Giuseppe Galasso e Carla Russo, volume II, Napoli 1982, Guida

in Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. dell’ Istituto italiano per gli studi storici, Napoli; Bibl. del Convento dei Cappuccini, Pozzuoli (NA); Bibl. Pontificio Santuario Beata V. del Rosario, Pompei (NA).

4) “Autografi vichiani inediti”, pp. 119-123, in “Bollettino del Centro di Studi vichiani”, IX 1979

in Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. dell’ Istituto italiano per gli studi storici, Napoli; Bibl. Erminia Capocelli, Univ. Suor Orsola Benincasa, Napoli; Bibl. del Pontificio Santuario Beata V. del Rosario, Pompei (NA); Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste; University of California, Los Angeles, CA, 90255, USA; Harvard University (Harvard Library), Cambridge, MA, 02138, USA.

5) Giacomo Garzya (a cura di), “Del Prete, Sosio (1885-1952), Diario-cronaca dell’Istituto delle Piccole ancelle di Cristo Re (1932-1952): Estratto / P. Sosio del Prete, presentazione di Frajar; edizione, introduzione e note di Giacomo Garzya”, Portici 1983, Centro librario e bibliotecario

in Biblioteca del Convento di Sant’Antonio da Padova, Teano (CE); Bibl. provinciale francescana Beato Ludovico da Casoria, Napoli; Bibl. diocesana S.Paolino, Nola (NA); Bibl. del Centro culturale Josè Mario Cernicchiaro, Maratea (PZ).

LIBRI DI POESIE

LIBRI DI POESIE

 

1) “Solaria”, Napoli 1998, M. D’Auria, p. 37:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. europea di informazione e cultura – BEIC – Milano; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. diocesana S. Paolino, Nola (NA);
Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste.

 

2) “Maree”, presentazione di Giuseppe Galasso, Napoli 2001, M. D’Auria, p. 60:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. Europea di informazione e cultura – BEIC – Milano; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste.

 

3) “Passato e presente”, Napoli 2002, Arte tipografica, p. 70:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. comunale Gaetano Filangieri, Castellammare di Stabia (NA); Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste.

 

4) “Il mare di dentro”, prefazione di Patricia Bianchi, Napoli 2005, M. D’Auria, p. 126:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. del Seminario S. Antonio, Sant’Anastasia (NA); Bibl. Nicola Romeo di Palazzo Lanza, Capua (CE); Bibl. del Centro di Documentazione PAN – Palazzo delle Arti Napoli; Bibl. comunale Giacomo Racioppi, Moliterno (PZ); Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste.

5) “Pensare è non pensare”, prefazione di Eugenio Mazzarella, Napoli 2009, Bibliopolis, p. 71:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. Fondazione Banco di Napoli, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste.

6) “Il viaggio della vita”, prefazione di Riccardo Maisano, Napoli 2010, M. D’Auria, p. 119:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. dell’ Istituto italiano per gli studi storici, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste.

7) “Poesie” (1998-2010), presentazione di Luigi Mascilli Migliorini, Napoli 2011, M. D’Auria, p. 454:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. comunale Pietro Siciliani, Galatina (Le); Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. dell’ Istituto italiano per gli studi storici, Napoli; Bibl. Erminia Capocelli, Univ. Suor Orsola Benincasa, Napoli; Bibl. del Centro Caprense Ignazio Cerio, Capri (NA); Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. comunale di Siracusa; Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste; Yale University Library, New Haven, CT, 06520-8240, USA; University of California, Los Angeles, CA, 90255, USA.

8) “L’Amour et le violon”, poesie in francese con traduzione in italiano, prefazione di Emanuela D’Amelio, Napoli 2012, M. D’Auria, p. 67:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibliothèque nationale de France; Bibliothèque Royal de Belgique – KBR (colloc. 9 A 2024 933).

9) “Un anno”, prefazione di Silvana Lucariello, Napoli 2013, M. D’Auria, p. 74:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. Erminia Capocelli, Univ. Suor Orsola Benincasa, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, Roma.

 

10) “Campania felix”, traduzione in inglese di Jeff Matthews, con testo a fronte, Napoli 2014, M. D’Auria, p. 126:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. del Centro Caprense Ignazio Cerio, Capri (NA); Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste.

11) “Una specchiera”, prefazione di Aurora Cacòpardo, Napoli 2015, M. D’Auria, p. 87:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma.

 

12) “Pettirosso”, prefazione di Maria Rosaria Compagnone, Napoli 2015, M. D’Auria, p. 86:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma.

 

13) “I sassi parlano: tredicesima raccolta di poesie”, prefazione di Anna Esposito, Napoli 2016, Iuppiter edizioni, p. 143:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma; Biblioteca Nacional de Cuba “José Martí”, La Habana (CUBA).

14) “L’amore come il vento: poesie (2011-2015)”, con un ricordo in memoria di Fanny di Paola Celentano Garzya, Napoli 2019, Iuppiter edizioni, p. 252:

 

in Biblioteca civica, Terzo (Al); Bibl. nazionale centrale di Firenze; Bibl. comunale Pietro Siciliani, Galatina (Le); Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. Erminia Capocelli, Univ. Suor Orsola Benincasa, Napoli; Bibl. del Centro Caprense Ignazio Cerio, Capri (NA); Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste.

 

15) “Delos. Poesie (2015-2019)”, prefazione di Enzo Santese, Napoli 2020, Iuppiter edizioni, p. 342:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. comunale Pietro Siciliani, Galatina (Le); Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli;  Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. Erminia Capocelli, Univ. Suor Orsola Benincasa, Napoli; Bibl. del Centro Caprense Ignazio Cerio, Capri (NA); Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste; Bibl. Livio Paladin del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, Trieste; Harvard University (Harvard Library), Cambridge, MA, 02138, USA; University of California, Los Angeles, CA, 90255, USA; Yale University Library, New Haven, CT, 06520-8240, USA.

16) “Il riverbero delle parole: poesie 2020-2022”, prefazione di Massimo Gherardini, Roma 2023, Dantebus, p. 94:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. Erminia Capocelli, Univ. Suor Orsola Benincasa, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste.

 

17) “È la vita”, prefazione di Alessandro Quasimodo, Villanova di Guidonia 2024, Aletti Editore, p. 109:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. comunale Pietro Siciliani, Galatina (Le); Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. Erminia Capocelli, Univ. Suor Orsola Benincasa, Napoli; Bibl. del Centro Caprense Ignazio Cerio, Capri (NA); Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. comunale di Siracusa; Bibl. dei Civici musei di Storia e Arte, Trieste; Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste; Bibl. nazionale Marciana, Venezia.

