GIACOMO GARZYA, “L’AMORE COME IL VENTO”, NAPOLI 2019, pp. 1-252 (QUESTO VOLUME COMPRENDE LE SEGUENTI MIE RACCOLTE DI POESIE, PUBBLICATE TRA IL 2012 E IL 2015: “L’AMOUR ET LE VIOLON”; “UN ANNO”; “UNA SPECCHIERA”; “PETTIROSSO”).
VI SONO, QUINDI, TUTTE LE MIE POESIE SCRITTE TRA IL 10 DICEMBRE 2011 E IL 27 SETTEMBRE 2015
Ischia, Forio, “Giardini La Mortella”, 1° aprile 2007 ( foto di Giacomo Garzya)
RACCOLTA DI POESIE (QUATTORDICESIMA), “L’AMORE COME IL VENTO”, NAPOLI 2019.
Per Fanny
Il bastone del pellegrino è lì dove l’ho riposto, accanto a te esanime, così la conchiglia e la tua gioia di vivere, spenta sull’asfalto in una notte.
Napoli, 19 febbraio 2018
In memoria di Fanny
di Paola Celentano Garzya
Quando mio marito Giacomo ha deciso di pubblicare in due volumi – questo, dal titolo L’amore come il vento, è il pri- mo, l’altro, invece, vedrà la luce nel 2020 – le sue poesie edite ed inedite scritte tra il 2011 e il 2019 per commemorare il decennale della tragica scomparsa di nostra figlia Fanny (Napoli, 16 marzo 1983 – Castelvolturno, 6 febbraio 2008), ho subito pensato di contribuire anche io al ricordo con una riflessione a lei dedicata, sotto forma di lettera, affiancandomi così, in punta di piedi, alle tante poesie che Giacomo ha scritto per lei.
Cara Ninni, sono passati dieci anni, densi, impegnativi, fruttuosi. Il dolore è sempre acuto, crescente, radicato: ti sentiamo tutti in qualche modo presente, sicuramente in una dimensione di beatitudine, in pace con Dio, e questo ci conforta; nello stesso tempo la tua presenza fisica, le tue gioiose manifestazioni vitali, ci mancano sempre di più. Il tuo esempio in ogni caso ci guida e ci sprona a mantenere vivo il tuo ricordo, con un fervore improntato sul rigore morale e, per me in particolare, sul valore cristiano, il più elevato da te concepito: eredità preziosa da custodire e mettere sempre a frutto.
“Quando busserò alla Tua porta avrò fatto tanta strada…”. Le parole di questo brano religioso, mi sono risuonate spesso alla mente dopo il 6 febbraio 2008, quando hai lasciato questo mondo. Sì, perché nella tua breve esistenza ne avevi percorsa di strada e non solo a piedi. Sicuramente emblematico in tal senso è stato il Cammino di Santiago, da te compiuto nell’agosto 2006, metafora della tua stessa vita: questa impresa simboleggia, infatti, efficacemente la tua capacità di aver saputo affrontare e sopportare le difficoltà con tenacia, per arrivare alla meta, la tua fiducia nel prossimo, la piena adesione al valore della libertà, il tuo amore per la natura, che si esprimeva col tuo genuino stupore per la bellezza del Creato, quando, per esempio, rivolgevi il viso verso il cielo terso, per contemplarne le stelle, la tua costante, sincera, ricerca di Dio, il senso puro della gioia, che avevi dentro di te, trasmesso contagiosamente a chi ti stava accanto. Il tuo tracciato esistenziale, intendo, è anche ricco di segni di altra matrice, che tu hai lasciato come monito vivo, per la ricerca di un senso migliore da dare al nostro quotidiano. Tu l’hai dimostrato col tuo modo di essere non convenzionale, supportato da una logica filosofica, che proponeva ipotesi alternative al modo corrente di pensare, in apparenza inconcepibili, ma nell’attuazione quasi sempre indovinate. Sì, perché con la tua crescita come persona, arricchita dall’amore per la lettura e dal contatto immediato, franco, leale col prossimo, avevi inteso appieno il messaggio evangelico, quello interpretato da San Paolo, che attribuisce alla Carità un valore fondante. Ed è per questo che riuscivi, a prescindere dalle tue umane inclinazioni, a considerare l’altro, quale persona degna di rispetto e di attenzione, perché da amare, innanzitutto, come fratello. Quante volte, come madre, ho ricevuto da te insegnamenti, inizialmente non compresi e solo in seguito degnamente apprezzati: tu riuscivi, per esempio, ad individuare con naturalezza strategie pacifiche nella risoluzione di conflitti, da me giudicati inestricabili. Se tentavi di aprirmi gli occhi, io miope li chiudevo, forte della mia presunta adultità; scoprivo, poi, sorpresa che con la tua lungimiranza, avevi colto nel giusto: quella via che non avevo ancora esplorato si rivelava praticabile e promettente. Quante volte mi hai aperto gli occhi al perdono!È questo uno dei testimoni più preziosi che mi hai lasciato, che ci hai lasciato: saper amare senza riserve, con slancio e tenacia, guardando lontano, oltre il confine dell’immediato. Ora penso a te come ad un vero Angelo: sento che continui a soccorrermi, scongiurando col tuo sostegno che cedimenti e smarrimenti abbiano il sopravvento, con l’indicarmi quella strada sicura espressa dalla parola evangelica, che mi alimenta e mi aiuta, talvolta, anche a sorridere.
Ancora una volta ti dico grazie Fanny e, nonostante tutto, ti prometto di non arrendermi a una vita senza senso.
Con l’amore di sempre, la tua Mamma.
L’AMOUR ET LE VIOLON
À mon cher Papa
Prefazione
di Emanuela D’Amelio
In punta di piedi mi accosto alla nuova raccolta di poesie di Giacomo Garzya L’amour et le violon, onorata di aver potuto assistere alla genesi di questi versi in qualità di amica e di lettrice. La sua nuova opera, prima di essere stata scritta, è stata vissuta andando a cercare la parte di sogno che gli spetta di diritto e di cui ci fa prezioso dono. Il poeta è qualcuno che gioca con le parole o forse una persona il cui cuore si riversa su un foglio di carta o ancora, più semplicemente, un uomo che ama «raccontarsi» delle storie: Garzya si racconta a se stesso ancora una volta, i pensieri e i sentimenti sedimentati nella sua mente fioriscono, nero su bianco, come la cascata di perle di una collana rotta all’improvviso e la sua mano diventa muscolo involontario guidato dal cuore. Delle venticinque poesie di questa nuova raccolta è evidente una interposizione tra natura, colori, sentimenti ed atmosfere in un viaggio nella quotidianità degli affetti. Quel che emerge è un susseguirsi di fili che si intrecciano tra loro a formare una trama di parole, un quadro dipinto attingendo colori da una tavolozza, quella della vita, che appare spesso sbavata e stinta, altre volte, invece, carica di mille colori sgargianti. Le poesie mirano a mantenere costante un sobrio controllo sulle emozioni, ad incanalarle, forgiarle, evocarle e mescolarle con immagini, atmosfere e colori. L’accurata scelta della disposizione dei versi, il variare della loro lunghezza ed il loro diverso timbro indicano una passione formale mai sopita che in nessun caso soffoca od altera la dolcezza, lo spessore e il vibrare dei contenuti. I colori accesi o cupi, i paesaggi mediterranei o nordici, la «pioggia battente», le «nebbie di Venezia», la «sabbia bian- ca coperta di brughiera» o il «tramonto rosso» non fanno solo da sfon do ai versi ma definiscono piuttosto stati d’animo che si alternano frequentemente. Ai momenti di passione e di speranza fanno infatti seguito attimi di tristezza e solitudine, come avviene nell’animo di tutti gli esseri umani: la poesia di Garzya diventa fotografia dell’anima ed è impossibile non rispecchiarvisi. In L’amour et le violon le poesie evocano pienezza («la luce tu vedrai nel fondo del mare») e nostalgia («Non posso accarezzare i tuoi capelli sus- surrando parole d’amore»), speranzosa attesa («I nostri sentimenti segreti usciranno con le rondini per librarsi nell’aria»), disillusa solitudine («Tu non arrivi, tu non verrai, perché non dovevi partire…»), a ritroso nel viaggio dell’anima. La poesia diviene dunque salvezza e liberazione, catarsi atta a superare ed allontanare il dolore e la nostalgia per il fatto stesso di riuscire a parlarne ed a conviverci, arginandoli attraverso un anelito di lotta per apprezzare le bellezze della vita («E le labbra cercavano le labbra, la pioggia bat- tente») e viverle pienamente. Lungi dall’essere intimista, la poesia di Giacomo Garzya diventa umanistica, universale. Ci sono parole che catturano, colpiscono e non si sa se sia- no un pugno nello stomaco o una carezza all’anima, che permettono di riflettersi guardandosi in uno specchio, di sentirne il profumo sfuggendo al controllo dal tempo. Al centro dei suoi versi c’è sempre il cuore dell’uomo in tutta la gamma delle sue percezioni, in tutti i suoi battiti. I temi sono molteplici. Dalla lettura delle poesie di «L’amour et le violon» emerge che il perno dei suoi versi sia l’amore espresso in un linguaggio immediato, essenziale eppure profondo ed attento. Le poesie d’amore possono essere una risposta emotiva ad un evento o ad un momento passionale, altre volte sono più riflessive e cercano di donarci il senso di un’esperienza che si dilata ad un campo più ampio della vita, ad un amore senza tempo ed universale dove l’immagine di una donna evocata è solo il pretesto, lo spunto per ritrovare il battito del nostro cuore spesso sopito e la consapevolezza che le emozioni sono linfa vitale dei nostri giorni. Amore nel senso ampio, dunque, che include una profonda rivalutazione dei valori primari della nostra esistenza, quali il tema della morte e della fede («Non passa un giorno senza che lei non preghi per me»), del ricordo della terra belga dell’infanzia e dunque delle proprie radici («Correvo per la Campine… sulla sabbia bianca d’erica coperta».), dell’amor filiale per il padre («un bacio filiale per un padre inerme»). Ed ancora amore per il valore dell’amicizia («i raggi del sole una bella amicizia riscaldano») e per la pienezza della vita («ora ti abbraccio, fuoco… ed è musica il crepitio dei tron- chetti che ardono»).
Lascio per ultimo l’amore più grande della vita di Giacomo Garzya, quello per l’adorata figlia Fanny che ora vola alto accanto al sole e che lo sostiene amorevolmente nel suo dolore senza fine. Non citerò i versi specifici, mi pare di limitare, se non addirittura di «profanare», un ricordo ed un amore che appartengono solo a Giacomo e sua moglie Paola. Il lettore rintraccerà facilmente le due delicatissime poesie e saprà comprendere.
Emanuela D’Amelio
Un sentito ringraziamento va a Emanuela D’Amelio, che con entusiasmo ha seguito dal suo nascere questa raccolta di poesie e ha dato buoni consigli per un uso corretto della lingua francese.
RACCOLTA DI POESIE (OTTAVA), L’AMOUR ET LE VIOLON
Le coucher du soleil rouge
m’étourdit
et me prend au lit
dans le rêve de toi.
Naples, le 10 décembre 2011
Stordisce il tramonto rosso
e mi porta a letto
nel sogno di te.
Lorsque la brume touchera ton visage
quand le désir touchera tes yeux
quand les larmes toucheront ton coeur
dans le fond marin,
tu verras la lumière.
Naples, le 25 décembre 2011
Quando la bruma toccherà il tuo volto
quando il desiderio toccherà i tuoi occhi
quando le lacrime toccheranno il tuo cuore
la luce tu vedrai
nel fondo del mare.
Je ne peux pas caresser tes cheveux,
en chuchotant des mots d’amour.
Je ne peux pas baiser tes yeux.
Tu es lointaine, au froid de ton pays,
qui est aussi partie de moi
quand je rêve ma jeunesse,
mais je vois que mon souffle
chauffe la vitre, qui nous sépare,
pour écrire que je t’aime.
Naples, le 26 décembre 2011
Non posso carezzare i tuoi capelli
sussurrando parole d’amore.
Non posso baciare i tuoi occhi.
Tu sei lontana, al freddo del tuo paese,
che è anche parte di me
quando sogno la mia gioventù,
ma ora vedo che il mio respiro scalda
il vetro che ci separa,
per scrivere che io ti amo.
Il n’y a pas de nuages,
tout est arrêté, aussi mon cœur bat
plus lentement,
dans cette journée d’hiver ensoleillée.
J’essaie de trouver ton visage
dans une foule de visages inconnus
parmi les arbres sans feuilles,
mais à la fin je te vois
allongée sur le lit
défaite par le sommeil.
Tu dors dans mes bras,
je ne suis jamais sorti.
Naples, le 27 décembre 2011
Non ci sono nuvole,
tutto è fermo,
anche il mio cuore
batte più lentamente
in questa giornata soleggiata
d’inverno.
Cerco di trovare il tuo viso
in una massa di visi sconosciuti
fra gli alberi spogli,
ma alla fine io ti vedo
allungata sul letto
disfatta dal sonno.
Tu dormi tra le mie braccia,
io non sono mai uscito.
Il est tellement agréable d’entendre ta voix lointaine
il est tellement agréable de multiplier tes douces paroles
il est si agréable de regarder le ciel et suivre les traces des avions
qui conduisent à toi
ce qu’il est beau que de t’écrire des mots d’amour.
Le soleil s’est couché,
il y a maintenant un éspace pour rêver dans la nuit
un baiser qui va jusqu’à l’escalier de l’univers,
où tu souris.
Naples, le 27 décembre 2011
È così piacevole ascoltare la tua voce lontana
è così piacevole moltiplicare le tue dolci parole
è così piacevole guardare il cielo
e seguire le scie degli aerei,
che portano a te,
è così bello scriverti parole d’amore.
Il sole è tramontato,
vi è ora lo spazio per sognare nella notte un bacio
che va fino alla scala dell’universo,
là dove tu sorridi.
La rue est vide, froide,
une ligne droitesans horizon.
L’attente est longue, interminable.
Je t’ attends avec un battement de coeur,
comme un garçon timide,
qui fait ses premières armes.
La rue est vide
les arbresmuetscomme des pierres
et je me regarde seul, seul avec moi,
alors que l’horloge sans pitié fait sentir
le coupdu temps qui passe
et dit que tu n’es pas ici.
Pas une âme dans la rue,
une rue vide e froide sans toi.
Tu n’ arrive pas, tu ne viendras pas,
parce que tu ne devais pas partir,
parce que tu n’existe
que pour tes bruyères.
Naples, le 28 décembre 2011
La strada è vuota, fredda,
una linea diritta senza orizzonte.
L’attesa è lunga, interminabile.
Aspetto col batticuore,
come un ragazzo timido
alle prime armi.
La strada è vuota
gli alberi muti come pietre
e io mi guardo solo, solo con me,
quando senza pietà l’orologio
fa sentire il peso del tempo che passa
e dice che tu non sei qui.
Non un’anima nella strada,
una strada vuota e fredda senza te.
Tu non arrivi, tu non verrai,
perché non dovevi partire,
perché tu non esisti
che per le tue brughiere.
Quand le soleil rouge ardent
met le feu à la mer,
comme les coeurs rougissants
mettent le feu à l’âme des amoureux,
il faut regarder l’aube de l’Egée
et fermer les yeux pour un moment,
dans un désir d’amour.
Le soleil rouge ardent
ne met pas toujours son feu à la mer,
mais laisse un ciel libre et propre,
à toi, à moi.
Naples, le 28 décembre 2011
Quando il sole rosso fuoco
brucia il mare,
come i cuori ardenti quando danno fuoco
all’anima degli innamorati,
occorre guardare l’alba dell’Egeo
e chiudere gli occhi per un momento,
in un desiderio d’amore.
Il sole rosso fuoco
non brucia sempre il mare,
ma lascia un cielo libero e pulito,
a te, a me.
Par la Campine je courais
et quelquefois je tombais
sur le sable blanc de bruyère couvert,
comme cela arrive aux petits enfants.
Elle parfumait mes cheveux,
comme ma mère disait souvent en Italie,
elle qui aimait son pays,
fait aussi de champs et dunes
de nature sauvage et ancienne.
Le parfum de bruyère dans mes cheveux
elle à sa terre portait,
la terre belge de mon enfance.
Et moi par la Campine je courais
et j’étais fier d’être un sang-mêlé,
du Nord et du Sud.
Naples, le 29 décembre 2011
Correvo per la Campine
e, come capita ai bambini,
ogni tanto cadevo
sulla sabbia bianca
d’erica coperta.
Essa profumo dava
ai miei capelli,
come diceva spesso in Italia
mia madre,
che adorava il suo paese,
fatto anche di campi e dune
di natura selvaggia e antica.
Il profumo d’erica
nei miei capelli,
portava lei alla sua terra,
la terra belga della mia infanzia.