 

18) “Viaggio poetico tra luoghi e storia”, Roma 2025, Fondazione Mario Luzi Editore, p. 203:

 

in Biblioteca civica, Terzo (Al); Bibl. comunale Pietro Siciliani, Galatina (Le); Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. dell’ Istituto italiano per gli studi storici, Napoli; Bibl. Erminia Capocelli, Univ. Suor Orsola Benincasa, Napoli; Bibl. del Centro Caprense Ignazio Cerio, Capri (NA); Bibl. comunale di Siracusa; Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste; Bibl. civica Vincenzo Joppi – Udine (UD); Bibl. nazionale Marciana, Venezia.

 

APPENDICE

 

1) Prefazione del compianto Alessandro Quasimodo alla mia diciottesima silloge poetica “È la vita”, Villanova di Guidonia 2024, Aletti Editore:

 

“È così la vita, un eterno ritorno/ nei luoghi dell’anima.”

Questi due versi enunciano la poetica di Giacomo Garzya: ritrovare nel passato e riscoprire nel presente un percorso interiore che dia significato alla vita. È un itinerario che induce a riflettere e a non accontentarsi delle apparenze. Mentre i ricordi si intrecciano, possiamo meditare sugli obiettivi da raggiungere e sui valori autentici da salvaguardare.

Purtroppo le guerre, la logica del profitto, l’assenza di dialogo prevalgono nella nostra società. Non è facile trovare elementi positivi che indichino speranza in un mondo migliore, eppure bisogna cercare quella luce che si intravede, almeno a tratti.

Ripensiamo a figure carismatiche, come Benedetto XVI, al clima di raccoglimento che cogliamo nei luoghi di culto, all’essenza del messaggio evangelico. Pregare a Santiago di Compostela o nella propria casa diventa l’occasione per capire e orientarsi nella realtà. Non si tratta solo di seguire un rituale, ma di modificare comportamenti, in una ricerca interiore continua. Come il vento che soffia senza sosta, anche noi non dobbiamo fermarci, ma metterci sempre in discussione. L’amore stesso è dinamico, privo di stereotipi.

L’arte aiuta perché innalza moralmente e spiritualmente.

L’autore dedica diverse liriche a pittori come Fabio Colussi, Silvia Ciaccio, Cinzia Platania, Patrizia Grubissa che, in alcune esposizioni a Trieste, con le loro opere, vibranti per le variazioni cromatiche, hanno saputo comunicare profonde emozioni. Si colgono orizzonti illimitati, fatti di luce e di metafisico immenso, rami spogli che traggono linfa da una pallida luce, uno spirito immaginifico e creativo, un mare triestino pieno di vele sognanti.

La bellezza purifica ed eleva l’uomo. Vengono in mente le statue del Canova, il poemetto Le Grazie, l’ode All’amica risanata di Foscolo in cui lo spirito inquieto dell’uomo si placa almeno momentaneamente.

Si verifica una sorta di sublimazione che allontana da tanti influssi negativi.

Anche la memoria svolge un ruolo importante perché distoglie dalla monotonia quotidiana, che fa smarrire le mete prioritarie da raggiungere: “Nei ricordi indelebili della mia/ infanzia, tra i più riposti del cuore,/ l’intenso profumo della lavanda/ nei campi di Provenza,/ così intenso da stordire la mente,/ così gli alambicchi per gli oli/ essenziali a Grasse…/ Erano camminate liete nei miei/ anni felici, nei più dolci campi/ di Francia, i colori ancora vividi/ nella memoria”.

Il testo si trasforma in immagini, ricche di fascino, che catturano la nostra attenzione. Nostalgia, desiderio di rivivere istanti irripetibili si impadroniscono di noi che condividiamo l’esperienza dell’autore.

L’uso dell’enjambement ha la funzione di sottolineare parole chiave come: mia, miei, oli, campi in un preciso rapporto tra micro e macrocosmo.

L’anafora così intenso – così gli alambicchi mette in rilievo l’intensità delle sensazioni provate, fornendo correlativi oggettivi che suggeriscono una lettura simbolica dell’opera.

Garzya ottiene risultati di spicco soprattutto quando tratta tematiche di carattere esistenziale.

1° ottobre 2024

Alessandro Quasimodo

 

DA “IL PICCOLO” DEL 6 FEBBRAIO 2025, UN ARTICOLO DI MARY BARBARA TOLUSSO SULLA MIA POESIA

 

“È la vita, il racconto poetico del fotografo Giacomo Garzya”

 

Va sotto il segno della dualità l’arte di Giacomo Garzya. Napoletano, che da anni vive a Trieste, già docente di materie letterarie, Garzya da sempre coltiva due passioni: la fotografia e la poesia.

Lo sguardo, quindi, nella sua completezza. Lo sguardo esteriore dell’immagine e quello interiore dell’animo. Due elementi che segnano la sua produzione.

A guardare le fotografie, infatti, ci investe una dimensione lirica, poetica appunto. Così a leggere i suoi testi, per prima cosa si evoca un panorama, la descrizione di un tramonto, di una città, del mare.

E soprattutto delle persone. L’ultima sua raccolta in versi, “È la vita” (Aletti Editore, pagine 110, euro 14, con introduzione di Alessandro Quasimodo), cammina proprio in questa direzione, quella del doppio sguardo, verso l’interno e l’esterno.

Non a caso recita un suo verso:”Ecco la bellezza non può essere / solo interiore”. È in questa fluidità di pensiero che si sviluppa l’intera silloge. Giacomo Garzya, che alle spalle ha già diciassette raccolte poetiche, include qui gran parte di componimenti scritti a Trieste. Ma l’ispirazione si espande al resto di paesi e città: scrive dalla Francia, Spagna, Portogallo, finanche in Uzbekistan e in Asia Centrale.

Sono gli ambienti le porte migliori per ideare versi, osservati dal vivo attraverso un’opera pittorica. Tanti infatti gli omaggi ad artisti triestini tra cui i pittori di paesaggi Fabio Colussi, Cinzia Platania e molti altri.  Ogni quadro diventa il riflesso dell’anima. Ma va detto che l’animo è anche quello della memoria. Non a caso tutta la prima parte del libro è vocata a ricordarci le grandi tragedie della Storia.

L’Olocausto, certo, ma non vengono dimenticati molti altri orrori simili avvenuti nel Novecento.

La memoria è un altro elemento di poetica che percorre la maggior parte dei testi della raccolta “È la vita”. Memoria storica, ma anche memoria esistenziale quella di Giacomo Garzya: la giovinezza, l’amore, la distanza, la perdita. In fondo, lo dice lo stesso autore: “È così la vita, /  un eterno ritorno nei luoghi dell’anima”. Ma la scrittura è anche rivolta al futuro.

La nostalgia non vira mai nella passività di chi oramai crede di aver vissuto tutto. Rimane la consapevolezza, l’inevitabilità  della fine, non senza sospendere  questo “memento mori” solo “dalla grande voglia di vivere”.

Mary B. Tolusso

 

– Comunicato stampa dell’ Agenzia di Comunicazione di Vincenzo La Camera (Addetto Stampa

Aletti Editore) e altri articoli da questo derivati (15-16 novembre 2024):

“È la vita”. Nei versi la ricerca dell’uomo nel suo divenire

 

“L’esistenza è un dono e bisogna accettarla come viene, nella gioia e nel dolore. La vita di per sé è un gran privilegio, non va assolutamente sprecata, va vissuta pienamente e dà la possibilità di vivere attimo per attimo il presente, guardando con speranza al futuro, ma anche ripercorrendo a ritroso i momenti belli della vita”.

Parla così Giacomo Garzya, autore originario di Napoli ma che vive a Trieste, del suo ultimo libro “È la vita”, pubblicato nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. Questa raccolta – precisamente la diciottesima scritta dal poeta e fotografo, laureato in Storia moderna e già docente di materie letterarie -, come già la prima, dal titolo “Solaria” del 1998, vuole coltivare l’Io lirico, essere un’introspezione non intimista, bensì universale, un diario dell’anima, un “romanzo della vita”, alla Umberto Saba.

È così la vita, un eterno ritorno/ nei luoghi dell’anima. Questi due versi – scrive, nella Prefazione, Alessandro Quasimodo, attore, regista teatrale e poeta, figlio di Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la Letteratura italiana – enunciano la poetica di Giacomo Garzya: ritrovare nel passato e riscoprire nel presente un percorso interiore che dia significato alla vita. È un itinerario che induce a riflettere e a non accontentarsi delle apparenze. Mentre i ricordi si intrecciano, possiamo meditare sugli obiettivi da raggiungere e sui valori autentici da salvaguardare”. Data anche la sua formazione storica, per l’autore il passato riveste un’importanza rilevante nella vita presente e la memoria distoglie dalla monotonia quotidiana. “La mia poesia, fin dall’inizio, ha voluto essere un antidoto contro l’oblio del tempo, onde preservare i valori universali della nostra civiltà e tenere sempre vivi gli affetti e la memoria di quelli perduti”.

Nei versi del professor Garzya, in cui si intrecciano realtà e mito fantastico, vi è una continua ricerca esistenziale, in cui emergono gli amori, gli affetti, i luoghi, la natura, le radici mediterranee e nordiche, i paesaggi descritti con occhio fotografico. Ma, in questa silloge si legge, in maniera dirompente, una maggiore sensibilità verso l’uomo nel suo divenire storico, morale, religioso, negli anni drammatici in cui viviamo.

In oltre trent’anni di attività poetica, i versi di Giacomo Garzya si caratterizzano per il loro stile fluido e scorrevole, da poter leggere con naturalezza, instaurando con la scritta parola un rapporto naturale, empatico e colloquiale. “Credo che il mio poetare – conclude l’autore – sia un invito, ancor più oggi, a vivere il bello dell’esistenza; l’opera d’arte contrapposta al kitsch, cioè il cattivo gusto ripudiato da Gillo Dorfles, il trascendente: i soli doni atti a lenire il dolore e il pensiero della morte”.

 Federica Grisolia

 

È la Vita di Giacomo Garzya: Un viaggio poetico tra memoria, introspezione e speranza

 

Riflessioni sulla vita attraverso i versi

 

La poesia, per Giacomo Garzya, è un diario dell’anima, un mezzo per catturare l’essenza della vita in tutte le sue sfumature. Nel suo ultimo libro, “È la vita”, pubblicato nella collana “I Diamanti della Poesia” di Aletti Editore, l’autore ci guida in un percorso poetico che intreccia realtà e mito, memoria e introspezione, spingendoci a riflettere sui valori autentici e sull’importanza di vivere appieno l’esistenza.

 

Il cuore dell’opera: un romanzo dell’anima

 

Secondo Garzya, la vita è un dono da accettare nella sua interezza, fatta di gioie e dolori, un’opportunità per vivere il presente con speranza, ripercorrendo i momenti più belli del passato. Nei suoi versi emerge una sensibilità verso l’uomo e la sua evoluzione storica, morale e religiosa. La poesia diventa così un antidoto contro l’oblio, un mezzo per preservare i valori universali e la memoria degli affetti perduti.

Una poetica tra mito e realtà

 

I temi centrali di questa silloge includono gli affetti, la natura, i paesaggi mediterranei e nordici, descritti con lo sguardo fotografico. Il passato, grazie alla formazione storica dell’autore, riveste un ruolo fondamentale, intrecciandosi con il presente per dare significato alla vita. Come sottolinea Alessandro Quasimodo nella prefazione, i versi di Garzya invitano a non accontentarsi delle apparenze e a riflettere sui valori autentici da salvaguardare.

 

Biografia dell’autore

 

Nato a Napoli, ma residente a Trieste, Giacomo Garzya è poeta, fotografo e docente di materie letterarie, laureato in Storia moderna. Dal 1998, anno della sua prima raccolta “Solaria”, ha pubblicato 18 opere poetiche, sempre caratterizzate da uno stile fluido e scorrevole. La sua produzione è un continuo invito a scoprire la bellezza della vita, opponendosi alla superficialità e al cattivo gusto, secondo l’estetica di Gillo Dorfles.

Pier Carlo Lava, in “Recensioni di Libri e Novità editoriali”, in “alessandria.today”, 15 novembre 2024

“È la vita” di Giacomo Garzya: la poesia come viaggio nell’anima

La nuova raccolta poetica del professor Giacomo Garzya esplora l’esistenza come un dono, tra introspezione universale e memoria storica.

L’arte poetica di Giacomo Garzya

 Giacomo Garzya, poeta e fotografo di origine napoletana residente a Trieste, presenta la sua diciottesima raccolta poetica “È la vita”, pubblicata nella prestigiosa collana “I Diamanti della Poesia” di Aletti Editore. Laureato in Storia moderna e già docente di materie letterarie, Garzya intreccia nei suoi versi una profonda riflessione sulla condizione umana, costruendo “un romanzo della vita” che si ispira a Umberto Saba.