E io per la Campine correvo
e ero fiero
di essere un mezzosangue,
del Nord e del Sud.
Dans le ciel et la mer sans fin,
je vois un bateau,
c’est mon bateau solitaire
où moncoeurblessé cherche Fanny,
quivit avecle soleilet aide madouleur.
Pas unjour ne passe
qu’elle ne s’envolelibre avecles mouettes,
pas un jour ne passe sans
qu’elle ne prie pour moi.
Naples, le 29 décembre 2011
Nel cielo e nel mare infiniti,
vedo una barca,
è la mia barca solitaria
dove il mio cuore ferito cerca Fanny,
che vive col sole e lenisce il mio dolore.
Non passa giorno
ch’ella non s’involi libera con i gabbiani,
non un giorno passa
senza che lei non preghi per me.
Mes lèvres cherchaient tes lèvres,
la pluie battante,
puis en descendant de la colline,
la tête dans mon manteau,
tu cherchait la chaleur dans ma poitrine.
Deux âmes seules s’aimaient
et les lèvres cherchaient les lèvres,
la pluie battante.
Naples, le 30 décembre 2011
Le mie labbra cercavano le tue labbra,
la pioggia battente,
poi scendendo dalla collina,
la tua testa nel mio cappotto,
tu cercavi calore nel mio petto.
Due anime sole si amavano
e le labbra cercavano le labbra,
la pioggia battente.
Je ne voulais rien perdre
de la Perle du Sud.
Luc et Lorraine me suivaient,
curieux, sur les traces des Almoravides,
sous le soleil implacable du mois d’août,
dans une ville chaude comme le Sahara.
Et alors voilà les jardins de la Menara,
de Koutoubia, le Palais de Bahia.
Tout portait au son frénétique des tambours
à Djemaa El Fna, à mon Café Argana,
aux serpents cobra, aux cracheurs de feu,
aux vendeurs de dents, aux épices du souk,
aux peaux de maroquin rouge, brun,
tannés au sumac et à la noix de galle,
aux étoffes de laine, de soie, de lin, de coton,
dans une myriade de couleurs, opposées,
contrastées.
C’etait le souk, c’était Marrakech
et Luc et Lorraine, des amis inoubliables.
Naples, le 31 décembre 2011
Non volevo perdere nulla
della Perla del Sud.
Luca e Lorena mi seguivano curiosi,
sulle tracce degli Almoravidi,
sotto il sole implacabile del mese d’agosto,
in una città calda come il Sahara.
E allora ecco i giardini della Menara,
di Koutoubia, il Palazzo di Bahia.
Tutto portava al suono frenetico dei tamburi
a Djemaa El Fna, al mio Caffé Argana,
ai serpenti cobra, ai mangiatori di fuoco,
ai venditori di denti, alle spezie del souk,
alle pelli di marocchino rosso, bruno,
conciati col sommacco e con la noce di galla,
alle stoffe di lana, di seta, di lino, di cotone,
in una miriade di colori, opposti, contrastati.
Era il souk, era Marrakech
e Luca e Lorena, degli amici indimenticabili.
Pendant quatre mois
entre la vie et la mort
dans une salle d’hôpital
autant technologique qu’aseptique,
attaché au tube à oxygène,
comme un enfant nourri au sein,
il s’est efforcé de parler
et il n’arrivait pas à prononcer un mot,
mais à la fin j’ai lu sur ses lèvres:
bise
quatre lettres, quatre mois de souffrance.
Une bise filiale à un père désarmé,
si peu et si tant pour un gentil sourire.
Naples, le premier janvier 2012
Durante quattro mesi
tra la vita e la morte
in una corsia d’ospedale
così tecnologico e asettico,
attaccato al tubo d’ossigeno,
come un bambino al seno della madre,
si sforzava di parlare
e non arrivava a pronunciare una parola,
ma alla fine ho letto sulle sue labbra:
bacio
poche lettere, quattro mesi di sofferenza.
Un bacio filiale a un padre inerme,
così poco e così tanto per ricevere
un sorriso gentile.
J’ai rêvé dans la nuit tes yeux,
une nuit couverte de nuages,
une nuit sans étoiles,
seulement tes yeux brillaient
d’un regard amoureux, rassurant.
J’ai rêvé Venise avec ses brouillards,
qui se révellait de son torpeur,
et les gondoles noires
en balançant sur nos corps nus,
nous embrassés,
doucement embrassés.
Naples, le 3 janvier 2012
I tuoi occhi ho sognato nella notte,
una notte coperta di nuvole,
una notte senza stelle,
solamente i tuoi occhi brillavano
con uno sguardo amoroso, rassicurante.
Ho sognato Venezia con le sue nebbie,
che si svegliava dal suo torpore,
e le gondole nere
dondolanti sui nostri corpi nudi,
noi abbracciati,
dolcemente abbracciati.
Je flâne sous les arcades
de cette ville savante,
les arcades
qui cachent les baisers furtifs
des amoureux.
La pierre rouge chauffe
une journée froide
et tes mains sont froides
et aux miennes se serrent
affectueusement.
Qu’est-ce-que l’amour
sinon se donner un baiser
et se serrer fortement
dans les bras?
Bologne, le 6 janvier 2012
Girovago per i portici
di questa città dotta,
i portici che nascondono
i baci furtivi degli amanti.
La pietra rossa riscalda
una giornata fredda
e le tue mani sono fredde
e alle mie si stringono
con tenero affetto.
Cos’è l’amore se non darsi
un bacio e stringersi forte?
Les souvenirs rassemblés devant l’âtre,
le temps passe inexorablement
pour ne pas revenir
et les cheveux deviennent blancs,
pas l’esprit qui note avec ironie
ce qui n’est pas allé dans le même sens.
Maintenant je t’embrasse feu,
seulement toi, tu donne de l’espoir,
seulement toi, tu donne de la joie
et c’est de la musique
le craquement des tricoises,
qui brûlent,
comme l’amour que j’éprouve pour toi,
femme lointaine, mais si proche.
Bologne, le 7 janvier 2012
Raccolti intorno al focolare i ricordi,
il tempo passa inesorabile
e non torna indietro
e i capelli si fanno bianchi,
non lo spirito che osserva con ironia
ciò che non è andato per il suo verso.
Ora ti abbraccio fuoco,
solo tu dai speranza,
solo tu dai gioia
ed è musica
il crepitio dei tronchetti
che ardono,
come l’amore che provo per te,
donna lontana, ma tanto vicina.
Je ne peux pas oublier ta voix
aussi fraîche qu’ un ruisseau,
qui apporte les sons de ton coeur,
et moi à la mer en attendant
que tu viennes chez moi
avec tes paroles belles et douces,
pour que je puisse boire
ton eau claire.
Naples, le 9 janvier 2012
Non posso dimenticare la tua voce,
fresca come le acque d’un ruscello,
che porta i suoni del tuo cuore,
e io al mare che aspetto
che tu venga da me
con le tue belle e dolci parole,
per bere la tua acqua chiara.
On est au coeur de l’ hiver
et les arbres vivent
seulement grâce à leur sève,
nous aussi, nous attendons
les rayons du soleil du printemps
et nos sentiments secrets,
cachés dans un angle solitaire
de nous même,
sortiront avec les hirondelles
pour nager dans l’air,
libres d’aimer.
C’est vrai,
il y a des sentiments cachés
dans un angle de notre coeur,
ainsi que les arbres sans feuilles
cachent leur douleur.
Naples, le 10 janvier 2012
Si è nel cuore dell’inverno
e gli alberi vivono
soltanto per la loro linfa,
anche noi aspettiamo
i raggi del sole di primavera
e i nostri sentimenti segreti,
nascosti in un angolo solitario
di noi stessi,
usciranno con le rondini
per librarsi nell’aria
liberi di amare.
È vero,
vi sono dei sentimenti nascosti
in un angolo del nostro cuore,
come gli alberi senza foglie
che nascondono il loro dolore.
Je me suis endormi
dans tes bras
et le lendemain
j’ai pris pour toi des roses
rouges de passion.
Tu n’est pas seulement de passage
tu n’es pas un météore
tu n’es pas une épine
qui mord la chair
tu es comme la palette des peintres
toutes les couleurs sont à toi
tu décides l’image,
l’arc en ciel de mes jours.
Naples, le 11 janvier 2012
Nelle tue braccia
mi sono addormentato
e l’indomani
per te ho preso delle rose
rosse di passione.
Tu non sei solo di passaggio
tu non sei una meteora
tu non sei una spina,
che morde la carne,
tu sei come la tavolozza dei pittori
tutti i colori sono in te
tu decidi il quadro,
l’arcobaleno dei miei giorni.
Je cherchais ton corps
dans le noir de la chambre,
mais dans la pénombre
j’ai vu un superbe clair de lune
un oeil qui nous regarde
un oeil qui regarde ton essence
de femme.
Ce sont trois jours
que la lune est pleine de toi,
mais maintenant,
aux premières lueurs de l’aube,
je vois son frère le soleil
et ton corps est merveilleux,
chaud dans sa nudité.
Naples, le 12 janvier 2012
Cercavo il tuo corpo
nel buio della camera,
ma nella penombra
ho visto uno splendido chiaro di luna
un occhio che ci guarda
un occhio che guarda la tua essenza
di donna.
Sono tre giorni
che la luna è piena di te,
ma ora,
ai primi chiarori dell’alba,
vedo tuo fratello sole
e il tuo corpo è meraviglioso,
caldo nella sua nudità.
L’encre ne suffit pas
pour décrire tes larmes, mes larmes
pour notre départ,
on ne se voyait pas depuis longtemps
et le premier embrassement eut lieu
dans le murmure du vent
et le premier baiser eut lieu
encore dans le murmure du vent.
Naples, le 12 janvier 2012
Non è sufficiente l’inchiostro
per descrivere le tue lacrime,
le mie lacrime
al nostro commiato,
non ci si vedeva da tempo
e il primo abbraccio ebbe luogo
nel mormorio del vento
e il primo bacio
nel mormorio del vento.
La rosée est fraîche sur ton visage
je crois en toi
quand tu murmures d’amour
parce que je crois en moi même
quand je te baise
dans une campagne, ta campagne,
parsemée de fleurs
je crois en toi
quand tu me caresses les joues
parce que je crois en moi même
quand je fixe tes yeux
sur une terrasse ensoleillée de Fès
je crois en moi même
quand je vois ton visage fraîche de rosée
je crois en toi.
Naples, le 12 janvier 2012
È fresca la rugiada sul tuo viso
io credo in te
quando sussurri d’amore
perché io mi credo
quando ti bacio
in una campagna, la tua campagna,
cosparsa di fiori
io credo in te
quando tu mi carezzi le guance
perché io mi credo
quando fisso i tuoi occhi
su una terrazza soleggiata di Fès
io mi credo
quando vedo il tuo viso fresco di rugiada
io credo in te.
Comme ne pas pouvoir se rappeler
de ce jour avec les amis connus
parmi les fjords de la Norvège
et maintenant ensemble avec moi
dans le petit village de pêcheurs
de l’île de Mimanthe
doucement endormie
dans les Champs Phlégréens,
où seulement les mouettes et
le tintement des cloches
brisent le silence
où seulement ici à la Corricella
les couleurs pastel des maisons
ensemble les unes sur les autres
se réflechissent dans la mer
et les arc-boutants touchent le ciel.
L’âme de chacun de nous
peut contempler ici
ce qu’est vraiment le silence
le silence éternel en hiver.
Quelques gouttes d’eau
changent ce paysage irréel,
mais pas pour longtemps,
tout retourne au calme
et les rayons du soleil
réchauffent une belle amitié,
nous assis
autour d’unetable en plein air
avec du bon vin blanc
et bien froid.
Naples, le 13 janvier 2012
Come non ricordarsi di quel giorno
con gli amici conosciuti
tra i fiordi della Norvegia
e ora insieme con me
nel piccolo borgo marinaro
dell’isola di Mimante
dolcemente addormentata
nei Campi Flegrei,
dove solo i gabbiani
e il tocco delle campane
rompono il silenzio
dove solo qui alla Corricella
i colori pastello delle case
le une sulle altre arroccate
si riflettono sul mare
e gli archi rampanti toccano il cielo.
L’anima di ciascuno di noi
può qui contemplare
ciò che veramente è il silenzio
il silenzio eterno in inverno.
Qualche goccia di pioggia
cambia questo paesaggio irreale,
ma per poco, tutto torna alla calma
e i raggi del sole
una bella amicizia riscaldano,
noi seduti all’aria aperta
attorno a una tavola
con del buon vino bianco
e ben freddo.
Derrière la vitre embuée,
une femme qui regarde
avec les yeux perdus dans le vide.
Une fille dans la fleur de ses années
elle a perdu, elle a tout perdu
et les douces paroles
ne sont pas suffisantes
pour remuer le regard perdu
dans le vide.
La mort est la soeur de tous
et elle nous accompagne
à travers le rues désertes,
par les champs brûlés par le gel,
sur la mer houleuse et sombre
et nous attendons qu’elle arrive
avec sa faucille.
Naples, le 14 janvier 2012
Dietro il vetro appannato,
una donna che guarda
con gli occhi perduti nel vuoto,
una figlia nel fiore degli anni
ha perduto, tutto ha perduto
e le dolci parole
non sono sufficienti
per rimuovere lo sguardo
perduto nel vuoto.
La morte è sorella di tutti
e ci accompagna
attraverso le strade deserte,
attraverso i campi bruciati dal gelo,
sul mare increspato e oscuro
e noi aspettiamo che arrivi
con la sua falce.
Des notes tombent dans l’air
soudainement
et le piano et le violon
caressent
mon âme seule.
Aujourd’hui je suis en plein solitude
et les arcs s’étirent vers le passé,
tandis que le piano vire
vers le présent,
je ne sais pas pourquoi.
Il aurait mieux valu
qu’ils aillent à l’unisson
parce que le passé est aussi le présent.
Je ne veux pas tourmenter moi même
avec cette mélodie dite et redite,
la solitude est triste pour tous
et les arpèges de mon âme
sont aussi les tiennes
lorsque les notes tombent ainsi dans l’air.
Sant’Agata dei due Golfi, le 15 janvier 2012
All’improvviso
delle note cadono nell’aria
e il pianoforte e il violino
carezzano
la mia anima sola.
Oggi sono in piena solitudine
e gli archi si tendono verso il passato,
mentre il pianoforte guarda
verso il presente,
non so perché.
Sarebbe stato meglio
che andassero all’unisono
perché il passato è anche il presente.
Non voglio tormentare me stesso
con questa melodia trita e ritrita,
la solitudine è triste per tutti
e gli arpeggi della mia anima
sono anche i tuoi
quando le note cadono così nell’aria.
Tu es triste
je ne sais pas pourquoi,
tu ne me le dis pas.
L’or est dans tes cheveux,
il ne s’oxyde pas
il reste luisant,
comme les oliviers
quand le soleil brille
dans les jours d’hiver.
La tristesse n’est q’un moment
quelquefois
et la joie revient quand mes caresses
apportent le sourire à ton visage
le sourire doux d’une nymphe,
le sourire des femmes
que j’ai connues dans ma vie
et qui me soutient maintenant
dans mon âge mûr,
avec des memoires joyeuses
et tristes.
Naples, le 16 janvier 2012
Tu sei triste
non so perché
tu non me lo dici.
L’oro è nei tuoi capelli,
non si ossida,
resta lucente,
come gli ulivi
quando brilla il sole
nei giorni d’inverno.
La tristezza non è che un momento
qualche volta
e la gioia ritorna quando le mie carezze
portano il sorriso al tuo viso,
il sorriso dolce d’una ninfa,
il sorriso delle donne,
che ho conosciute nella mia vita,
e che mi sostiene ora
nella mia età matura,
con ricordi gioiosi e tristi.