Il messaggio dell’autore

 Con uno stile fluido e coinvolgente, Garzya invita i lettori a vivere ogni attimo dell’esistenza, trovando bellezza anche nelle difficoltà. “La vita è un dono, non va sprecata”, afferma il poeta, che vede nella memoria un antidoto contro l’oblio, un mezzo per preservare i valori universali e celebrare gli affetti. Nelle sue opere, la poesia diventa un balsamo per il dolore e un modo per affrontare il pensiero della morte.

La prefazione di Alessandro Quasimodo

 La raccolta gode della prefazione di Alessandro Quasimodo, attore, regista teatrale e figlio del Premio Nobel Salvatore Quasimodo. Nelle sue parole, Quasimodo elogia la poetica di Garzya: “È un itinerario che induce a riflettere e a non accontentarsi delle apparenze, intrecciando ricordi e meditazione sugli obiettivi e i valori autentici”.

Temi e stile

 La poesia di Garzya abbraccia il mito, la realtà, i luoghi e la natura, descrivendo i paesaggi con un occhio quasi fotografico. Tuttavia, in questa raccolta emerge con forza una sensibilità verso i drammi morali e religiosi del nostro tempo. La sua scrittura, caratterizzata da uno stile scorrevole ed empatico, si propone come un dialogo universale con il lettore, esortandolo a riscoprire il bello dell’esistenza.

Conclusione

 Con “È la vita”, Giacomo Garzya offre un’opera poetica capace di dialogare con il passato e il presente, ricordandoci l’importanza di vivere pienamente. È un viaggio tra introspezione e memoria, un invito a riscoprire il valore dell’arte e della bellezza per affrontare le sfide della vita.

in “alessandria.today”, 20 novembre 2024

 

– Comunicato stampa del 28 maggio 2025, dell’ Agenzia di Comunicazione di Vincenzo La Camera (Addetto Stampa Aletti Editore) per la presentazione del mio libro “È la vita” al Salone del libro di Torino (padiglione 2, stand L69) il 19 maggio 2025, a cura della giornalista Caterina Aletti:

“È la vita”. Giacomo Garzya porta un messaggio di speranza

al Salone del Libro di Torino

 

È arrivato dritto al cuore il messaggio di Giacomo Garzya che ha presentato la sua opera “È la vita” alla 37esima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, presso lo stand della sua casa editrice Aletti. Un dialogo a tu per tu con la giornalista Caterina Aletti, che ha sollecitato nell’autore – originario di Napoli ma che vive a Trieste – profonde riflessioni sull’esistenza umana, a partire proprio dall’importanza di soffermarsi sulle piccole cose della quotidianità. La silloge, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” è un inno alla bellezza della vita, con le sue gioie e i dolori ma con un’unica certezza che Giacomo Garzya ha ripetuto, sin dall’inizio della chiacchierata, a gran voce: “La vita non va sprecata”. Da buon insegnante e data anche la sua formazione storica, per l’autore il passato riveste un’importanza rilevante nella vita presente e la memoria distoglie dalla monotonia quotidiana.

È così che la sua poesia diventa strumento privilegiato contro l’oblio, per imprimere nero su bianco stati d’animo e impressioni ma anche i periodi storici più bui, e preservare i ricordi dal tempo che potrebbe cancellarli. E, soprattutto, una scrittura catartica che riesce a tirar fuori le emozioni più profonde e terapeutica per affrontare i momenti di dolore e di grandi perdite. Nei versi, scritti con un linguaggio semplice e scorrevole, emerge una continua ricerca esistenziale, costellata da descrizioni fotografiche dettagliate. La scrittura e la fotografia sono, infatti, accomunate dallo stesso obiettivo: donare immortalità al reale. Durante la presentazione al Salone del Libro, quest’anno dedicato alla tematica “Le parole tra noi leggere”,  l’autore ha ricordato il compianto Alessandro Quasimodo, autore e poeta figlio del Premio Nobel Salvatore Quasimodo,  che ha firmato la Prefazione della silloge, il quale ha parlato di una poetica «che riesce a ritrovare nel passato e riscoprire nel presente un percorso interiore che dia significato alla vita».

Sono versi pregni di significato, in cui la realtà storica si intreccia con la creatività della poesia e la bellezza dei sentimenti. Il risultato è una poesia esistenziale che, nonostante affronti tematiche dolorose come la perdita, riesce a far intravedere, sempre, un barlume di speranza. Come il messaggio finale che l’autore Garzya ha scelto per salutare i presenti e gli spettatori dei canali social Aletti editore. Questi alcuni versi scelti, tratti dalla poesia “Pacem in terris”: “Amore e fratellanza, valori non solo cristiani e a ogni latitudine un simile per l’altro simile, contro le parole come pietre, foriere di odio e distruzione”.

 Federica Grisolia

 

2) GIACOMO GARZYA, VIAGGIO POETICO TRA LUOGHI E STORIA, ROMA 2025, FONDAZIONE MARIO LUZI EDITORE

 

NOTA DELL’AUTORE

Innanzitutto la spiegazione del titolo di questa Antologia, una scelta di poesie, all’incirca la sesta parte della mia produzione poetica, è nella mirabile prefazione dello storico Luigi Mascilli Migliorini al mio libro “Poesie” (1998-2010), da lui stesso ribadita nella presentazione a Napoli, nel maggio 2011, all’Istituto italiano per gli Studi filosofici. Un’antologia che non è solo un diario, un romanzo interiore e un’autobiografia alla maniera del Canzoniere di Umberto Saba, come sono da considerare le mie diciotto raccolte di poesie pubblicate tra il 1998 e il 2024, ma una “geografia dell’anima”, in cui la realtà si fa storia, in cui tutto ciò che esiste è storia nel suo continuo divenire, secondo lo storicismo crociano, di cui sono debitore fin da quando entrai come borsista all’Istituto italiano per gli Studi Storici a Palazzo Filomarino. Nella prefazione, Luigi Mascilli Migliorini afferma che le mie poesie sono “geografie dell’anima… quasi come se un gigantesco atlante dei sentimenti si distendesse per intero davanti ai nostri occhi e noi fossimo chiamati a fissare su di esso le nostre personalissime bandierine… cogliendo punti comuni di navigazione e di sosta, ma anche dissonanze inattese di orientamento e di approdi. I luoghi – lo ha osservato già gran parte della critica – giocano, infatti, un ruolo fondamentale nella poesia di Giacomo Garzya. A cominciare dalla ripetuta e mutevole Grecia… dove la geografia si fa storia e i luoghi diventano memoria”. E, infine, considerando i miei studi e le mie pubblicazioni nell’ambito della storia sociale e religiosa nell’età della Controriforma, aggiunge: “e da storico, il Tempo e il congedo da esso… si piegano insieme al mutamento, giacché illusoria è anche per il poeta la speranza che il Tempo possa davvero arrestarsi”. Importanti anche le osservazioni della critica, poetessa e viaggiatrice, Lucia Guidorizzi nella sua recensione al mio libro “Delos”, edito nel 2020 (in “Cartesensibili”, 24 dicembre 2022): “della vasta e articolata produzione artistica di Giacomo Garzya, poeta completo nello sguardo e per complessità culturale ed esistenziale, mi ha colpito… l’affascinante pluralità di temi e tonalità emotive, di sguardi e paesaggi”, … dove “appare evidente la raffinata formazione culturale, unita all’esperienza di molteplici viaggi compiuti in terre lontane e vicine, ma anche attraverso il tempo e dentro se stesso, cifre che contraddistinguono la sua poetica, imprimendovi un’aura inconfondibile che gli deriva da una profonda sensibilità, acuita dalla forza alchemica operante del dolore che trasmuta e trasfigura ogni esperienza terrena… L’autore interroga il mistero dell’esistenza e pur narrando il suo percorso individuale, questo assume anche una valenza universale poiché, come egli stesso afferma, ‘Interrogo me, pensando agli altri’ . Ogni luogo così diviene microcosmo e si configura quale centro spirituale in cui assenze e presenze s’integrano… Sono innumerevoli le città e i luoghi attraversati dall’immaginario poetico di Giacomo Garzya, come l’isola di Procida, frequentata fin dall’infanzia, la stessa in cui Elsa Morante ambientò “L’isola di Arturo” e Trieste, sua città d’adozione, con la sua anima cosmopolita, il suo Molo Audace e Piazza dell’Unità, nelle cui strade aleggiano le presenze letterarie di James Joyce, Italo Svevo, ‘Ernesto’ Saba”.

Devo aggiungere che anche in questa Antologia, il mare, il Mediterraneo, rivestono (come nella mia fotografia) un ruolo centrale e si tratta del mare di Fernand Braudel, così importante nella mia ispirazione poetica, a partire già dal mio primo libro di poesie “Solaria” del 1998, in cui riemerse una vocazione giovanile, quella di esprimermi con la voce della poesia e i luoghi da me visitati, quelli amati e più volte rivisitati, da immagini si trasformavano in parole, luoghi sempre diversi a seconda degli aspetti emozionali del momento, che variano col mutare della luce, dei colori, dei grigi della nostra vita. Il tutto fa parte di un viaggio, metafora della vita, dove vi è una ricerca del bello non fine a se stesso, il ritorno alle radici, un viaggio inteso da viaggiatore, alla Alain De Botton, già memore io del passato, attraverso i resoconti appassionanti dei Montaigne, Charles de Brosses, Montesquieu, Stendhal, Goethe, fino alle riflessioni letterarie, artistiche e politiche nei Reisbilder di Heinrich Heine. Fotografia e poesia, poesia e fotografia, quindi un tutt’uno inscindibile, in cui si riversano la mia esperienza, la mia inquietudine esistenziale, gli affetti per la terra di origine, le letture dei Poeti greci e del Kavafis di “Itaca” e, in tutte e due le forme espressive, la capacità di saper cogliere l’attimo, credo sia, senza presunzione, un mio tratto distintivo. Un gran debito di gratitudine, infine, l’ho contratto con Mary Barbara Tolusso, che su “Il Piccolo” del 6 febbraio 2025, coglie appieno la mia dualità: “lo sguardo esteriore dell’immagine e quello interiore dell’anima… A guardare le fotografie, infatti, ci investe una dimensione lirica, poetica appunto. Così a leggere i suoi testi, per prima cosa si evoca un panorama, la descrizione di un tramonto, di una città, del mare. E soprattutto delle persone”. “Memoria storica, memoria esistenziale quella di Giacomo Garzya: la giovinezza, l’amore, la distanza, la perdita”.

Trieste, 11 marzo 2025

Giacomo Garzya

LIBRI FOTOGRAFICI, UN CATALOGO, UN ALBUM STRENNA

Giacomo Garzya fotografato alle Blue Lagoon (Comino) l’8 luglio 2025
Giacomo Garzya fotografato a Gozo il 12 luglio 2025 (sullo sfondo Comino e la Blue Lagoon)

LIBRI FOTOGRAFICI, UN CATALOGO, UN ALBUM STRENNA

 

1) “Forti affetti: 21 fotografie di Giacomo Garzya: Napoli, 4-13 maggio 1994, Palazzo Pignatelli”, testi di Adriano Mele, M. D’Auria, stampa 1994:

 

in Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste;
Bibl. del Centro di Documentazione PAN – Palazzo delle Arti Napoli; Bibl. della Soprintendenza “Archeologia, Belle Arti e Paesaggio” per il Comune di Napoli.

 

2) “Napoli 1999”, prefazione di Renata De Lorenzo, Napoli 1999, Arte tipografica editrice, 78 p. in gran parte ill.:

 

in Biblioteca d’Arte contemporanea “Guido Ballo” (Accademia di Brera), Milano; Bibl. dei Civici Musei di Storia ed Arte, Trieste; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. di storia dell’arte Bruno Molajoli, Napoli; Bibl. Erminia Capocelli, Univ. Suor Orsola Benincasa, Napoli; Bibl. della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli; Bibl. del Centro di Documentazione PAN (Palazzo delle Arti Napoli); Bibl. della Soprintendenza Archivistica e bibliografica della Campania, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. dell’Archivio di Stato di Napoli; Bibl. universitaria di Napoli; Bibl. nazionale centrale di Firenze ; Bibl. di archeologia e storia dell’arte BiASA, Roma; Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. dell’Istituto Leone XIII, Milano; Bibl. delle Civiche raccolte storiche, Milano; Bibl. Pasquale Albino, Campobasso; Bibl. dell’Archivio di Stato di Campobasso; Bibl. di Ateneo dell’Università degli Studi del Molise, Campobasso; Bibl. dell’Istituto regionale studi storici del Molise ‘Vincenzo Cuoco’, Campobasso; Bibl. S.Alfonso dei PP. Redentoristi di Marianella, Napoli; Bibl. comunale Imbriani – Poerio, Pomigliano d’Arco (Na); Bibl. Provinciale di Potenza; Bibl. nazionale di Potenza; Bibl. Centrale di Ateneo, Sede di Potenza, Polo Tecnico Scientifico, Potenza; Bibl. Centrale di Ateneo, Sede di Potenza, Polo delle Scienze Umane, Potenza; Bibl. “Il Didrammo”APS, Sarno (SA).