UN ANNO
A Paola, per una vita
Presentazione
di Silvana Lucariello
Sono grata a Giacomo Garzya per l’invito a presentare il suo nuovo saggio di poesie Un anno, non solo per la testimonianza di stima nei miei confronti, ma soprattutto perché mi ha offerto l’opportunità di riavvicinare e riesplorare il mondo della poesia che percorre dimensioni emozionali con quei tracciati che arrivano diretti “al cuore”. Per me che poeta non sono e che avvicino nel mio lavoro psicoterapeutico la complessità del mondo umano con i suoi numerosi volti, spesso cupi, indecifrabili ed invalidanti lo scorrere dell’esistenza, questo testo mi ha permesso di assaporare e ripercorrere itinerari interni con modi e linguaggi che solo la poesia può descrivere con efficacia. Leggendo il testo da subito si è immersi in uno scenario suggestivo e corposo, fatto di immagini, ma soprattutto di odori, sapori, colori e suoni in cui umano e natura si incontrano per consegnarci una miriade di stati d’animo dalle mille sfaccettature. Sullo sfondo di tutte le produzioni poetiche della raccolta, si staglia il dolore silenzioso e riservato dell’autore, cui è permesso accedervi in punta di piedi e con estremo rispetto. Il dolore che traspare nelle poesie di Giacomo Garzya ap- partiene a quella dimensione tragica dell’uomo che si interroga sul suo esserci nel mondo, sul mistero della vita e della morte, sul significato di esperienze e vicissitudini che po- polano l’esistenza di ciascuno, cogliendoci sorpresi, disperati o muti nel “patire” la vita. La nostalgia del passato, la forza delle emozioni, l’incedere superbo della morte nei sentieri della vita, si intrecciano nelle varie composizioni, lasciandoci rapiti nel riprovare e ritrovare atmosfere del presente e quelle del tempo che è andato: amore, solitudine, inquietudine, stupore, inganni, malinconia, condivisione, solidarietà e molto altro ancora si ritrovano nel testo del poeta. L’errare dell’uomo dentro e fuori se stesso è portato da immagini di luoghi e terre inondate dal sole, in cui sacro e profano si mescolano e si fondono nel Luogo della «terra madre, lì dove ha tutto origine». L’amicizia di affetti lontani e sempre presenti, il sorriso misterioso del femminile, la bellezza sconvolgente della natura, introducono l’autore in altri luoghi esterni ed interni che gli propongono il movimento incessante della vita che si condensa nel silenzio opprimente della morte. È quanto si ritrova nel componimento Il Buio nero nell’immagine della grotta di Pertosa o sotto S.Anna di Palazzo: «quando spengono le lampade, il silenzio assoluto al buio è opprimente, così deve essere dentro una bara quan- do si spengono gli occhi per sempre». Per l’autore il tempo scandito dall’orologio avanza con impassibile ineludibilità ed in esso giocano, come dentro le ma- glie di una sottile filigrana, il dolore della mancanza, della perdita, delle separazioni; il tempo interno, invece, rimane custodito nel presente vivo e costante della mente: potere della memoria, archivio della memoria, condivisione rappresentano le uniche sponde di spazio senza tempo, in cui passato e presente si coniugano nel «niente è morto». Tempo, spazio e memoria mi sembrano, infatti, gli assi portanti su cui Giacomo Garzya costruisce il suo linguaggio poetico dove il dolore di cui ci parla, e penso alla poesia Cinque anni, non arriva solo dalla mancanza, ma dalla tirannia dell’oblio che interviene inesorabile e con ritmo implacabile a consentire per chi rimane in vita l’amara e struggente consapevolezza della propria sopravvivenza. La carica emozionale che suscita la produzione poetica di Giacomo Garzya mi ha riportato alla mente l’intimo legame esistente tra poïesis e sogno, messo in risalto anche in numerosi studi psicoanalitici. Infatti, Jung in particolare, fra tutti gli psicologi del profondo, segnalando nel 1961 una significativa analogia tra poesia e sogno, scriveva nel suo saggio Simboli ed interpretazioni dei sogni che: «si ha l’impressione che nel sogno sia all’opera un poeta». Al riguardo mi piace ricordare un passo illuminante di F. Hölderlin in cui l’autore descrive mirabilmente la poesia come capacità di percepire in maniera nuova ed originale il mondo e le cose del mondo: «Quando il poeta, in tutta la sua vita intima ed esterna, si sente unito con il puro risuonare della sua sensibilità originaria, e si guarda intorno nel mondo, questo gli appare nuovo e sconosciuto; la somma di tutte le sue esperienze, del suo sapere, della sua intuizione, del suo pensiero, l’arte e la natura, come essa si presenta dentro e fuori di lui, tutto gli si presenta come per la prima volta e, proprio per questo, nuovo e indefinito, ridotto a pura materia e vita…». Nel sogno l’inconscio si manifesta attraverso costruzioni simboliche e metaforiche che parlano per immagini al sognatore ed individuano, se ascoltate, nuovi fronti e risposte ai problemi della vita; allo stesso modo, come ci ricorda Hölderlin, la poesia in quanto comunicazione e linguaggio, prefigura e consegna soluzioni originali agli interrogativi dell’uomo. Nel linguaggio della poïesis e del sogno si intrecciano metafore che si espandono e si rivelano in immagini che aprono uno scenario di orizzonti semantici, da cui è possibile creare una nuova trascrizione di se stessi e del mondo: entrambi in quanto pensiero-sentire vivo, rappresentano quel dinamico fluire che lambisce inesauribili sponde a nuove prospettive. Per dirla con Galimberti lo spazio del simbolo è il luogo della «parola-guida (Leit-wort) che non dice, non enuncia, si limita a mostrare una connessione, o meglio una vicinanza, una prossimità che custodisce una ricchezza di si- gnificati non contenuti dalla parola, ma in cui la parola è contenuta». In questo senso la parola, nella poesia come nel sogno, diventa da parola parlata parola psichica che rivela ed illumina le immagini, incontrando le cose e rinvenendone il senso che, come rileva Galimberti: «non è ancora del tutto spen- to nella parola». Il linguaggio “originario” della poesia e del sogno rimandano all’immaginazione creatrice, quale unità in cui l’esperienza stessa si muove e si svela; esperienza, come osserva Masullo, di un sapere simbiotico che precede la scomposizione della realtà in tanti variegati aspetti, in cui tutto, circolando in ogni parte, lascia emergere il Senso. Ritornando al tema del Tempo, tra i protagonisti delle poesie di Giacomo Garzya, mi sembra che l’autore intenda questa dimensione come collegamento tra cambiamenti, come legame tra eventi trasformativi della propria vita, densi di rinnovate progettualità. Il Tempo, da questo vertice di lettura, è l’accadimento con cui il nostro essere è invaso e scosso dalla differenza e dalle oscillazioni della vita; esso, come affiora con toccante profondità dalle poesie del testo, scompaginando le nostre continuità e certezze, porta in sé la percezione dolorosa della lacerazione e della rottura, ma anche il riavvicinamento alla vita ed all’ascolto delle differenti note del nostro esserci nel mondo. In tal senso il linguaggio della poesia e del sogno esplorano quella dimensione interna che coglie e dà forma ad emozioni, segnalando il richiamo ad una differenza che, se avvertita, è capace di parlarci e farci intravedere altri confini. Nella nostra epoca in cui è forte la tendenza a negare e ridurre le differenze, il linguaggio della poesia e del sogno esprimono in modi diversi, il desiderio della vita che, come osserva G. Gaglione: «non può che desiderare di differenziarsi e di continuare ad essere vita nel differenziarsi, proprio nel suo essere nel mondo e nella storia». Queste mie brevi considerazioni, sollecitate dalla lettura del testo Un anno, mi appaiono un importante e profondo invito a riflettere su quanto, specie in una epoca di disorientamento, possa costituirsi come autentico riferimento. Tale potrebbe essere quel Senso che sgorga dalla poïesis e dalle immagini del sogno, come nuova sondabilità alla significazione, in grado di riassegnare a ciascuno un orientamento interno che appare proprio nel momento in cui l’uomo si rivela a se stesso. Di questo sono grata all’autore.
Silvana Lucariello
Relazione
Un cerotto sull’anima. Un anno di Giacomo Garzya*
di Eugenio Mazzarella
Anche quest’ultima raccolta di Giacomo Garzya, Un anno, conferma il dettato poetico che gli è proprio, e che già Giuseppe Galasso individuava per tempo nella prefazione alla sua seconda raccolta di poesie, Maree, del 2001: la semplicità pensosa del dettato poetico, che non perde tuttavia vivacità nella compostezza del verso di “spontanea levità”. Così si esprimeva Galasso, e i versi anche di questa raccolta ultima confermano in pieno, credo, quel giudizio. Una poetica colloquiale che anche in questa raccolta, lo notavo già nella prefazione a Pensare è non pensare del 2009, ha il suo scenario e la sua metafora nella topica del viaggio, e in ciò che del viaggio – insieme paesaggio e scenario interiore – resta: lacerti di memoria, visioni che dilatano un istante, fanno spazio di un’intuizione (qui credo ci sia il fotografo, l’occhio del fotografo di Garzya); tracce che si consegnano a ricordi, a un ‘raccoglimento nel cuore’ di un vissuto, di cui quasi ci si sorprende di essere ancora capaci di vivere: la sorpresa di“un’altra notte/ e tu canti ancora/ la tua voce triste…/ tu che hai perso tanto,/ tua madre, tuo padre/ tua figlia” (Un’altra notte). Queste notti che sono ancora date dopo la perdita, cartografate, annotate, datate in Un anno ancora (e suona in questi versi una continua meraviglia di questo “ancora”) da “pellegrino su questa terra,/ che non è più tua/ dove il pian- to scava il tuo volto”(Saudade), queste notti dove “il quarzo dell’orologio avanza/ e allora altro non resta/ che aprire il meccanismo/ e mandarlo in frantumi” (Amici miei), dove “uscire dal dolore/ è il momento più bello del nuovo giorno” (Uscire dal dolore), sono le notti che restano dopo Cinque anni, che Fanny, la figlia adorata, non c’è più. Qui è difficile distinguere l’uomo dal poeta, forse non è neppure giusto, quando si è impegnati a “dimenticare per sopravvivere” (Cinque anni). Quando il cuore ti porta su un’immagine, una voce, un sorriso; e però, per non morire seguendo la tua personale Euridice in quell’immagine, in quella voce, in quel sorriso, su cui non riesci a mettere le mani, che non riesci più a stringere al petto, e solo ricordi come bambina correva a stringerti le ginocchia (Euridice, Campanule), per non morire, devi mettere la testa da un’altra parte; non cercare più nemmeno i gabbiani per parlare con lei, perché “danno troppo dolore” (Cinque anni). C’è un “cuore contratturato” (Il contratturato) in queste poesie. Ed è quasi un miracolo che da questa contrattura dell’anima possa sgorgare qualcosa, che “al suono arcano del mare” possa “scorrere vino verde nelle vene”, ad un piccolo tavolo, al Santa Cruz (si segna il posto, lo si nomina per la sorpresa) con amici (Portugal). Il vino verde, il colore della vita. Come possa ancora scorrere nelle vene, questa è la domanda, che lancina chi legge questi versi di “un naufrago senza speranza”, un puntino sempre più piccolo all’orizzonte; fantasma, naviglio dell’io che va lentamente a fondo (Naufragio). Com’è possibile? Balugina a un certo punto la possibilità della fede, in una fede che veda al di là della vita di qua, dove“il sole appassisce d’inverno”. Al Montedel Tem- pio, “solo su queste pietre/ è resurrezione dei morti”. Ma è un baluginio. Fondamentalmente, a sostegno del lento andare a fondo della propria nave, della propria arca di sopravvivenza di amore, di affetti e ricordi, inesorabile a scendere in un mare di cui non si conosce il fondo, c’è la filologia dell’al di qua, la lezione del padre, da cui si impara a distinguere la verità che si può distinguere, il primo alfa, dalla corruzione dei testi (Filologie). La trama degli affetti, e i suoi ambienti (Lecce sacra e antica, e la figura della nonna; Napoli segreta e antica, e le sue passeggiate), di un’anima epicurea, la densità pensosa che si fa spontanea levità di parola (penso alla biografia minima, dialogo conviviale, di Portugal, Via Veneto, Ciro). Insomma in Un anno, in queste poesie, Garzya è come se scattasse fotogrammi al suo vedersi vivere, e al suo veder viver, come homo patiens, quasi uno sdoppiamento che lo aiuta a vivere, che lo tira fuori dall’insostenibile (Homo pa- tiens). Una poesia che è un cerotto sull’anima; del poeta, e di chi lo legge e misura alle di lui perdite le sue perdite. Ma anche un insegnamento, che vorrei esprimere con una ci- tazione da Oscar Wilde, che era in quarta di copertina di Solaria (1998), il primo volumetto di versi di Giacomo Garzya: “Coloro i quali trovano nelle cose belle significati belli, sono persone colte. Per questi c’è speranza”. È questa capacità per la bellezza, di farsi cogliere da essa pur nella pensosa consapevolezza della sua fuggevolezza, prima ancora della capacità di coltivarla, che permette di cogliere, nonostante tutto, il senso di ciò che fugge: “l’attimo di sole” che “illumina il bello della vita” (Momenti di luce), che dà nomi e volti a una vita che il poeta sa di passaggio; che è un anno e che pure c’è dato, e va patito, e vissuto; più raramente gioito, “mentre la terra gira/ e porta con sé il pensiero di tutti” (La sfera).
Eugenio Mazzarella
* Relazione tenuta all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (Palazzo Serra di Cassano) il 7 febbraio 2014 in occasione della presentazione del volume Un anno.
RACCOLTA DI POESIE (NONA), UN ANNO
NAZARÉ
Camo͂es e i suoi Lusiadi
e l’Oceano mare
qui a Nazaré,
ciò che era ricordo.
Poi, quattro case,
una donna velata di nero
e barche tirate sulla spiaggia bianca
da corde, da nodose mani,
corrose dal salso
e dal fragore dell’onde,
che spinge a ricordare
il tempo andato.
Nazaré, 29 agosto 2012
PORTUGAL
Scorre il vino verde
nelle vene scorre
e riscalda gli amici
al suono arcano del mare,
che non ha confini qui,
in questa terra a occidente.
Noi testimoni lontani
dell’antico splendore,
il Mondego saliamo
fino a Coimbra,
fino al fado triste,
fino al chiarore dei ceri
del nostro piccolo tavolo
al Santa Cruz.
Coimbra, 29 agosto 2012
SAUDADE
La tua viola piange
la mia tristezza
e deterge il dolore
della solitudine,
è saudade la mia,
in questo tempio del fado
dove il tuo canto è il mio,
dove la mantella nigra
nasconde il tuo dolore
di pellegrino su una terra,
che non è più tua,
dove il pianto scava il tuo volto
e riflette lo spettro della morte,
la tua come la mia,
essa che a volte è in noi da vivi,
come con chi non è più
e in chi non sarà più.
Coimbra, 30 agosto 2012
COSTA NOVA
Tutta la rosa dei venti
a Costa Nova
e l’Oceano sferza le dune
e la sabbia sottile il viso
e tu cerchi invano la mano
come le labbra le labbra.
Tutta la forza è qui,
nel muggito del mare,
che parla di te
di te che vagheggi
il ritorno alla tua terra,
al tuo amore lontano.
Porto, 30 agosto 2012
UN’ALTRA NOTTE
Si accendono le luci
sul 25 de Abril,
dove il Tejo pigro
verso il mare spinge.
Un’altra notte
e tu canti ancora
la tua voce triste.
Si sente fino a Belem,
fino a Estoril,
fino in Brasile
che tu hai perso tanto,
tua madre, tuo padre,
tua figlia
e il tuo lamento
è accompagnato da corde
nella nostalgia dei sorrisi,
che accompagnano l’infanzia
fino alla morte.
Napoli, 4 settembre 2012
FERNANDO PESSOA DI LISBOA
Al Café A Brasileira,
con un Pessoa stravecchio di bronzo
e dall’alcool perennemente stravolto,
Porto di vent’anni ho bevuto
alla salute di un amico vero,
di una città vera, eclettica,
che corre con i suoi tram
verdi rossi e gialli,
nei saliscendi dei colli,
alla perpetua ricerca di se stessa.
Alla salute ho bevuto
dei tanti enigmi,
che puoi leggere nella sua poesia
alla salute delle brume del Tejo,
che fanno risaltare atmosfere
lontane, quando navi a vapore
urlavano sirene lungo il fiume
alla salute di noi che viviamo
ai bordi di un altro mare
solo apparentemente
più tranquillo.
Napoli, 5 settembre 2012
ROMA SPARITA
In una foglia di cacio supremo,
tagliolini al cacio e pepe
a Santa Cecilia
e un carciofo alla giudia carezzato
dal sole,
mentre la pioggia gradita
batte a Roma sparita,
nel ricordo di cari amici lontani,
ma mai così vicini.
Roma, 13 ottobre 2012
VIA VENETO
Brut Pommery noir al Doney Club,
mentre tu canti lodi al Signore
e la tua anima liberi
dal fardello degli affanni.
La mia anima epicurea, invece,
non comprende ancora
il tuo volo nel sacro.
Roma, 14 ottobre 2012
AMICI MIEI
Ho cercato di fermare il tempo,
ma ho avuto contro il diaspro,
tuttavia capace d’allontanare
il fantasma della morte
o quello d’un’Empusa ancella di Ecate,
dea questa d’incantesimi e spettri,
ai trivi giovane, adulta e vecchia.
Ho cercato di fermare il tempo
scrivendo al passato
parole sullo spazio finito
d’una pergamena,
ma infinito nel mio cuore.
Ho cercato di fermare il tempo,
ma il quarzo dell’orologio avanza,
senza requie avanza
e allora altro non resta
che aprire il meccanismo
e mandarlo in frantumi.