3) “Le stagioni:dodici immagini viste da Giacomo Garzya e Riccardo Rossi”, introduzione di Renata De Lorenzo, Napoli 2000, Arte tipografica, 14 p. [12] carte di tav. ill, 50 cm (strenna di Natale):

 

in Biblioteca della Società napoletana di storia patria, Napoli.

4) “Colori di Procida”, con testo di Valeria del Vasto, Napoli 2002, Arte tipografica, 29 p. [41] c. di tav. ill.:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. Fondazione Banco di Napoli; Bibl. comunale Don Michele Ambrosino, Procida (NA); Bibl. di archeologia e storia dell’arte, BiASA, Roma; Bibl. nazionale centrale di Roma; Harvard University (Harvard Library), Cambridge, MA, 02138, USA; University of Pennsylvania Libraries, Philadelphia, PA, 19104-6206, USA.

 

5) “La mia Napoli”, prefazione di Renata De Lorenzo, Napoli 2014, Arte tipografica, 14 p., 74 p. di tav. ill.:

 

in Biblioteca nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. di storia dell’arte Bruno Molajoli, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. del Centro di Documentazione PAN – Palazzo delle Arti Napoli; Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste; Bibl.  d’Arte dei Civici Musei, Udine; Bibl. della Soprintendenza “Archeologia, Belle Arti e Paesaggio” per il Comune di Napoli.

 

6) “Le vie dell’immagine: scatti in cammino”, prefazione di Massimo Gherardini, Roma 2023, Dantebus, p. 201:

 

in Biblioteca d’Arte contemporanea “Guido Ballo” (Accademia di Brera), Milano; Bibl. nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. di storia dell’arte Bruno Molajoli, Napoli; Bibl. Erminia Capocelli, Univ. Suor Orsola Benincasa, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. dei Civici musei di storia e arte, Trieste; Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste; Bibl. Livio Paladin del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, Trieste; Bibl. d’Arte dei Civici Musei, Udine; Bibl. nazionale Marciana, Venezia; Bibl. del Centro di Documentazione PAN – Palazzo delle Arti Napoli; Bibl. della Soprintendenza “Archeologia, Belle Arti e Paesaggio” per il Comune di Napoli.

 

7) “Frammenti di Mediterraneo”,  prefazione di Massimo Gherardini, Roma 2023, Dantebus, p. 200:

 

in Biblioteca d’Arte contemporanea “Guido Ballo” (Accademia di Brera), Milano;  Bibl. nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. di storia dell’arte Bruno Molajoli, Napoli; Bibl. Erminia Capocelli, Univ. Suor Orsola Benincasa, Napoli; Bibl. del Centro Caprense Ignazio Cerio, Capri (NA); Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. comunale di Siracusa; Bibl. dei Civici Musei di Storia ed Arte, Trieste; Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste; Bibl. Livio Paladin del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, Trieste; Bibl. d’Arte dei Civici Musei, Udine; Bibl. nazionale Marciana, Venezia; Bibl. del Centro di Documentazione PAN – Palazzo delle Arti Napoli; Bibl. della Soprintendenza “Archeologia, Belle Arti e Paesaggio” per il Comune di Napoli.

 

8) “Fermo immagine a Nord Est”, Trieste 2024, Franco Rosso Editore, p. 374:

 

in Biblioteca d’Arte contemporanea “Guido Ballo” (Accademia di Brera), Milano; Bibl. nazionale centrale di Firenze; Bibl. nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli; Bibl. della Società napoletana di storia patria, Napoli; Bibl. di storia dell’arte Bruno Molajoli, Napoli; Bibl. nazionale centrale di Roma; Bibl. dei Civici Musei di Storia ed Arte, Trieste; Bibl. del Centro di Documentazione PAN – Palazzo delle Arti Napoli; Bibl. civica Attilio Hortis, Trieste; Bibl. Statale Stelio Crise di Trieste, Trieste; Bibl. d’arte Sergio Molesi – Civico Museo Revoltella, Trieste; Bibl. Livio Paladin del Consiglio Reg. del Friuli Venezia Giulia, Trieste; Bibl. d’Arte dei Civici Musei, Udine; Bibl. nazionale Marciana, Venezia.

 

APPENDICE

 

1) PREFAZIONE DI FRANCO ROSSO A GIACOMO GARZYA, “FERMO IMMAGINE A NORD EST”, TRIESTE 2024, FRANCO ROSSO EDITORE, pp. 8-9.

La prima fotografia che compare nelle pagine di “Fermo immagine a Nord Est” è stata scattata a Roma. Potrebbe sembrare una contraddizione…ma non lo è. Giacomo Garzya, a Roma, nella Galleria delle carte geografiche dei Musei Vaticani ha fotografato alcune mappe geografiche risalenti alla seconda metà del ‘500. Lo ha fatto da storico appassionato perché quelle carte testimoniano la capacità della Chiesa già cinque secoli fa di alimentare una concezione universalistica della sua missione nel mondo: storicamente, “italiana ed europeista”; teologicamente “globale”, nel senso di uguale in varie in varie altre parti del mondo ma differenziata a seconda della pluralità dei popoli e delle culture presenti. Le mappe fotografate (ma una sola è stata esemplificativamente pubblicata) focalizzano l’area del Nord Est italiano spingendosi verso l’est europeo, coincidendo in pratica con la “Comunità di “Alpe-Adria” fondata a Venezia nel 1980 tra le Regioni e le Repubbliche delle Alpi orientali. In questa area geografica si sono sedimentate civiltà millenarie, dai romani al dominio austro-ungarico, e con questo riferimento storico-culturale Garzya
ha cercato, trovato e immortalato momenti di “bellezza”, riconoscendoli in alcuni paesaggi, negli scorci, nei palazzi, nelle architetture, nelle decorazioni, negli ambienti della vita quotidiana e in alcuni volti.

Scorci inattesi, particolari nascosti, punti di vista mai scontati, nei quali Garzya ha colto l’attimo, scattando senza mai mettere in posa nessuno, intrecciando la sua cultura, la passione per la storia e la poesia, con la fotografia. Lo ha fatto da fotografo che quando scatta sa già quello che mostrerà al fruitore, facendo vedere una realtà che è già una sua realizzazione estetica.