Napoli, 22 novembre 2012
NEGRITUDINE
Ho tra le mani
una madre e un figlio
scolpiti nel legno pregiato
e un pugnale vuole recidere
il legame indissolubile.
Che resti nel suo fodero
di cuoio antico,
non è più ora di tratta di schiavi.
Ho tra le mani
un vasetto scavato da millenni
nella dura e fredda pietra
– è arte ipermoderna –
ma resterà vuoto
fino a quando non accoglierà
le rare ceneri d’un giusto.
Ho tra le mani
gioiose collane d’osso
con cinghie di cammello
per serrare di baci il tuo collo,
o giovane donna nera
di Bobo-Dioulasso.
Napoli, 11 dicembre 2012
HOMO PATIENS
Posso solo percepire
ma non vivere il tuo dolore,
ma so che la tua dignità,
nel silenzio della notte,
è grande.
Come una candela
soffre a ogni soffio di vento,
tu vivi sotto l’alea del rischio
di non vedere più i tuoi paesaggi,
le tue Langhe, i tuoi cari volti,
in una prospettiva terrena.
Ciò mi causa molto dolore,
ma credimi, amico mio,
condividere il tuo silenzio,
ti renderà lunga la vita.
Napoli, 16 dicembre 2012
FILOLOGIE
Come non ricordare
le lezioni sugli archetipi
o sulle tradizioni manoscritte
nelle filologie paterne
e se alfa era alfa
così veniva tramandato
nei vari luoghi del mondo,
ma se veniva fuori l’errore
alfio nella copia,
se ne ripercorreva la via distorta
da un codice all’altro
in altri rivoli del mondo.
Allora se io dico alfio allo stolto
e alfio arriverà al compare
dello stolto,
la verità sarà alfio,
ma io conoscerò il canale,
il legame tra gli stolti,
nella commedia della vita.
Napoli, 18 dicembre 2012
MASADA
Come dimenticare
quel vento sordo sulla rocca,
un’inespugnabile rocca,
sul deserto e il Mar Morto,
simbolo di lotta.
Un Impero contro una fede,
un secondo Tempio abbattuto
e mille zeloti scalzi soli
sulla rocca d’Erode,
nel vento sottile delle candele
della notte,
mentre tu decima invitta Legione
incalzi con la rampa
e sali sali fino alle cisterne
fin su ai colombari
fino a togliere il fiato
alle trombe,
fino a cogliere il sangue suicida
di mille a Masada.
Né vinti né vincitori,
ma il ricordo imperituro
di un’espugnata rocca.
Masada, 1 gennaio 2013
MASADA
Giacomo Garzya is a contemporary Neapolitan poet and has another poem in these pages,
in the entry on the Sanità section of Naples. He recently returned from Israel, where he visited Masada,
the mountaintop stronghold in the Judean desert and site of a Roman siege in 73 AD to oust Jewish rebels.
The siege ended, famously, when the rebels committed mass suicide rather than surrender.
Garzya was moved to write these lines.
How to forget
that deaf wind
of the fortress rock
on the desert and Dead Sea,
unbreachable symbol of struggle.
Empire against Faith,
a second Temple thrown down,
a thousand lone and barefoot zealots
on Herod ‘s rock,
in the thin flickering wisp
of candles in the night,
while you, peerless Tenth Legion,
set foot up the ramp,
up to the cistern and dovecotes,
where the trumpets cannot breathe,
into the self-spilt blood
of the Thousand of Masada.
Not victors nor vanquished,
but the deathless memory
of the fortress breached.
—Masada, 1 gennaio 2013
(“MASADA” nella traduzione inglese di Jeff Matthews)
EIN GEDI
Quando lo sguardo domina
il deserto lunare di Giuda,
gli aspri promontori, la sabbia
e i sassi non possono che rievocare
la desolazione
dei momenti aspri di solitudine,
dove il silenzio è come la morte,
dove la torrida depressione
di questo mare blu cobalto
gli anacoreti spinge alla bestemmia.
Ma quando lo sguardo giunge
al giardino dell’Eden di Ein Gedi,
tutto è sconvolto dalle sorgenti perenni
e dagli aridi sassi è selva di palme
e dai wadi i nubifragi di acqua
inondano il volto della solitudine
di lacrime di gioia.
Ein Gedi, 1 gennaio 2013.
AL MONTE DEL TEMPIO
Dalla porta dei mercanti di cotone
al Monte del Tempio,
tutta l’aria pregna di incenso e mirra
la grande pietra dove fu creata la terra
onora, all’ombra della cupola d’oro.
Qubbet al Sakhra
questo è in arabo il suo nome.
Al Monte del Tempio
la pietra sacra di Abramo,
su di essa tutto pulsa, tutto è vivo
e niente è morto, neanche Maometto
che da qui ascese al cielo,
come Gesù dal Monte Santo
degli Ulivi.
Solo su queste pietre
è resurrezione dei morti.
Gerusalemme, 2 gennaio 2013
D’ARIA
Nel sole appassito d’inverno
cercavo il tuo sorriso,
nei colori di pietre amorfe
nella sabbia bianca circoncisa
dalle stelle marine
nei vetri lucenti della tua casa,
ma era lì travolto dalle onde del mare
nel risucchio della risacca,
lì in un sogno gravido di eventi
da me incompresi.
Perché non sei qui?
Perché non bevi la mia anima?
Napoli, 26 gennaio 2013
CIRO
Per il nostro piacere
cipolle a velo hai affettato
nel pianto, fino a farle
brillanti nel manzo dorato.
Il fuoco ha asciugato le lacrime
e al primo assaggio il tuo sorriso
compiaciuto ha approvato.
Paccheri trafilati nel bronzo,
infine, per accogliere
la tua genovese in sposa,
per la gioia tua
e dei tuoi cari amici.
Napoli, 27 gennaio 2013
VESUVIANA
Il tuo Vesuvio è donna
adagiata sui crateri,
sinuose le linee di fuoco
solari le curve oblunghe
sostengono arditi seni,
che guardano il cielo
e accarezzano i pensieri
travolti dalla tramontana,
che sconvolge fino a Capri
le nuvole.
Il tuo Vesuvio è donna
abbarbicata al nostro
essere soli, sospesa sul mare
azzurro del nostro Golfo,
protesa ad arco nelle viscere
della terra madre,
lì dove ha tutto origine.
Napoli, 30 gennaio 2013
CINQUE ANNI
Cinque anni dalla tua morte,
il pensiero di te travolta
da un crudele destino
è sempre bruciante.
La tua immagine
la tua voce
il tuo sorriso
sono sempre vivi in me,
ma quante volte devo
dimenticarti
per sopravvivere?
Ora non cerco più i gabbiani
per parlare con te,
mi danno troppo dolore.
Napoli, 3 febbraio 2013
L’11 FEBBRAIO
I passi nei pensieri perduti
sul bagnato fino alla Torre d’Ottavia,
il giorno in cui un Papa sceglieva il silenzio,
il giorno in cui il tuo sguardo era pensoso,
risvegliato solo dal profumo di buono
dell’antico forno, lì in un angolo del ghetto,
il giorno delle vìsciole e delle mandorle
sospese nell’etere come la manna d’Egitto,
il giorno in cui i candelabri spenti
urlavano dolore nella sinagoga,
quel dolore universale, eterno,
che potevi ritrovare nei secoli addietro,
un dolore di duemila anni,
che rintrona la mente nel triste ricordo
degli sterminii, dei pogrom,
sempre ingiusti agli occhi di Dio.
Napoli, 12 febbraio 2012
MAESTRI VETRAI
Lamine di rame argentato
cingono vetri soffiati,
sabbia marina.
Tu cerchi la luce,
ma è il buio della notte,
poi l’incanto d’una lampada
rischiara il tuo viso di donna
e il rosso melograno
s’irradia dai vetri infuocati,
e riscalda il quieto torpore
della stanza, il quieto torpore
dei tuoi capelli dorati.
Napoli, 18 febbraio 2013
LE TUE CATTEDRALI
Il riverbero caldo
sulle pietre delle tue cattedrali
lo puoi trovare
nei tramonti infuocati
di Giava,
quando con una semisfera
opalescente,
da sprazzi di luce gotica anticata,
tu dai anima alle forme
le più varie e contieni
il nulla nel tutto.
È in questo la tua arte
immaginifica, che porta
al sogno di realtà lontane,
ma che puoi trovare anche
al largo di Capri, lì dove
i faraglioni sono baciati
dalle ninfe e dalle sirene,
quando la palla di fuoco
s’immerge nel mare.
Napoli, 27 febbraio 2013
ICARO
E Icaro si librò nell’aria
e Icaro cercò ebbrezza nel vuoto
e Icaro ebbe sotto di sé il mare
e le isole e i monti e le nebbie,
la pangea tutta ebbe ai suoi piedi
e egli cadde negli strapiombi di nuvole
e egli cadde e annegò nel mare increspato,
ma il suo volo restò eterno fra gli uomini,
anche per te amica mia, che ne canti
le lodi e l’audacia su una lamiera mirabile,
non ancora ossidata dal tempo.
Napoli, 1 marzo 2013
(dopo aver visto “Icaro”, tecnica mista su lamiera,
di Daniela Pergreffi)
PSICHE
Su sete pregiate mollemente adagiata,
nel suo nudo corpo splendente,
fremente, arso d’amore,
d’incommensurabile amore,
Psiche accoglieva l’abbraccio di Eros,
era al tramonto l’amplesso
fino all’alba l’amplesso,
neanche ai principi era consentito
guardare in volto gli dèi
e ella mancò e lo perse il suo amore,
mentre l’allegro, il largo, l’allegro
dei tuoi violini Orfeo annunciava
la primavera e Persèfone
lasciava Ade per respirare
i profumi dei fiori.
E cosa non fece Psiche
per amare Amore,
finché non bevve l’ambrosia
e come Afrodite divenne immortale
e riabbracciò per sempre
il suo amore.
Napoli, 9 marzo 2013
EURIDICE
Il vento è un finimondo oggi
e i pensieri nei luoghi più lontani
trasporta, là dove svanisce
la realtà e tutto è etereo,
là dove la leggerezza dell’essere
ti porta a immaginare l’Ade
profondo e i pallidi asfodeli in fiore,
in un limbo lontano dal Tartaro
e dai Campi Elisi, in una terra
circonfusa di nebbie, dove tu
Euridice sei condannata a vagare
lontana da ogni amore, dal tuo
amore, segnata da un destino
amaro e crudele, che ti ha
strappata due volte alla vita,
perché due volte era scritto
che tu dovessi morire.
Il vento non si quieta oggi
e il ruggito del mare è il tuo
eterno disperato urlo.
Napoli, 18 marzo 2013
NAUFRAGIO
L’orizzonte è di quella nave
fantasma tra i flutti
nel lento suo andare a fondo,
pure tu sei all’orizzonte,
un puntino che annaspa,
che cerca la terra salda,
che cerca la roccia
sicura àncora d’approdo.
Ora sei un puntino sempre
più piccolo
un naufrago senza speranza.
Questo succede quando il vento
vola contro,
quando è avverso il destino.
Marina del Cantone, 7 aprile 2013
MOMENTI DI LUCE
I capricci del sole
ondivago come i tuoi capelli
mossi dal vento del mare,
che oggi carezza a folate
una superficie di lago,
riflettono l’umore dell’animo,
che ama cullarsi nel nulla,
consapevole che tutto è affidato
al caso, all’ineluttabile,
imprevedibile caso,
che gioca come il sole oggi,
contro ogni meccanicismo
dell’esistenza, nel segno
di un destino già scritto.
Questo sono io,
mentre tu respiri, in balia dell’incerto,
quell’attimo di sole,
che illumina il bello della tua vita,
il bello della nostra vita.
Marina del Cantone, 21 aprile 2013
LECCE SACRA E ANTICA
Perdersi nelle corti, nei vicoli
e trovare la preghiera a ogni passo,
in cappelle e chiese antiche,
ti porta a respirare la calda pietra
di qui, il barocco leggero,
che stordisce per le note degli archi
nel tono leggiadro dei timbri,
ti porta a giocare coi putti,
che corrono lungo i balconi delle case,
ti porta ai ricordi dell’infanzia,
quando la nonna ti parlava di segreti,
disegnando antiche storie.
Perdersi nelle corti, nei vicoli
è aprirsi al bello delle piazze,
che sorprendono ancora di più
ai lampioni della sera, quando
il giallo della tua pietra canta
di nuovo, fino alle prime luci
dell’alba.
Lecce, 27 aprile 2013
CALMA PIATTA
Aspetti la pioggia,
che rompa una giornata priva
di corrente,
tutto è fermo, grigio, senza sole,
ma le gocce non arrivano a bagnare
la tua nudità interiore,
la pelle liscia del tuo viso
priva delle rughe, che vengono
dai pensieri più riposti,
perché per te è lontano il luogo
della poesia, il solo suo pensiero,
perché tu non riesci a vivere
l’emozione, che puoi trarre
da un giorno piatto,
senza pioggia né sole.
Napoli, 12 maggio 2013
UNA DONNA
Nei meandri della memoria
cerco il tuo volto scolpito
nel girasole,
un colore pieno della tua gioia,
della tua radiosa bellezza,
che non si scorda,
come un arcobaleno, che si apre
al sorriso, sopra ogni malinconia.
Napoli, 15 maggio 2013
QUANDO TUTTO È CADUCO
Come è vero
che la vita è legata a un esile filo,
nato da una corda robusta,
che si assottiglia sempre di più
col tempo, fino a spezzarsi,
o che si frantuma nel fiore degli anni
per un avverso destino.
Allora è meglio non pensarci
e vivere il viaggio della vita
nell’abbraccio dei paesaggi
dell’anima,
nell’abbraccio affettuoso
degli affetti veri,
anche quando non sono più,
anche quando si sfilacciano per sempre.
Napoli, 19 maggio 2013
NARGHILÈ
I tuoi occhi cercano i miei
mentre una lente ingrandisce
le tue pupille,
che osservano, come in sogno,
volute di melassa e virginia,
mentre tutto brucia lentamente
mentre tutto è confuso nella luce,
che filtra dalle imposte di una stanza,
qui nella vecchia Gerusalemme,
città di incenso,
di odori acri e intensi.
I tuoi occhi cercano i miei,
si annebbiano nei miei
tra le volute di fumo
di un narghilè,
mentre il tuo corpo è confuso
col mio.
Napoli, 24 maggio 2013
NOSTALGIA
Il vuoto e l’inquietudine
sono in te per un desiderio
mai abbandonato
e aprono alla nostalgia
per qualcosa che non hai
mai posseduto,
un viaggio rinviato,
mai realizzato,
quello nella mente,
che vaga nel nulla.
Napoli, 26 maggio 2013
IL BUIO NERO
Il buio è impenetrabile
nella grotta di Pertosa
o sotto Sant’Anna di Palazzo
quando spengono le lampade,
il silenzio assoluto al buio
è opprimente,
così deve essere dentro una bara
quando si spengono gli occhi,
per sempre.
Napoli, 27 maggio 2013
USCIRE DAL DOLORE
Uscire dal dolore
quando le frazioni di un minuto
sono come ore e tu hai smesso
di sognare la fine del mondo
e ti sei svegliato di soprassalto
e non riesci più a dormire
e sei costretto a pensare,
quando le frazioni di un minuto
sono come ore
e tu vorresti sbattere i pugni
contro il muro
perché arrivi l’aurora e l’alba e il giorno
perché arrivino subito in modo che
la luce ridia senso alla realtà delle cose,
uscire dal dolore
è il momento più bello del nuovo giorno.
Napoli, 28 maggio 2013
LA SFERA
Gira vorticosamente la sfera,
è la tua testa invasa dall’alcool
o la mia persa nei suoi pensieri?
Gira vorticosamente la sfera,
è il tuo viso inebriato
per il mio sorriso
o il mio soffocato dal turbinio
dei tuoi baci?
Pure la terra gira
e porta con sé il pensiero di tutti.
Napoli, 4 giugno 2013
ZAGARE
Nel cuore di questo maggio
rigido come fosse inverno,
dove la pioggia accentua gli odori,
sei affondata nello sfavillio bianco
di candide zagare,
bouquets virginei,
che splendono nel loro profumo,
in un’isola ferace, fatta di tufo.
A te Graziella, prossima sposa,
San Michele Arcangelo regala
un perpetuo fiore d’arancio,
intenso come un tramonto rosso
alla Corricella,
come un bacio fuggente
fatto di oli essenziali d’Oriente,
che non si possono dimenticare.
Napoli, 5 giugno 2013
UNA SERA AL TIVOLI
Eri un puntino lassù
a ottanta metri da terra,
le luci di Copenaghen
ai tuoi piedi
mentre giravi come una trottola
felice di stupire te stesso
felice come un bambino
per la marachella gravitazionale,
che eccitava tanto gli amici.