D’altronde Marcel Proust diceva che la fotografia ci mostra cose che non esistono più come sono state viste dal fotografo. Chi osserva poi le foto le interpreta aggiungendo la propria  immaginazione, sentimenti, significati e connessioni personali.
La precisione dell’inquadratura che sempre coincide con lo scatto, la campitura felice, il ritmo cromatico, sono la cifra stilistica del Garzya fotografo, con un riverbero storico nelle didascalie che accompagnano le foto per contestualizzale e – se opportuno – forniscono le coordinate essenziali per collocarle nella storia o nello spazio.
L’itinerario di “Fermo immagine a Nord Est” che parte da Trieste e arriva a Budapest, passando per il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, l’Austria, la Slovenia, l’Istria e Praga, è stato vissuto da Garzya seguendo l’istinto, più che una programmazione a tavolino, rincorrendo esclusivamente la “bellezza”, quella bellezza che non lascia indifferenti: ma, tant’è, lo scopo non era quello di fare un catalogo, ma di cercare il momento più che il documento. Per questo le immagini raccontano molto dell’autore, della sua sensibilità, della sua cultura, e in ogni scatto si percepisce istinto, esperienza, mestiere e curiosità.

Nelle pagine di questo libro sono riprodotte 337 fotografie frutto dell’occhio di uno storico e poeta che ha cercato nel Nord Est italiano ed europeo la “bellezza”, con l’intento di condividerla e non semplicemente di appropriarsene per sé “, facendo sua la lezione di Henri Cartier-Bresson che era convinto che nel fotografare bisogna ” mettere la testa, l’occhio e il cuore sullo stesso piano”.

Franco Rosso

 

2) GIACOMO GARZYA: BREVE TESTO SULLA MIA FOTOGRAFIA, DA ME LETTO ALL’INIZIO DELLA PRESENTAZIONE, A CURA DI GUIDO COMIS E FRANCO ROSSO, DEL MIO ULTIMO LIBRO FOTOGRAFICO “FERMO IMMAGINE A NORD EST”, TRIESTE 2024. COLGO L’OCCASIONE PER RINGRAZIARE SENTITAMENTE IL DOTT. COMIS DIRETTORE DELL’ERPAC FVG (Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia), CHE HA RESO POSSIBILE IL MOLTO BEN RIUSCITO EVENTO NELLA SPLENDIDA CORNICE DEL MAGAZZINO DELLE IDEE, CHE CONTEMPORANEAMENTE OSPITA LA MOSTRA “FOTOGRAFIA WULZ. TRIESTE, LA FAMIGLIA, L’ATELIER”. I VIDEO SULLA SERATA VERRANNO PUBBLICATI PROSSIMAMENTE NEL MIO SITO WEB “Giacomo Garzya – Le immagini e la Poesia – https://www.maree2001.it). TRIESTE, 9 APRILE 2025.

Chi mi ha ben definito ultimamente è stata Mary Barbara Tolusso, su “Il Piccolo” del 6 febbraio 2025, quando, cogliendo appieno la dualità che è in me, quella del poeta anche fotografo, scrive: “lo sguardo esteriore dell’immagine e quello interiore dell’anima… A guardare le fotografie, infatti, ci investe una dimensione lirica, poetica appunto. Così a leggere i suoi testi, per prima cosa si evoca un panorama, la descrizione di un tramonto, di una città, del mare. E soprattutto delle persone“. “Memoria storica, memoria esistenziale quella di Giacomo Garzya: la giovinezza, l’amore, la distanza, la perdita“.

Quanto alla mia fotografia, essa nasce fin dall’infanzia come fotografo di famiglia nei viaggi estivi, quando con un apparecchio a fuoco fisso, senza nessuna pretesa, fotografavo viaggiando con la mia famiglia; fu in quegli anni che visitando musei d’arte nelle varie capitali europee, acquisii un gusto personale, utile per inquadrare le foto, di lì anche la capacità di saper osservare i paesaggi, urbani e non, nonché le varie tipologie di persone incontrate. La mia fotografia divenne professionale in pochi anni, dopo il passaggio nel 1981 alla reflex e alle diapositive, con risultati più che soddisfacenti, soprattutto quando iniziai a fotografare con l’ottica Zeiss, grazie ai suggerimenti di Pepi Merisio, con cui ebbe la fortuna di lavorare per un breve periodo, negli anni 1994-1995. Questo percorso analogico si concluse nel 2009, l’anno in cui fui costretto al digitale, in primo luogo, perché i laboratori fotografici, per il crollo della domanda, non rinnovavano più con frequenza gli acidi per lo sviluppo delle diapositive, con risultati a dir poco disastrosi, in secondo luogo perché diventava sempre più difficile reperire le pellicole, essendosi ridotta la loro produzione a livello mondiale.

La mia fotografia, poi, è stata innanzitutto basata sullo studio impressionistico della luce: per qualche critico, una metafisica della luce finalizzata alla ricerca di una natura primordiale nei suoi elementi fluttuanti, in un incessante pànta rheî, quindi uno studio sui quattro elementi, basata sulla lettura dei Greci, partendo dai frammenti di Empedocle, che mi portava a fotografare nuvole, tramonti rossi, onde marine, rocce, albe sul Vesuvio, secondo un criterio che avrebbe portato al superamento del momento prettamente emotivo che le aveva volute. L’acqua, elemento primigenio, la terra in continua trasformazione, il fuoco indomito che stordisce, abbaglia, che dà luce alla scena e calore alla nostra esistenza, alla nostra fantasia, quindi anche un rapporto cromatico-emozionale tra elementi che interagiscono tra loro: Fuoco-Sole-Luce-Energia-Calore-Colore-Nuvole-Acqua- Vento-Roccia. Tale ricerca, durata molti anni, confluì in parte, per quanto concerne l’elemento Acqua, in una mia mostra personale nel 2006, a Palazzo Serra di Cassano a Napoli, sede dell’Istituto italiano per gli Studi filosofici, dal titolo “Il mare che non si vede”, presentata dal filosofo e poeta Eugenio Mazzarella e dall’Oceanografo Maurizio Ribera d’Alcalà. Lo studio monografico sui quattro elementi, solo per la mia incapacità di trovare degli sponsors, non si concretizzò, una ventina d’anni fa, in una mostra personale a Milano e in un volume edito sempre a Milano, la capitale italiana della fotografia. Ebbene questi, oltre ai reportages fotografici dei miei viaggi, sono i temi ricorrenti nella mia fotografia.