Eri un puntino lassù,
piccolo de Saint-Exupéry,
per fare felice tua figlia,
tra le vaghe stelle
la più lucente,
che sulla terra aveva sognato
la Patagonia
e i viaggi nell’America del Sud.
Napoli, 20 giugno 2013
CAMPANULE
A Fanny
Nel giorno del Battista,
eri rinata al sole dell’estate
e le aiuole e le bordure
del tuo giardino
si offrivano ai tuoi inchini,
quando coglievi
l’azzurro, il viola,
il porporino
di mille piccole campane,
che suonavano poi a festa
per la gioia del tuo sorriso,
del tuo sorriso di bimba
innocente,
quando correvi intorno felice
per abbracciarmi le gambe.
Napoli, 24 giugno 2013
IL CONTRATTURATO
Seduto a gambe incrociate
alta la tensione dei tendini
i muscoli come pietre
le braccia conserte
scriba di una qualche dinastia,
hai il cuore contratturato,
di pietra,
come quell’uomo,
che vidi seduto sulla sponda
di un canale,
gli occhi fissi nel vuoto,
nel vuoto della sua anima.
Napoli, 1 luglio 2013
LA PARTENZA
Ancora quattro giorni
la valigia è lì sul divano
impaziente a partire
funzionale
alla riuscita del viaggio,
quando la tua mente
è già lì tra le Ande.
Le rotelle sono pronte a scattare
sui tapis roulants
degli aereoporti,
ma il tuo pensiero è altrove,
tra le nuvole del lungo volo.
Napoli, 2 luglio 2013
MACHUPICCHU
L’Urubamba
intorno alla tua storia gira,
come un serpente,
che dall’oltretomba
l’acqua porta negli abissi,
intorno al Waynapicchu,
che guarda ancora più in alto
il Machupicchu
lo spirito incombente della montagna
vero dio incarnato,
che dà il nome
a questa terra del puma e del condor,
della madre terra e del cielo.
Sì, l’Urubamba
è proprio un serpente,
che gira tra gli strapiombi della materia
per toccare il divino nella fertile
valle del principe Inca,
dove la tua anima si purifica
con l’acqua di sorgenti perenni,
che cadono dai ghiacciai
delle montagne tutte sacre intorno.
Tutto è così rarefatto
e l’aria appena si respira,
nel nome di una vita di passaggio,
nel segno dell’aria, della terra,
del fuoco dei vulcani
tanto temuti dagli Inca.
Machupicchu, 11 luglio 2013
LA CRUZ DEL CONDOR
Nelle profondità del Colca
le ali plananti dei condor
hai incontrato
e più in là aquile reali e imperiali
a sostenere il tuo braccio,
così hai volato per le cime e per i passi
alla ricerca del tempo passato,
così hai volato sulle Ande
per giungere alle linee di Nazca,
così vicina al Pacifico,
così lontana dal tuo piccolo mare,
così universale nei suoi misteri,
che possono cogliersi solo dall’alto,
battendo le ali
come quell’astronauta
di un pianeta remoto,
scolpito nel cuore della montagna.
Paracas, 18 luglio 2013
SALINA
Volevi catturare lo sguardo
per sempre,
ma si era al tramonto,
e quei pochi istanti
e le scarse parole
tutto rendevano fuggevole,
incombendo la notte.
Il tempo divora il cuore,
sconvolge immagini remote,
ma non quelle di una vestale,
che incontrasti in un giorno
di gioia, lí nella baia
di Pollara.
Lipari, 11 agosto 2013
A LIPARI
Il sonno era dolce
sulla cresta dell’onda
e i fondali bianchi
di pomice
e la trasparenza dell’acqua
davano un senso di pace.
L’acqua cullava il tuo sogno
perso nell’abbraccio
di un amore lontano,
un senso di pace
in un’isola che era stata
di fuoco.
Non cosí Stromboli,
il cui mare cupo
nero di pece, inquieta,
sotto il rombo delle esplosioni,
la sciara incandescente,
come negli inferi.
Lipari, 12 agosto 2013
SECRET AND ANCIENT NAPLES
In the heart of magic Sanità
sunken mysterial voices
of animulae vagulae et blandulae*
from deep Cumaean chambers hewn with blood
from wounds of ancient hands
invade the mind.
It flees in surprise and disbelief
to the aspidistra and red fire of camellias,
to the paths of lemons, plums and mandarines –
the true joy of this secret garden.
By soft dim torchlight on a fair summer’s eve
in these depths of most ancient Naples,
this hallowed spot – serene, unexpected, still –
laden with history in apotropaic rock.
The solid blocks, grave and low,
intone their tales, their memories –
radioactive, electric, eternal, through the ages
like the poetry of ancient Greece
in a world both formed and unformed,
like the voices, the thread between life and death,
between pagan beliefs and Christian.
*The Latin phrase (line 3) is proverbial in Italian and left untranslated in the poem.
It is from Hadrian’s poem that starts «Animulae vagulae et blandulae / hospes comesque corpis…» – roughly,
«Little souls, wandering and faint /guests and companions of my body…».
(Poem of Giacomo Garzya translated by Jeff Matthews)
NAPOLI SEGRETA E ANTICA
Nel cuore della Sanità magica,
voci misteriche sommesse
di animulae vagulae et blandulae,
dal profondo d’un antro cumano,
scolpito col sangue da mani antiche ferite,
la mente sorpresa invadono e questa, inquieta,
incredula, scappa e il pensiero attonito rivolge
alle aspidistre, al rosso fuoco delle camelie,
che la strada aprono
a limoni aranci cachi e mandarini,
vera gioia di questo segreto giardino.
Alle luci delle fiaccole soffuse,
in una tiepida sera d’estate,
questo chiostro sereno, inaspettato, silente,
di millenaria storia pregno,
che incontrare puoi
nel ventre della Napoli più antica,
il senso dà del passato,
fatto di tufo apotropaico,
di blocchi di pietra squadrati, solidi,
che con toni bassi e gravi sussurrano
di antiche memorie e di antiche storie.
Radioattivi, elettrici, eterni, da reggere secoli,
come i versi dei poeti greci,
in un mondo fatto di corporeo e incorporeo,
di voci che tengono il filo tra la vita e la morte,
tra credenze pagane e cristiane.
(Giacomo Garzya, Poesie, D’Auria Editore, Napoli 2011, p. 346)
UNA SPECCHIERA
A FANNY SETTE ANNI DOPO
I lineamenti puri
del tuo volto
della tua anima
sono sempre impressi
nella mia mente
e non si confondono
nel vento che ora soffia
in cima al nostro monte
con la sua Via Crucis,
che tu hai fino in fondo
percorsa con la tua fede,
forte come il granito,
indomita come i faraglioni,
che scorgo con i tuoi occhi
velati dalle nebbie della morte.
Monte Costanzo, 8 febbraio 2015
Prefazione
di Aurora Cacòpardo
Giacomo Garzya sembra un poeta della classicità greca, comparso per caso in questo secolo, in un periodo di crisi umanistica e di valori, e ricorda la stirpe di poeti pagani, che da un luogo appartato contemplavano le stagioni, la natura, gli animali, i fiumi insieme alla dolcezza degli amori, alla voluttà della carne, alle inquietudini dell’anima e soprattutto allo scorrere del tempo:
“su quella linea / che divide il possibile / dall’impossibile,
/ si demarca la tua voglia / d’amare una ninfa, / che è lì sulla battigia, / lì al sole tra l’acqua e la terra / tra l’orizzonte e il cielo…”.
In tutta la raccolta di sessantadue poesie (più quattro traduzioni in inglese di Jeff Matthews) circola sovente una riflessione malinconica ma non sconsolata perché è innestata nell’albero della vita, la cui impronta è una barca che naviga oltre l’estuario dell’esistenza, per alcuni, per il Nostro oltre i mari del tempo e dello spazio, come cantava il grande mistico e poeta spagnolo Giovanni della Croce. La parola per il poeta è l’incontro tra luogo e tempo. Il mare è il labirinto ed è la ricerca della quiete; la navigazione è la metafora della vita che procede ora su mari tranquilli, ora in mezzo a tempeste. La malinconia non è mai una resa, per Garzya, bensì è piuttosto consapevolezza. Il sentimento del tempo che cammina tra le pieghe dei giorni e si fa memoria è un sentimento che ha attraversato tutto il ‘900 caratterizzando quelle metafore di straordinaria valenza estetica ed esistenziale. Molte poesie di Giacomo Garzya sono racconti marini e inni all’amore. Il lettore conoscerà il silenzio dei porti, lo stridio delle rondini e dei gabbiani, le voci dei pescatori, le voci degli amanti, conoscerà il terribile vento di scirocco, vedrà tutti i colori del mare: azzurro, blu, verde, nelle cui acque annegherà i suoi pensieri talvolta sconsolati. Il lettore godrà anche della limpidezza di un’alba come soffrirà della nebbia che tutto vela od offusca il cuore. Giacomo Garzya è come un viandante: si racconta, si dà un senso in un viaggio che diventa metafora del tempo. È un tempo che si raccoglie tra gli scogli della memoria che reci- ta le parole con le quali recupera il senso e il perduto. Nella poesia Lo spazio offre l’interpretazione della propria espe- rienza al di fuori del tempo e della storia come esperienza assoluta dell’uomo. Affida, quindi, al suo vissuto biografico un significato che riguarda tutti recuperando una funzione sia alla poesia sia alla sua figura di uomo dolente:
“…e se è vero / che la memoria / non ossida il tempo / è anche vero / che il luogo amato / caro è / a ciascuno di noi
/ e resiste all’oblio”.
Nella poesia che dà nome alla raccolta, Una specchiera, tutto sembra fuggire e scomparire, primo protagonista il tempo che muta e tutto fa mutare, come se la storia avesse smarrito il suo ritmo lineare e continuo. Avvertiamo la divinità nascosta del tempo, un passo misterioso e uniforme che spegne tutte le differenze tra il prima e il poi, tra passato e presente. Ma c’è anche la nitidezza della luce:
”quando i campi sono battuti / dal sole / in un’orgia di luce e di vento / in un’orgia di vita”.
Quasi alla chiusura del libro tre poesie sono dedicate a Vienna, a Trieste ed alla sua Bora e al mito ed alle figure del mito che hanno evocato nel poeta tempi lontani : Saba, Svevo, Joyce, Kafka, Freud, Musil. Poeti, scrittori che hanno tramandato un pensare mediterraneo e poeti che sono rimasti dentro le maglie di una idea di consapevolezza ed il luogo e la memoria sono un incontro fatale che non solo si percepisce per un rimando di tempo ma si vive come una interiorità che diviene esperienza storica ed espressione di una malinconia. Il viaggiare per un poeta di confine o di frontiera come Saba ha sempre rappresentato un penetrare l’anima di un inquieto esistere tra gli urti della storia;
”nella mia giovinezza ho navigato / lungo le coste dalma- te”…
I versi di Saba, che risalgono alla raccolta Mediterranee scritta nel 1946, sono un penetrare la metafora e la realtà del viaggio. E la storia è dentro il vissuto, è l’esistere dell’uomo in un confronto con le civiltà. L’omerico senso del “ritorno” ed il dantesco peregrinare alla ricerca di un “oltre” chiudono la suggestiva raccolta poetica di Giacomo Garzya tra il mondo mitteleuropeo e le onde del suo Mediterraneo, in un cielo di azzurri voli che trasportano nostalgie, sogni, l’amore per una donna e talvolta incantesimi.
Aurora Cacòpardo
RACCOLTA DI POESIE (UNDICESIMA), UNA SPECCHIERA
VIVERE (PRIMA PARTE)
UNA MARINA
Nel cantuccio
del tuo cuore ribelle
all’idea del nulla
combatti le tenebre,
che sovrastano i gabbiani in lotta
per un cefalo che arrendersi
alla morte non vuole.
E il mare cresce
e i colori della tempesta,
quasi spenti dalle nuvole,
coprono i dispiaceri della tua vita.
Si vuole vivere alla luce del sole,
non si vuole morire.
Marina del Cantone, 23 marzo 2014
PER CAPRI
Il sole tiepido
sul lento incedere della nave,
i rilievi incombenti sul mare,
il Vesuvio lì a poppa sovrano,
tutto dà senso
a una solitudine ancestrale,
appena mossa dallo sventolio
d’una bandiera logora.
Una solitudine che il presente
fa contemplare
e che è già dopo
quando si entra nel porto,
sferragliando l’ancora
nei fondali verdi e azzurri
dell’isola.
Capri, 30 marzo 2014
LE VIE DELL’AMORE
Manarola
anche qui a Marina di Praia,
le mani strette nelle mani
lungo il cordolo roccioso
strapiombante sul mare.
Il sorriso genera un bacio,
il bacio un altro bacio,
mentre pescatori lanciano esche
nel sordo rumore della risacca.
Qui è tutto un susseguirsi di torri,
da Cetara a Conca, al Fornillo,
fino alla Campanella
rupe di dei.
E i baci degli innamorati
si modulano secondo il vento
e l’onda del mare,
mentre tu godi le rocce
frantumate da verdi cespugli,
che sorridono al sole.
Marina di Praia, 6 aprile 2014
QUESTO È GIÁ UN VIVERE
Il brusio della strada,
volute della tua sigaretta
nell’aria libera di questo giorno
di primavera,
tu distratto dal Fernet Branca
bollente come la tua vita passata,
il brusio della strada,
che rompe il tuo essere solo,
seduto a un tavolino di un bar
con un amico che non parla,
ma che ascolta quando mormori
il tuo silenzio,
questo è già un vivere.
Napoli, 11 aprile 2014
SENT’ CÒ
La pioggia improvvisa
a Sent’ Cò
il via vai frenetico dei gabbiani
muovono l’immobile
ciò che è fermo da un pezzo
dall’ultimo scampanio della chiesa,
quando un pallido incerto sole
preannunciava l’arrivo dei tuoni
nello stretto di Procida.
Tutto è inquieto
in questa siesta piovigginosa,
anche il pensiero di te lontana,
anche il mare piatto come
una tavola,
anche l’edicola della Madonna,
che sovrasta lo sguardo senza vita
del figlio deposto.
Procida, 13 aprile 2014
GRAZIELLA
Nell’arcobaleno delle case
e dei vefi
invano cercavo il tuo volto
di madonna, tu avvolta
in un mantello blu
costellato di gigli di Francia.
Oggi solo il tuo fantasma
vaga tra le ripide scale,
che precipitano giù
alla Corricella,
e il tuo sorriso apparirà
nelle notti di luna piena
e addolcirà quest’antico
e variopinto borgo di pescatori.
Procida, 21 aprile 2014
VALERIA
La pioggia batteva
e l’unico rifugio era quel bar
che dava sul Vesuvio
e su Capri,
il bar della Tennent’s
e di Valeria,
che amava la poesia
le belle storie
e gli anni giovani della vita,
lei giovane e bella,
tuttavia conservando
negli occhi un velo di tristezza,
un non so che di triste,
che si confondeva
col non colore dell’acqua,
ma quando questa si scontrava
col sole,
un riflesso argenteo
leggevi negli occhi
scuri come il castagno,
un riflesso argenteo
fatto di viva intelligenza
e luce interiore.
Napoli, 22 aprile 2014
VALERIA
In the rain
sole refuge that bar
looking at Vesuvius
and Capri
the bar of Tennent’s
and Valeria,
lover of poetry
beautiful stories
and the years of youth in life,
young and lovely
yet with a veil
of sadness in her eyes,
that I know nothing of,
sadness colorless
as water,
yet when struck
by the sun
gives back silver
you read in her eyes
chestnut dark
the sparkle of silver
lively mind
and inner light.
(trad. di Jeff Matthews)
MONTALTO
La linea marcata
dei tuoi occhi
sovrasta Montalto,
il monte magico
della tua giovinezza
e i ricordi legati erano
allo scalpiccio dei ciottoli
e al mormorio del mare,
che levigava la tristezza
del tuo essere sola,
sola non agli occhi di Dio,
ma a quelli degli uomini,
che spesso dimenticano
il bene che hanno,
le calde braccia
quando stringono i corpi,
le labbra
quando incrociano le labbra.
Marina del Cantone, 25 aprile 2014
IL TEMPO
La clessidra è implacabile
come la meridiana
come il libro d’ore della preghiera.
Tutto scorre, la sabbia fine
come la nostra disarmonia.
Il presente è già passato
e è già futuro,
ma quale futuro?
Quello che è già passato.
Napoli, 28 aprile 2014
LO SPAZIO
I siti
i luoghi
per chi vi nasce
per chi li vive,
evocativi sono
di noi uomini,
per noi esistono
come il tempo
e rammentano
emozioni
antichi e nuovi amori
antiche e nuove storie
e se è vero
che la memoria
non ossida il tempo,
è anche vero
che il luogo amato
caro è
a ciascuno di noi
e resiste all’oblio.