Quanto alla mia fotografia analogica, la diapositiva per me aveva rappresentato un prodotto finito già allo scatto, non si poteva sbagliare, e già ne conoscevo il risultato, buono non solo per il reportage, ma anche per la fotografia creativa. Anche con l’apparecchio digitale, in realtà, con opportuni accorgimenti e tarature a priori, fotografando per lo più con priorità dei diaframmi, ho ottenuto ottimi risultati, senza mai arrivare al “photoshop”, se non per regolare, quando necessario, la luminosità. Pur rimpiangendo la fotografia analogica, per una mia personale modalità di intendere la resa fotografica, la fotografia digitale, specie nel reportage e nelle precarie condizioni di luce, presenta innumerevoli vantaggi, che non sto qui a dire tanto sono noti, su tutti quello di avere a disposizione un numero quasi illimitato di scatti e, nella stessa macchina, molteplici pellicole, nonché quello di non dipendere dalla temperatura dell’ambiente circostante, nemico giurato delle diapositive. Infine la fotografia digitale, come la fotografia in b/n dei grandi Maestri, ha aperto a un tipo di arte più concettuale, surreale, rielaborata al computer, un tempo nella mitica camera oscura.

Oggi non sono ancora, a 72 anni, come disse Cesare Pavese a quarant’anni, “alla fine della candela”, ma vivo con molto piacere questa fase della mia esistenza, e, dopo aver superato momenti piuttosto difficili quanto alla salute, le mie giornate sono state sempre piene, anzi devo dire che non ho mai fotografato tanto per fissare le mie emozioni, onde poter rivivere al meglio, pienamente, i lati belli della vita.

Molto di rado, nel passato, ho fotografato con cellulari, tuttavia ora non potendo più utilizzare la mia reflex a mano libera, per me troppo pesante, fotografo con uno smartphone assai evoluto, che possiede un sensore di ultima generazione e quattro obiettivi di alta qualità, il Samsung Galaxy S25 Ultra e con una Canon Mirrorless R100.

A partire, infine, dal mio primo libro di poesie “Solaria” del 1998, in cui riemerse una vocazione giovanile, quella di esprimermi con la voce della poesia, i luoghi da me visitati, quelli amati e più volte rivisitati, da immagini si trasformavano in parole, luoghi sempre diversi a seconda degli aspetti emozionali del momento, che variano col mutare della luce, dei colori, dei grigi della nostra vita. Fotografia e poesia, poesia e fotografia, quindi un tutt’uno inscindibile, in cui si riversano la mia esperienza, la mia inquietudine esistenziale, gli affetti per la terra di origine, le letture dei Poeti greci e del Kavafis di “Itaca” e, in tutte e due le forme espressive, la capacità di saper cogliere l’attimo, credo sia, senza presunzione, un mio tratto distintivo.

Il tutto fa parte di un viaggio, metafora della vita, dove vi è una ricerca del bello non fine a se stesso, il ritorno alle radici, un viaggio inteso da viaggiatore, alla Alain De Botton, per intenderci.

Giacomo Garzya

 

3) MAGAZZINO DELLE IDEE PRESENTAZ. FERMO IMMAGINE, 9 APRILE 2025

Fermo immagine a Nord-Est di Giacomo Garzya

Mercoledì 9 aprile alle ore 18, al Magazzino delle Idee di Trieste (corso Cavour, 2), verrà presentato “Fermo immagine a Nord Est”, il nuovo libro fotografico di Giacomo Garzya, edito da Franco Rosso. Dialogherà con l’autore Franco Rosso, modererà l’incontro Guido Comis.

Una vita dedicata alla cultura, agli studi storici e all’insegnamento di materie letterarie, Giacomo Garzya, originario di Napoli, ha pubblicato diciotto raccolte di poesie e numerosi libri di fotografie. Ma se i libri di poesie si rivelano come i suoi diari dell’anima, quelli di fotografie testimoniano la sua passione per i viaggi, intesi come fonte di conoscenza, occasione per acquisire nuovi saperi, forma di relazione tra l’intimità dell’io e la storia e la realtà dei luoghi incontrati. Non sfugge a questa impostazione “Fermo immagine a Nord Est”, volume che raccoglie una selezione di 337 fotografie che Garzya ha scattato lungo un itinerario che si snoda dal Friuli Venezia Giulia e il Veneto fino alla Slovenia, Vienna, Praga e Budapest. Immagini che irradiano riverberi emotivi e scrivono il diario di un viaggio alla ricerca della storia, della cultura e della bellezza.

Come scrive Franco Rosso nella presentazione del volume:
«Nell’area geografica del Nord Est, che coincide in pratica con quella che fu identificata negli anni Ottanta come Comunità di Alpe Adria, si sono sedimentate civiltà millenarie, dai romani al dominio austro-ungarico, e con questo riferimento storico-culturale Garzya ha cercato, trovato e immortalato momenti di bellezza, riconoscendoli in alcuni paesaggi, negli scorci, nei palazzi, nelle architetture, nelle decorazioni, negli ambienti della vita quotidiana e in alcuni volti. Scorci inattesi, particolari nascosti, punti di vista mai scontati, nei quali Garzya ha colto l’attimo, scattando senza mai mettere in posa nessuno, intrecciando la sua cultura, la passione per la storia e la poesia, con la fotografia. Lo ha fatto da fotografo che quando scatta sa già quello che mostrerà al fruitore, facendo vedere una realtà che è già una sua realizzazione estetica.
La precisione dell’inquadratura che sempre coincide con lo scatto, la campitura felice, il ritmo cromatico, sono la cifra stilistica del Garzya fotografo, con un riverbero storico nelle didascalie che accompagnano le foto per contestualizzale e – se opportuno – forniscono le coordinate essenziali per collocarle nella storia o nello spazio.
L’itinerario di Fermo immagine a Nord Est che parte da Trieste e arriva a Budapest, passando per il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, l’Austria, la Slovenia, l’Istria e Praga, è stato vissuto da Garzya seguendo l’istinto, più che una programmazione a tavolino, rincorrendo esclusivamente la “bellezza”, quella bellezza che non lascia indifferenti: ma, tant’è, lo scopo non era quello di fare un catalogo, ma di cercare il momento più che il documento. Per questo le immagini raccontano molto dell’autore, della sua sensibilità, della sua cultura, e in ogni scatto si percepisce istinto, esperienza, mestiere e curiosità. Nelle pagine di questo libro sono riprodotte 337 fotografie frutto dell’occhio di uno storico e poeta che ha cercato nel Nord Est italiano ed europeo la “bellezza”, con l’intento di condividerla e non semplicemente di appropriarsene per sé».

(Franco Rosso Editore – Trieste, 380 pagine, euro 30,00)

ATTENZIONE
In occasione della presentazione del libro, la mostra chiuderà alle 18:00. L’ultimo accesso consentito è alle 17:30

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