Napoli, 29 aprile 2014
IL COMMIATO
Il riflesso dei suoi occhi
in una vetrina
di via Farini
era sfuggente,
non voleva cogliere
la bellezza interiore
di un uomo,
cercava la fuga
dall’innamoramento,
scappava la paura
del giorno triste
per le nuvole buie,
scappava la paura
di un bacio
di un abbraccio
che potevano cambiarle
la vita.
Bologna, 3 maggio 2014
SAN PETRONIO
Le note di un’aria
salivano nella piazza
una piazza centrale
di una città centrale,
tutto era garbato
la gente
i tavolini dei bar
persino i colombi,
che raccattavano
frammenti di cibo
di qua e di là,
e quella giovane
dal collo lungo, esile,
sorseggiava il suo calice
d’uva, all’ombra
di San Petronio
sotto lo sguardo concupiscente
dei maschi.
Delicata come il suo Traminer,
era dell’Est, dell’Ovest?
Non importa,era una donna.
Bologna, 4 maggio 2014
UNA NINFA
Su quella linea
che divide il possibile
dall’impossibile,
si demarca la tua voglia
d’amare una ninfa,
che è lì sulla battigia,
lì al sole tra l’acqua e la terra
tra l’orizzonte e il cielo.
Il possibile e l’impossibile insieme
nel dolce rumore del mare
nel dolce bacio degli amanti
in una giornata di primavera.
Marina di Praia, 18 maggio 2014
IN PENOMBRA
Schivava negli occhi
la penombra della stanza
cercava un filo di luce,
lei che amava il sole
lei che aveva vissuto la sera.
Quel filo di luce filtrava
e una speranza dava
quella di vivere il suo essere
in pieno giorno
lontana dagli inganni
dei chiaroscuri
lontana dalla melanconia
dalle tristezze della vita.
Napoli, 20 maggio 2014
PARTIRE
L’estate era alle porte
e il tuo desiderio era partire
abbandonare le abitudini
i soliti cuscini
il solito letto
il grigiore del tempo incerto
le solite strade di una città
studiata a memoria
abbandonare i pensieri tristi
partire
abbracciare il nuovo
sorridere al sole
al sorriso di un volto
mai visto prima
al sorriso sconosciuto
di terre remote.
Napoli, 21 maggio 2014
UNA VERGINE
Aveva cercato nelle ragioni
della sua esistenza
il suo apparire
il suo non essere
e i seni gonfi di desiderio
come le magnolie in fiore
erano solo
nella sua immaginazione
per uomini improbabili
perché da lei
vissuti solo in sogno.
Ma ora voleva essere,
voleva cercare
nelle pieghe dell’esistenza
di vivere almeno una volta,
di essere una donna
di essere turgida
nella sua trattenuta verginità,
voleva provare l’ebbrezza
dei sensi
che solo l’amore può dare.
Napoli, 2 giugno 2014
UNA FENICE
Il suo sguardo
o quello che si credeva
fosse il suo, incantava,
fresche di rugiada
le sopracciglia
come petali di rose
appena sbocciate
schiudevano l’anima
profonda,
come il mare nero quando
è battuto dal maestrale.
Napoli, 4 giugno 2014
LA PIAZZETTA
L’orologio della torre
scandisce ogni quarto
il tempo e insieme
la preghiera silente
di Suor Serafina di Dio
per questo chiassoso
pagano ritrovo di gente
di ogni colore.
Ogni quarto è anche
la misura del tuo tempo
tu che aspetti impaziente
il tramonto
per stringere le braccia
della tua amata
fino ai primi rintocchi
del nuovo giorno.
Capri, 7 giugno 2014
L’ATTESA
Eri comparsa
sull’uscio del mare
così, senza bussare
e l’attesa del naufrago
era stata lunga,
anni mesi giorni.
Eri comparsa
in punta di piedi
e i raggi del sole
lambivano i tuoi capelli
increspati dal vento salso
del mare,
eri comparsa per dare
gioia
e portavi dentro
il tuo dolore di donna
ferita.
Marina di Praia, 22 giugno 2014
SUZHOU
I tuoi occhi verdi di giada
i tuoi capelli neri di seta
lunghi come il tuo collo
ornato di perle
splendono nei giardini
di Suzhou
e il tuo gentile sorriso
riempie il sole di gioia
dà vita ai cormorani
del fiume
pone fine alle lacrime
di chi ha visto appassire
un loto in fiore
di chi ha perso un amore.
Suzhou, 19 luglio 2014
SUZHOU
Your eyes green with jade
you hair silken black
as long as your neck
adorned with pearl
sparkle in the gardens
of Suzhou
and your gentle smile
fills the sun with joy
and gives life to cormorants
of the river
puts an end to the tears
of him who has seen
a lotus blossom wilt
him who has lost a love.
(trad. di Jeff Matthews)
POECYLIA
La porta aperta verso
l’infinito
fatto di salti di macchia
pastello multicolore
come le pareti scheggiate
di rubro corallo
e tempestate di lanterne,
che infondono calore
all’anima,
tutto fa pensare a te
che comandi le rotte
nella notte stellata
di San Pietro
mare nostrum
del nostro destino.
Punta Becco, San Pietro, 27 luglio 2014
UN AMICO
Qui ai confini dell’Ovest
a un colpo di vento
da Capo Sandalo
dove troneggia il faro,
il tuo regno incorrotto
di elicrisi mirti assenzi
sul precipizio della scogliera,
che vede le tempeste
nascere crescere morire
quando incalza il maestrale,
che ti ha portato qui
da mari lontani,
dal golfo del Messico,
dal mar Rosso,
dal Dodecaneso,
dalle Cicladi,
tu che ne esploravi i fondali
ignoti
alla ricerca di te
e della natura divina dell’uomo.
Punta Becco, San Pietro,30 luglio 2014
UNA SPECCHIERA
Guardavi a uno specchio
opaco consunto dal tempo
il tuo viso segnato
dalla luce di un lume,
ma il tuo sguardo
scappava subito le rughe
profonde
per tante infinite notti
a pensare ai lunghi anni
felici
falciati in un istante
da una forza crudele,
come quella che falcia
le amate spighe di grano
in un giorno d’estate,
quando i campi sono battuti
dal sole
in un’orgia di luce e di vento
in un’orgia di vita.
Punta Becco, San Pietro, 31 luglio 2014
COLORI A SAN PIETRO
Una madrepora azzurra
hai portato da mari remoti
libertà degli abissi
e di affetti profondi, quelli
che ti hanno spinto
a colorare il blu del tuo mondo
con ocra rossa e gialla
caldi colori che si fondono
col sorriso degli arbusti
al tramonto del sole
e che rendono dolce
la tua solitudine.
Punta Becco, San Pietro, 1 agosto 2014
DA CAPO ROSSO
Cercavi tra le rocce
strapiombanti sul mare
i falchetti che avevi trovato
all’estremità nubiane
e ravvivavi il ricordo
del dio Falco,
di tante dinastie testimone
di vita e di morte.
Dall’altro capo Carloforte
e le saline
dei fenicotteri rosa
pur essi di egizia memoria
che trasmigrano con i falchi
la tua anima tormentata
a calette tranquille
prive di storia
se non quella di pescatori
e pirati
ma dove la notte esplorare puoi
la via lattea
nel piú grande nitore,
nella piú grande assenza di luce.
La Caletta, San Pietro, 2 agosto 2014
PUNTA NERA
Il grecale da Sant’Antioco
fredda Punta Nera
e riverbera un gioco di venti
quando improvviso
subentra il maestrale
spingendo le vele
contro le rocce
dove tu distesa
preghi lo scirocco di sud-est,
per riscaldare il cuore,
questo è il mare sardo
audace mutevole
come tu donna, che cerchi
l’amore nel mare
dove nacquero le tue figlie,
dove nacque Afrodite.
Punta Nera, San Pietro, 16 agosto 2014
LIANA
a Paolo Sandulli
Un busto di donna
scovai nella torre
alla Marina di Praia,
una madonna antica
minoica
oppure orientale
della Cina lontana,
il viso dolce di biacca,
spugna di mare
rosso porpora la chioma,
una divinità,
che regge ora
le sorti della casa
come i sacri penati
di antica memoria.
Miliscola, 7 settembre 2014
DA AMICI
Un noce
un ciliegio
un alloro
confortano il tuo agreste
bucolico manso di terra,
a un passo da San Barbato
longobardo maniero,
che guarda
la valle del Sabato
fin su a Montevergine
dove il beato Giulio
bianca tonaca
di San Benedetto
pace dá tutt’intorno
fuori dall’odio
di feroci lontani
teatri di guerra.
Candida, 14 settembre 2014
PER FRANCESCO CIOFFI
Il tuo viso segnato
dalla salsedine,
che corrode la carne
ma dà forza allo spirito,
fiorisce pensieri pudichi
arroccati sulle spume
di Jeranto,
come antico filosofo
della natura,
che dà senso alla vita,
all’arte fatta di scorci
di faraglioni
solo dalle foschie violati,
di sirene probabili
in questo mare caro al mito.
Il tuo viso scavato
di ricordi vive
di una vita trascorsa sul mare,
quando tutto intorno decade
per l’accidia degli uomini
per l’insensato odio
che hanno di sé.
Marina del Cantone, 5 ottobre 2014
DOLOMITI
Il sole filtra tra pini, larici,
abeti rossi
su baite antiche di pietra
e come serpente
porta la strada
fin su al passo,
Rolle si chiama il passo
e piú su dal Castellazzo
il Cimon della Pala,
che sulla Marmolada
si apre,
un tempo teatri di guerra,
ora percorso del Cristo pensante,
di giovani che la pace
di queste cime respirano
nell’anima, tra venti, nebbie,
che pietosamente
coprono
i morti della montagna.
Rifugio baita Segantini, 9 ottobre 2014
AMARE (SECONDA PARTE)
Il profumo argenteo
del mare è il tuo profumo
e mi inebria fino allo stordimento,
come i baci infiniti sul collo,
sulle labbra, sospesi sull’onda
del nostro mare.
Napoli, 12 dicembre 2014
ABBANDONO
Dietro il tuo sorriso
la malinconia,
nei tuoi occhi grandi
smarriti
leggo una dolcezza
non ancora
perduta,
e a un battito di ciglia
il desiderio tuo
con languore
bacia sentimenti
emozioni
in un continuo abbandono,
al tremolio di una candela,
a un tavolo imbandito per te,
in una sera senza nome,
senza tempo,
in un luogo dove
l’ossigeno della tua vita
è il mio.
Napoli, 18 ottobre 2014
MAREGGIATE
È vero,
molti uomini
il proprio destino spengono
nel mare nero urlante,
senza l’ausilio d’un faro,
ma è anche vero
che la fede in te
amore
è una luce, un sole
più forte della ragione
che dice di non affrontare
le mareggiate,
i gorghi vorticosi
del cuore.
Napoli, 22 ottobre 2014
BACI
Ineguagliabile
unico
il tuo sorriso,
tu avvinta in un abbraccio,
che travalica le radici
delle querce, dei lecci,
in una tiepida sera,
in cui i baci
sono miele d’ape regina,
come le carezze dolci
degli innamorati,
prima ancora che il freddo
inverno richieda il crepitio
del focolare
per dare calore alle labbra
e scintillio agli occhi tuoi.
Napoli, 23 ottobre 2014
NOTTE
Dominavamo
la notte e la città
al quattrocentesimo piano
e quell’emozione di volo
inebriava noi fusi
con le luci,
milioni di piccole luci,
e immersi nelle bollicine
d’una coppa a due,
noi a incrociare lo sguardo
languido,
in un brindisi senza fine.
Napoli, 24 ottobre 2014
SOLI
L’acqua e l’aria
erano ancora caldi
in quel pomeriggio glorioso
d’autunno,
come la tua gioia di esistere
e i tuoi capelli sciolti
dalla brezza del mare
si confondevano
con la sabbia cinerina
e i tuoi occhi cercavano
i miei,
ma invano
ché i miei vagavano nel buio,
ciechi,
rivolti alle tenebre
in un momento di assenza
di piena solitudine,
come capita,
anche in un pomeriggio glorioso,
a chi convive
con la morte d’un figlio.
Napoli, 25 ottobre 2014
UN’ALBA
Un cielo terso
freddo come il marmo
apre un nuovo giorno,
con un sole pallido
poi via via audace
accecante,
per dare nuova vita
alla natura sopita,
per dare luce agli occhi
colore alle cose,
per dare ai capelli
d’una donna
motivo di splendere
a una carezza d’amore.
Napoli, 26 ottobre 2014
LODE A ABELARDO E ELOISA
Le note del Kyrie
l’aria inondano
come quelle del Gloria
in un giorno eccelso al Signore,
quando le vostre anime pure
legate da infinita sete d’amore
in cielo si innalzano
con le labbra consunte dai baci
con gli occhi incantati
al fremito dei sensi
al fremito delle sussurrate
parole
in un indimenticato tramonto rosso
in un indimenticato giorno d’amore.
Napoli, 29 ottobre 2014
LODE AL MIO AMORE
Amore mio
ti ho nel cuore,
sei dolce come i datteri
in un’oasi
nel più lontano deserto,
un’oasi dove tu sei l’acqua,
io la palma,
tu il miele
io il tuo cuscino,
tu la mia donna
io il tuo uomo.
Napoli, 30 ottobre 2014
VITA E MORTE
La falesia strapiomba
su un mare smeraldo
e affolla di pensieri la mente,
nella quiete della risacca
e d’un orizzonte nitido,
che ti porta a scernere
la realtà dal sogno,
l’inquietudine per un mesto
ricordo di morte
la gioia d’un amore
nato nel vento.
La falesia tinta dal sole
strapiomba nel cuore
del mare
e nel contrasto
tra roccia e acqua
nasce la vita,
che porta la bellezza
a contemplare
e insieme il dolore
che la natura puó dare
perché essa dà e toglie,
dà gioia e porta
dolore,
il dolore quando si è chiusi
al vento del mare,
al bacio,
all’abbraccio d’un amore.
Marina di Praia, 1 novembre 2014
CECITÀ
La cecità
condanna se stessi all’oblio
come il dubbio di Tommaso
di fronte alle piaghe di Cristo,
il dubbio di chi non sente
ciò che si vede nell’anima,
negli occhi innamorati
d’una donna o d’un uomo
di chi non sente
ciò che si tocca con mano,
le labbra inchiodate alle labbra.
Marina del Cantone, 2 novembre 2014
BLINDNESS
Blindness
condemns itself to oblivion
like the doubts of Thomas
before the wounds of Christ,
the doubt of those who do not feel
that which the soul sees,
in the eyes of lovers
of a woman or man
those who do not feel
that which they touch with their hands,
lips upon lips.
(trad. di Jeff Matthews)
NEL VENTO
C’è vento
tanto vento
e tu sei con me
nel vento,
ti bacerei all’infinito
nelle tenebre
come nel giorno,
sempre,
come un angelo
al suo angelo
nelle intemperie della vita
un abbraccio infinito
un abbraccio nel vento.
Napoli, 5 novembre 2014
IN THE WIND
There is wind
so much wind
and you are with me
in the wind,
I would kiss you forever
in the shadows
as in day
always,
as one angel
kisses another
in the harshness of life
an infinite embrace
an embrace in the wind.
(trad. di Jeff Matthews)
L’AMORE
L’amore
è il sublime,
quando la luna
si incrocia col sole
nel’orbita che noi sogniamo,
nell’orbita d’un amplesso
in un giorno d’autunno,
quando tutto converge
all’unisono,
quando l’armonia dei suoni
raggiunge l’estasi dei sensi,
in un giorno d’autunno
in un giorno d’amore.
Napoli, 10 novembre 2014
GERMOGLI
Un cespuglio di rovi
la vita
quando l’amore è lontano,
ma quando è presente
tutto germoglia
in qualsiasi stagione,
sopra le lastre di ghiaccio
degli eterni ghiacciai,
sopra la sabbia fine
dei deserti,
sopra i prati in primavera
o in un campo di rose
a maggio.
Napoli, 12 novembre 2014
COME AFRODITE
I riflessi del sole
giocano con i tuoi occhi
e trasfigurano nella memoria
il tuo sguardo innamorato
perso nei miei occhi,
da tanta bellezza sorpresi,
come doveva essere
quando un mortale leggeva
in Afrodite l’amore,
lei radiosa come la luce
lei nascente dall’acqua.
Cetara, 16 novembre 2014
IL VENTO
Il vento forte
mulinello nel mare
i tuoi capelli scioglie
in abbraccio
e le onde impetuose
sorreggono il nostro amore
fatto di piccole e grandi cose
e il profumo delle zagare
è intenso come il nostro amore
e le carezze dei pini
forti al vento
sono sostegno al nostro amore.
Napoli, 17 novembre 2014
BACI PER SEMPRE
E quando racconti le stelle
non puoi Sirio dimenticare,
guida nel firmamento
delle rotte
di chi ama riamato
di chi gioisce al profumo
dell’amore
di chi asperge petali di rose
sugli altari dei sentimenti
più belli e puri
di chi non potrà dimenticare
i giorni felici trascorsi
nei baci.
Napoli, 18 novembre 2014
LA SORPRESA
Correvo senza una meta
là dove gli abeti e i pini
si esaurivano nella tundra,
là dove gli ermellini, le volpi,
le lepri immacolate
fanno capolino
nelle distese innevate
e tu donna eri lí
come un angelo
a accogliere i miei tormenti
a lenire la mia solitudine
a lievitare la mia esistenza
col tuo amore nel mio.
Napoli, 20 novembre 2014
CHOPIN
Una ballata
rompe il silenzio
della notte
e i tasti del piano
frenetici si agitano
per il tuo cuore di donna
che pulsa note d’amore
per me,
bello come un astro
misterioso come un albatros
in volo alle prime luci
dell’alba.
Napoli, 23 novembre 2014
SORRISI
Al di là della memoria,
il tuo sorriso,
al di là dei salici
degli alberi che piangono
di gioia
quando il tempo si irrora
del nostro amore,
il tuo sorriso.
Al di là della memoria,
il tuo sorriso,
quando le tue labbra
si immergono nelle mie
quando le mie
si immergono nelle tue,
in un’estasi infinita
in una terra di nessuno
dove tace il rumore
dove non tace l’amore.
Napoli, 26 novembre 2014
LA NOTTE
Il tuo respiro
è l’essenza della notte,
tu vivi tra le mie braccia
vivi
e non è agitato il tuo sonno
dai fantasmi della morte
ma dall’amore per il tuo amore,
tu vivi tra le mie braccia
vivi
e i tuoi sogni sono i miei
anche quando la realtà
del giorno
rende tutto aspro e difficile,
e vivere tra le braccia
è solo un momento.
Napoli, 29 novembre 2014
LO SCRIGNO
Nel luogo più nascosto
del cuore
lo scrigno
che i ricordi
i mille ricordi di una vita
raccoglie,
i ricordi più riposti
che solo le chiavi del tempo
hanno diritto di rendere noti,
per far rivivere
alla luce tremolante
di un lume
le storie più belle,
ma la storia più nitida sarà
quella di una donna vera,
unica e dolcissima,
per sempre nel cuore.
Napoli, 30 novembre 2014
UN SOFFIO
Il tuo viso
tra le mie mani
quando tu amore
soffi vento
tra i tuoi capelli
nella mia anima,
questo è vivere
questo è amare,
come quando Adamo
riceve la vita per un soffio
divino,
come quando gli angeli
i puttini soffiano nelle trombe
inni celesti,
come quando Zefiro
rende tersa
l’anima delle terre,
dei mari, degli oceani
spazi infiniti
del nostro infinito amore.
Marina del Cantone, 30 novembre 2014
COME L’AMORE IL MARE
Non mi stanco mai
di guardare
il mare
non mi stanco mai
di guardare
i tuoi occhi
e l’onda sull’onda
cresce
come l’amore ricambiato
come l’amore di un’anima
per un’altra anima,
l’onda sull’onda
in perenne moto
con gli astri del cielo,
nel risucchio della risacca
sempre cara alla mia osmosi,
alla mia armonia con te amore.
Marina del Cantone, 30 novembre 2014
L’ORGOGLIO
L’orgoglio
è forza motrice per un uomo
come per una donna,
ma si offusca
quando l’amore trascende
ogni cosa
e l’amore grande
tutte le barriere supera
tutti gli ostacoli abbatte
e quando si fondono i corpi
d’un uomo e di una donna,
quando gli occhi brillano
della luce degli innamorati,
nulla può fermare la cetra
in un inno di gioia
a chi si ama con tanto ardore.
Napoli, 4 dicembre 2014
LA BORA
La bora
trascina il tuo amore
lontano,
ma è accanto a te il tuo amore
come sempre per sempre,
la bora ancora fende
sui tuoi capelli
sferza il tuo viso
e leviga i tuoi lineamenti
li rende distesi
come capita solo
a chi vive l’amore,
nelle tempeste di vento
come nelle notti tranquille,
e quando poi essa tace
puoi toccare dal molo Audace
la quiete di quel castello bianco,
che da secoli mira il mare.
Trieste, Caffè San Marco, 6 dicembre 2014
TRIESTE
Sferragliano qui i tram
come a Praga, a Vienna,
lo stesso rumore
mitteleuropeo di prima
mattina,
un’anima sola
una sola cultura,
oggi sotto un cielo grigio
di questa parte del mondo,
che ha visto
Svevo, Joyce, Saba
nei caffè, nelle strade,
a passeggiare sul mare
grigio come il metallo.
Oggi sotto un cielo livido
d’autunno
sferragliano i tram
colorati d’un tempo andato,
gli stessi
di Freud, Kafka, Musil
e di un vecchio impero
che vive ancora.
Trieste, 7 dicembre 2014
ZUM SCHWARZEN KAMEEL
Dozzine di Gillardeau
e Chablis a volontà
non placano il desiderio
di riabbracciare te
dolcissima
per passeggiare sul Ring,
al Graben nelle luci della sera,
per colmare la nostra infinita
arsura d’amore,
nel respiro d’una città,
che ha in sé le chiavi del passato
e una grande gioia di vivere
il presente,
nell’abbraccio forte di te
amore.
Wien, 25 dicembre 2014
IL VENTO DEL MARE
Un vento possente
ricopre la nostra anima
fatta di puro amore
di baci senza fine
di cuori uniti per sempre
in un abbraccio stretto stretto,
che resiste al vento,
il vento possente del mare
a cui nessuno resiste,
solo il marinaio provetto
solo un amore infinito.
Napoli, 23 gennaio 2015
ZAFFIRI
Due zaffiri
i miei occhi
i tuoi occhi innamorati
trasfigurano nell’azzurro
del mare
e il sorriso delle onde
a tanta voglia di amare
rende felici i delfini
come i bianchi gabbiani.
Napoli, 24 gennaio 2015
A CETARA
A mezzogiorno
in punto
lo sventolio festoso
delle campane
canta il nostro amore,
un amore
che si culla sulle onde
del mare,
un amore
che cova sotto le ceneri
del focolare
e si ravviva sempre di piú
a ogni soffio di vento.
Cetara, 25 gennaio 2015
PETTIROSSO
Sei sempre
nei miei pensieri
e per quanto si possa
trasmutare il ricordo
di quel terribile giorno,
nel dolce ricordo
dei tuoi occhi lucenti,
la vita è un tormentato
peregrinare nell’Ade.
Il tuo papà Napoli, 18 ottobre 2015
Prefazione
di Maria Rosaria Compagnone
«Uno spirito inquieto che non si ripiega su se stesso e che non rinuncia mai a vivere nel mondo e col mondo», così Giuseppe Galasso definiva nel 2001 Giacomo Garzya nella prefazione della raccolta Maree. In un’esperienza poetica tanto vasta e articolata come quella di Garzya (oltre venti anni di attività ininterrotta) la sua poesia, da qualsiasi punto la si osservi, appare in costante movimento o meglio, si costruisce e si presenta come un continuo viaggio, un viaggio compiuto non solo pellegrinando per i luoghi cari al poeta ma, e soprattutto, attraverso i gesti che costituiscono i piaceri semplici dell’esistenza umana. È sufficiente un bicchiere di Spritz nel quale il ghiaccio che brilla rinvia all’amore negli occhi degli innamorati per delineare sulle labbra del lettore un sorriso, segno di un déjà-vu affiorato dal baule dei suoi ricordi. Piccolo e grande sono concetti relativi, quasi inadoperabili, se ci si accosta alla poesia di Garzya, poiché il più piccolo e semplice gesto può scatenare la più forte e profonda emozione, come un gatto che si arrotola al sole di mezzogiorno e rende, chi lo osserva, semplicemente felice. Un insieme di luoghi circoscritti dunque, ben definiti nella loro storia e nelle loro caratteristiche, che racchiudono in sé l’universo intero e aprono a considerazioni sugli uomini, sul loro esistere, sull’amore, sulla storia e sulle storie di ognuno. Poesie della realtà, di gesti abituali e ripetitivi co- me quello dei pescatori di Marina di Praia che
giocano a carte, a dadi/ sui tavoli/ dove scorre vino rosso/ sangue,/per lenire la fatica del mare,/ per stordire la mente/ nei momenti d’ira del mare.
Il viaggio di Garzya prende avvio tra i boulevard di Bruxelles, città dove ha trascorso tante estati della sua infanzia e adolescenza, ripercorre località di mare a lui care e presenti nelle raccolte precedenti e si sofferma a Trieste, luogo d’elezione per la scrittura. Trieste città-frontiera, crogiolo di razze, groviglio di Storia e cultura, Trieste e i suoi letterati i cui busti sono esposti di qua e di là per le vie: Joyce, Stuparich, Svevo, Saba. E a Joyce, Garzya dedica dei versi nostalgici nella malinconica consapevolezza che i suoi passi si sovrappongono a quelli lasciati, un tempo, dallo scrittore lungo il canale, versi che rappresentano una sorta di dialogo e un momento di meditazione in compagnia del padre dell’Ulisse moderno
I tuoi passi sul canale/ caro padre d’Ulisse/ sono ora i miei passi/ e ricordano le tue sudate/ pagine, che passeggiavano/ in me ragazzo,/ alla scoperta della tua coscienza,/ come della mia,/ così diversa la percezione/ delle ore, dei minuti, dei secondi,/ così diversa la latitudine della mente/ in ciascuno di noi.
Il viaggio riprende da un continente all’altro e, nella penombra dei grattacieli di New York, Garzya emerge quale poeta del movimento urbano e accende con le parole, proprio come
il riverbero sul fiume/ accendeva il cielo nel blu/ della notte,/ le corde d’acciaio del ponte/ più antico e bello vibrando/ al battito accelerato del cuore/ degli innamorati/
il volto della New York più autentica dove l’immagine degli innamorati, il suono delle sirene delle navi, il volo dei gabbiani e il passo di chi vuole arrivare primo in una corsa contro il tempo, si confondono sullo sfondo con l’energia spri- gionata dalle parole stesse utilizzate per descrivere queste immagini. Potenza e sentimento che ritroviamo nelle tre poesie dedicate agli uomini e ai paesaggi del Nord, piccole scene rubate alla quotidianità e suggestivi paesaggi naturali, realizzati non con oli e pennelli o con la fotografia, di cui Garzya è altresì maestro, ma con la poesia e la ricchezza delle parole. I suoi versi sono soavi, scorrono con naturalezza e spontaneità come i paesaggi descritt e questo perché, com’è stato già notato in passato da diversi studiosi, la poesia non è per Garzya tanto una scelta quanto un bisogno, un’esigenza naturale al pari del mangiare o del dormire. Un’esigenza che diventa vitale dopo i momenti tragici che segnano la sua esistenza, quando i versi si dispiegano in una lirica che evoca l’amatissima figlia perduta e rappresentano un meditare costante sull’esistenza dell’individuo, sulla sua singolarità dolorosa, sperduta in una cosmologia sconfinata, in una cosmologia il cui ritmo più prossimo, più avvertibile, è lo scorrere del tempo, il susseguirsi degli eventi e delle cose, l’alternarsi delle stagioni. Le poesie di Garzya rilevano l’esperienza di un severo disincanto dinanzi al senso della vita, ma sono anche un attraversamento incessante del pensiero in piena libertà, tra alti e bassi, tra slanci e silenzi. Un attraversamento che si spinge fino a quel punto dove il pensiero guarda se stesso e vede il proprio limite. In quello stesso istante, però, s’intravede una boa di salvataggio e questa boa è l’amore. L’amore che traspare dall’abbraccio di due giovani innamorati, dallo sguardo della donna che si ha accanto, che si presenta sensuale e fisico tra due amanti o semplicemente si percepisce nel tenere tra le mani un animale fragile e indifeso come in Pettirosso, penultima poesia che dà il nome all’intera raccolta
Saltella il mio cuore,/ batte batte col tuo,/ e le piume morbide come il profumo,/ la mia mano scaldano/ e batte batte/ il tuo cuoricino col mio/
L’audacia di questo piccolo passeriforme a lanciarsi contro qualcosa di enormemente più grande di lui è tramandata dalla tradizione cristiana, secondo la quale il pettirosso si sarebbe procurato la tipica chiazza rossa sul petto cercando di estrarre una spina dalla corona posta sul capo del Cristo. È l’allegoria dell’eroismo, dell’altruismo e della generosità, è la silenziosa storia di tanti piccoli Davide di cui nessuno parlerà mai, ma non per questo rinunciano a combattere. Ancora una volta Garzya sorpassa il punto del limite e dà una risposta alla paura della morte, dell’assenza e del nulla. Poche volte un libro, nella vita di un lettore, diventa una presenza insieme discreta e costante, e dalle sue parole, dalle sue rime, dai suoi pensieri, prende avvio la meditazione sull’esistenza dei singoli e dell’universo, di tutto quello che definiamo vivente. E ogni nuova lettura porta in sé sogni e visioni che hanno qualcosa di nuovo e di diverso, che solo un poeta dei paesaggi dell’anima può suscitare.
Maria Rosaria Compagnone
RACCOLTA DI POESIE (DODICESIMA), PETTIROSSO
BOULEVARD
L’asfalto di rugiada,
i fanali delle auto che
sfrecciano verso le stelle,
una birra per spegnere nella gola
un grido di solitudine.
Bruxelles, 16 febbraio 2015
LA MIA SIRENA
Calma di vento
qui sui sassolini
della marina
e il tuo viso
è qui riflesso
sulle onde del mare,
come una sirena,
la più bella tra quelle
che puoi incontrare
a Jeranto in un giorno
di sole,
in un giorno in cui
la tua mano è stretta
nella mia mano,
in un giorno in cui
la tua anima è stretta
nella mia anima,
è la mia anima.
Marina del Cantone, 1 marzo 2015
TU DONNA
Qui alla marina
il grecale
gioca tra le onde
con eterno vigore
tormentato
vivo
e fluttua nell’immagine
di te donna
che crei in osmosi col mare,
che crei chi vivrà in te l’amore,
nel dolore, nella gioia della vita.
Marina del Cantone, 8 marzo 2015
LA TUA VOCE
La tua voce
la mia vita
nel dolce rumore del mare,
la tua voce
la mia anima
nel riflesso dorato
dei tuoi occhi,
che parlano da soli
di trasparenze di antiche gemme,
che brillano del nostro amore,
nel dolce rumore del mare.
Marina di Praia, 14 marzo 2015
MARINA DI PRAIA
Il mare romba
come un vecchio motore,
tuona sulle rocce
e come demone lotta
contro le barche
al fondo legate dall’ancora,
mentre visi consunti di pescatori,
volti antichi bruciati dal sole
volti antichi forgiati dal vento,
giocano a carte, a dadi
sui tavoli
dove scorre vino rosso
sangue,
per lenire la fatica del mare,
per stordire la mente
nei momenti d’ira del mare.
Marina del Cantone, 22 marzo 2015
UN CUORE ALLA MARINA
Il Tramonti
della Costa d’Amalfi
le vene irrora d’amore
per una donna riversa
sui sassolini del lido,
presa dalla bellezza del verde
smeraldo del mare
e delle alici argentate sparse
sui fili d’alghe di qui,
all’ombra dell’angioina torre
che tutto domina,
che protegge i cuori dall’oblio,
che a volte acceca la mente,
quando è incantata
dalle onde placide del mare.
Marina di Praia, 28 marzo 2015
LA TESTA AL PETTO
Gli occhi socchiusi
al bacio della notte
al bacio del giorno,
un eterno bacio
nello strenuo desiderio
di avere stretta la tua testa,
capelli d’oro, al mio petto,
nell’emozione di sentire
bisbigliare all’orecchio
dolci parole,
in un amore senza fine,
dal tramonto all’alba,
di nuovo al tramonto,
in una sequenza infinita,
il nostro destino.
Marina del Cantone, 2 aprile 2015
AMARE
Cercavo nella palude dei ricordi
te ragazza, quando scolpivi
i tuoi baci sulle labbra del mare,
quando sorridevi all’ombra
dei cedri e dei pini
per le dolci carezze del sole
per il dolce mormorio delle onde,
ora mi guardi con i tuoi occhi
innamorati,
al crepuscolo della vita,
nel momento più magico
della nostra esistenza
del nostro profondo amore.
Marina del Cantone, 3 aprile 2015
TO LOVE
I seek thee ‘mid tangled memory,
the young girl, sculpting
kisses on the lips of the sea,
smiling at shadows
of cedar and pine
for the sweet caress of sun
for the sweet whisper of wave,
watching me now
with loving eyes,
at the twilight of life,
in this most magic moment
of our lives,
of our deep love.
Marina del Cantone, 3 aprile 2015
(trad. in inglese di Jeff Matthews)
INNAMORATI
Il silenzio dei pini
è rotto dal cinguettio
dei passeri,
dai baci degli innamorati,
che cercano nel loro abbraccio
quel segno di vita che solo il vento
può dare,
quando la quiete sovrasta
l’amore celato nel cuore.
Napoli, 7 aprile 2015
PERLA
Perla,
come un batuffolo
di cotone pregiato del Siam,
ti arrotoli
al sole di mezzogiorno
e baci i caldi raggi
con i tuoi occhi felini,
color cannella,
e rendi felice il mio giorno.
Marina del Cantone, 11 aprile 2015
MINA
Sali per il petincolo
scendi per il canapile,
questa è la storia di qui
raccontata da Mina,
tra mare e montagna,
la storia del cuoccio
che salta su dalla Praia
nel piatto
e per i giardini
spande il suo profumo
nell’acqua pazza
che sposa patate e pomodorini
e allieta la mensa di amici devoti,
pronti a scendere dalle grondaie
di nuovo al mare.
Praiano, 12 aprile 2015
SUGGELLARE
Suggellare il nostro amore
una sera di primavera
con i morsi sulle labbra,
come sigillo di re sulle carte,
come lo stormire delle rondini
sui capelli al vento
in cerca di libertà,
è vivere insieme felici.
Napoli, 14 aprile 2015
TU
Il mio paesaggio sei tu
Babilonia,
donna delle cento torri
dei mille petali di rose
sparsi nella rugiada
dei deserti
nei granelli di sabbia,
pari ai tanti cuori
che possiedi.
Napoli, 14 aprile 2015
FELICITÀ
Il rollio della barca
la tempia contro la tempia
le arterie all’unisono
sincronizzate all’abbraccio,
tutto pulsa amore.
Capri, 18 aprile 2015
EROS
Come le radici,
i rami contorti
degli ulivi
quando amoreggiano
col vento,
così i nostri corpi avvinghiati
in un amplesso senza fine
vivono l’estasi dell’eterno amore.
Furore, 25 aprile 2015
QUAQUARAQUÀ
Signorsí
signorsí
signorsí
e parla e sparla
e lecca e striscia,
signorsí
signorsí,
signorno
non va così.
Amalfi, 25 aprile 2015
MARAMEO
Marameo
e il micetto dalle reti
sbuca
marameo
e il pescatore dalla barca
occhieggia
marameo
e il tuo viso
sorride dal cuore.
Corricella di Procida, 26 aprile 2015
GABBIANI
Una danza di gabbiani
dà senso al viaggio,
da poppa a prua
è tutta una gara
e la leggerezza del volo
è come l’anima che vaga
dall’amore per una donna
all’amore di lei per il suo uomo.
Da Procida per Napoli, 26 aprile 2015
IL MIO FARO
Tu il mio faro
per non sbattere contro gli scogli
la luce.
Napoli, 28 aprile 2015
IL SILENZIO DEI CIOTTOLI
Se le pietre
potessero parlare
non piangeresti
la solitudine,
eppure non sei solo,
l’abbraccio caldo dietro
l’angolo,
il sorriso delle campane
di mezzogiorno,
i gabbiani radenti sui ciottoli
giú alla torre,
la carezza del sole
che va e viene.
Cetara, 1 maggio 2015
ESSENZE PRIME
Cercavi nell’acqua fluttuante
la ragione di ogni cosa,
poi nel fuoco dei tramonti
dall’Egeo ai confini del mondo,
poi nel vento che sospende tutto
che tutto muove,
poi nella madre terra
che germoglia i frutti
le messi abbondanti,
cercavi insomma l’essenza prima,
era in tutte le cose vive
e aveva in sé l’inizio
e la fine di tutto.
Marina del Cantone, 2 maggio 2015
PRIMAL ESSENCES
You sought in the shifting waters
the reason of all things,
then in the fire of Aegean sunsets
at the far boundaries of the world,
then in the wind that lifts all,
and moves all,
then in Mother Earth
who bears the fruit
and crops of plenty,
sought and sought the primal essence
in all things that live
and have in themselves
the beginning and end of all.
Marina del Cantone, 2 maggio 2015
(trad. di Jeff Matthews)
GRECALE
Sui capelli tuoi
soffia il vento forte
e tutto si muove,
dagli occhi vivi di gioia
alle palpebre
alle labbra,
che schiudono note
d’incanto
in un giorno felice.
Napoli, 17 maggio 2015
GRECALE*
The strong wind blows
on your hair
and everything moves,
from your eyes alive with joy
to your eyelids and
your lips that sing
in the joyous day.
Naples, 17 May 2015
(trad. di Jeff Matthews)
*’Grecale’ is the Italian name for the Mediterranean
wind that blows from the north-east.
BORGO MARINARI
I mulinelli del mare
a Santa Lucia
ingorgano le barche
e gli alberi tremano
e tu donna tenace fedele
reggi il mondo dei venti
e le vele impazzano
come il cuore degli innamorati.
Napoli, 17 maggio 2015
SAILORS’ QUARTER
The waters whirl
at Santa Lucia
and block the boats,
the trees tremble
you, tenacious and faithful
woman, hold the
world of winds
the sails go mad
like the hearts of lovers.
Naples, 17 May 2015
(trad. di Jeff Matthews)
LA MANO NELLA MANO
La mano nella mano
il sereno nel petto,
il sorriso copriva
le pagine della tua vita
aspra
come la pietra piú dura.
La mano nella mano
i baci sulle labbra
le carezze sul viso,
le pagine ora cariche
di bei ricordi, che non puoi
piú dimenticare,
la vita meno aspra e dura.
Napoli, 23 maggio 2015
HAND IN HAND
Hand in hand
serenity in your breast
your smile covers
the pages of life
as bitter as hardest stone.
Hand in hand
the kisses on your lips
caresses in your face,
the pages now full
of wondrous memories
you cannot forget,
life is less bitter and hard.
Naples, 23 May 2015
(trad. di Jeff Matthews)
NON PIANGERE
Le tue braccia
forti come le gomene nei porti
stringono a te il tuo amore
così le tue mani
come il vento del mare
stringono le sue mani
così i tuoi capelli
come le spighe di grano
sono catene di ferro per il tuo amore.
Le tue braccia
stringono stringono a te il suo cuore
così le tue mani
stringono stringono le spighe dei campi
così i tuoi capelli
sono catene di ferro per il tuo amore.
Non piangere
non piangere
non è finito il tempo del nostro amore
non finirà mai il tempo del nostro amore.
Napoli, 24 maggio 2015
CRY NOT
Your arms, strong as the lines
that bind the ship in port
bind your love to you
as your hands
like the sea-wind
caress his hands
as your hair
like stalks of wheat,
iron chains that hold him.
Your arms hold him, hold him
to your heart
as your hands hold, hold
the sheaves of the field
as you hair,
the iron chain that holds him.
Cry not,
cry not
our love is endless
our love is endless.
Naples, 24 May 2015
(trad. di Jeff Matthews)
MEDITERRANEA
Da piazza dell’Unità
la nave gigantesca
in partenza,
per quali lidi lontani
affronta il mare non so,
ma è certo che non porta
con sé niente del mio cuore,
ancorato ai suoi affetti
profondi, come il miele
alle ali delle api.
Trieste, Caffè degli specchi, 30 maggio 2015
TU SEI L’ AMORE
Tu sei l’alba
che mi porterà fino al tramonto.
Tu sei il giglio radioso
che illumina i miei giorni.
Tu sei l’amore splendido,
come le vele al vento
in un giorno di sole.
Tu hai un cuore
che batte all’unisono
col mio.
Trieste, Caffè Stella polare, 31 maggio 2015
JOYCE
I tuoi passi sul canale
caro padre d’ Ulisse
sono ora i miei passi
e ricordano le tue sudate
pagine, che passeggiavano
in me ragazzo,
alla scoperta della tua coscienza,
come della mia,
così diversa la percezione
delle ore, dei minuti, dei secondi,
così diversa la latitudine della mente
in ciascuno di noi.
Trieste, Caffè Rossini, 31 maggio 2015
JOYCE
Your steps along the canal,
dear father of Ulysses,
are now my steps
and recall to me your laboured pages
turning through my youth
as I sought both you and myself,
so different—our view
of hours, minutes and seconds—
so different the maps of our minds.
Trieste, 31 May 2015
(trad. di Jeff Matthews)
SPRITZ
Spritz Aperol
Spritz Campari
Spritz Hugo,
si gode la diversità
delle genti
all’ombra dei lampioni
di Maria Teresa Augusta,
tutto è luce intorno
al passo dei valzer
e il ghiaccio brilla nei calici,
come l’amore negli occhi
degli innamorati.
Trieste, Caffè degli specchi, 31 maggio 2015
MIRAMARE
Grignano evoca Miramar
e Massimiliano e Sissi
corone intrise di sangue.
Tutto porta all’impero
e al piccolo molo
dove attraccavano alle bitte
storie di aquile,
che toccano
ancora le corde più intime.
La nostalgia è ancora
un bene comune?
Grignano Mare, 1 giugno 2015
COLORI
Il colore della mia vita
è l’amore colto nei fiori,
come i baci colgono
la passione,
che tutti i colori contiene
quando l’amore è infinito.
Napoli, 5 giugno 2015
CASTELLO D’ARAGONA
Da Cartaromana
il castello,
la storia del borgo,
tra la luce che obliqua
corrode il tufo grigio-giallo
e la cupola ammantata
di sole,
e tu regina dei venti, dei mari
abbracci il suono del tempo
e le labbra non sono consunte
dai secoli, ma rosso porpora
per il maestrale.
Ischia Ponte, 6 giugno 2015
INSONNIA
Un alito di vento
fa scorrere le lancette
della notte e il lieve respiro
della città addormentata,
come il lieve fruscio dei tuoi capelli,
copre il dolore, quando la mente
associa il silenzio alla morte,
quando l’insonnia nel buio
rende la vita piú dura al sorgere
del nuovo giorno.
Napoli, 13 giugno 2015
SLEEPLESS
A breath of air
moves the hands of night
the soft breathing
of the sleeping city
like soft rustling of your hair
covers the pain
when mind links
silence to death
being sleepless in the dark
makes life yet more painful
as the day begins anew.
Napoli, 13 giugno 2015
(trad. di Jeff Matthews)
TUTTO
Tutto, sei tutto per me.
Quando vedrò il mare
i miei occhi cercheranno
i tuoi sulla schiuma dell’onde
dove l’infinito è in te,
come nel girasole quando
è attratto
dai caldi raggi del carro di Febo,
e tu, anima mia, sorridi
alla rosa dei venti,
incanti con le parole
e stringi la mano
per un tenero abbraccio.
Sulla schiuma dell’onde
è l’amore e il tutto è in te,
ninfa moderna dal cuore
immerso nel mio,
come il cecubo quando si scioglie
nel sangue.
Capri, 14 giugno 2015
EVERYTHING
Everything, you are all to me.
I’ll watch the sea
and my eyes shall seek yours
in the spindrift
that holds you forever,
like the sunflower
held by the warm rays
of the chariot of Apollo,
and you, my soul,
smile to the wind-rose
and press my hand
in warm embrace.
Love is ln the cusp of the wave
and all is in you,
modern nymph of the heart
immersed in mine
like the rich, red caecubum
dissolved in the heart.
Capri, 14 giugno 2015
(trad. di Jeff Matthews)
ULISSE
Dorma in pace la Sibilla
dopo vaticini di secoli,
oggi la mia ninfa
guarda il futuro innamorato
del profumo del mare cobalto
di Cuma,
sogno dei naviganti
presi dal vortice dei venti
dall’amore di Circe
dalla scia della vela d’Ulisse,
che ancora distoglie la prua
dalla sposa di Itaca,
in un eterno libero viaggio
senza ritorno.
Napoli, 18 giugno 2015
ULYSSES
Sleep in peace, dear Sibyl, rest
from the oracle’d ages,
today my nymph
looks to the future,
a future in love
with the fragrance of the cobalt sea
of Cuma,
the dreams of sailors
caught up in the whirlwinds,
the love of Circe,
and the wake of the sails of Ulysses,
who points the prow
away from the
bride of Ithaca,
to an eternal voyage
free, never to return.
Naples, June 18 2015
(trad. di Jeff Matthews)
SOLSTIZIO D’ESTATE
Bevano nelle coppe
le stelle del firmamento,
giunge il tempo del sole
e le corone ghirlandate
ornano le trecce bionde
delle fanciulle in fiore,
le stelle danzando
e cantando con Bacco.
Bevano le fanciulle
ditirambi di vino,
fuoco di mezzanotte,
bevano con gioia
la nuova stagione,
ricca di messi mature,
di vita e d’amore.
Napoli, 20 giugno 2015
THE SUMMER SOLTICE
Let the stars in the heavens
drink deeply,
the time of the sun is upon us
and the crowns of garlands
dress the blonde braids
of the maidens in flowers
midst the dancing stars
and songs to Bacchus.
Let them drink their songs of wine
and midnight fire,
let them drink with joy
to the new season
and the rich new harvest
and to life and love.
Napoli, 20 giugno 2015
(trad. di Jeff Matthews)
DIE NORDSEE
Dal carapace d’una tortuga,
una lira
vortici d’acqua fa sognare,
il nudo di Venere
i capelli sciolti, circonfusi
dal vento, le labbra segnate
dai baci del dio del mare,
plasmati i seni gonfi dall’eros
abbacinati gli occhi dai sensi
la mente libera nel Valhalla.
Napoli, 23 giugno 2015
DIE NORDSEE
From a tortoise shell
a lyre
and dreams in the winds of water,
naked Venus,
wild hair, thrown
by the wind,
lips marked by the kisses
of the god of the sea,
breasts swollen by eros,
eyes kissed by the senses,
a free spirit of Valhalla.
Naples, June 23, 2015
(trad. di Jeff Matthews)
RITORNO
L’elica vorticosa
nel frastuono dei motori
mi allontana dall’isola,
tutto è così etereo
tutto sfugge alla vista,
come la vita sfugge dalle mani
quando non ha il sorriso,
ma tu esisti, tu mi dai l’amore,
e la gioia di rivederti
è più forte d’un momento
di malinconia.
Da Capri per Napoli, 27 giugno 2015
RETURN
The whirl of the screws
midst the roar of motors
whisk me from the isle,
it is all so ethereal,
all gone from view,
as life slips through you hands
when it has no smile,
but you exist, you give me love,
and the joy of seeing you again
is stronger than a moment
of melancholy.
From Capri to Naples, June 27, 2015
(trad. di Jeff Matthews)
PESCATORI A CETARA
Si dibattono le alici
nelle reti della cianciola,
Sacra Famiglia è il suo nome,
poche ormai delle tante,
ché le grandi tonnare
ora sfidano il mare,
Angela Madre
Geneviève
Sparviero Uno,
questi i nomi,
ma il cuore dei pescatori
lo stesso,
nel canto delle lampare,
che illuminano il fondo
del mare.
Cetara, 28 giugno 2015
FONTANA DEI FIUMI
Dal Gange al Nilo
dal Danubio al Rio de la Plata,
quattro continenti bevono
l’Acqua Vergine davanti a
Sant’Agnese in Agone,
così il Bernini e il Borromini
dall’odio divisi gareggiano
col travertino,
così tu bianca colomba
dello Spirito Santo
allo scampanio di mezzogiorno
metti pace nella piazza più bella
di Roma.
Roma, 2 luglio 2015
CALURA
Il Vesuvio
sonnecchia con la città
e la calura invade i vicoli
dalla Pignasecca alla Sanità,
neanche i panni appesi
ai balconi parlano
nella lingua muta delle bandiere,
neanche le madri urlano i nomi
dei figli, Filomena Annarella
Nannina Pasqualino Gennarino,
tutto è sospeso, tutto è siesta,
tutto è rinviato a un giorno
di vento.
Napoli, 4 luglio 2015
THE HEAT
Vesuvius
dozes with the city
and the heat comes over
the small streets
from Pignasecca to Sanità,
not even wash hung to dry
on the balconies speaks
the mute language of banners,
nor do mothers call the names
of their children, Filomena Annarella
Nannina Pasqualino Gennarino,
everything rests in mid-air, it is siesta,
all is put off till a day of wind.
Naples, July 4, 2015
(trad. di Jeff Matthews)
NIAGARA
Il sorriso dell’arcobaleno
carezza la tua vita inquieta,
è un amore infinito
in caduta libera sulla tua anima,
è un mare di baci, che s’innalza
fino al sole, con i vapori d’acqua,
che turbinano nell’aria
nel sordo fragore del tuono.
Niagara Falls, 11 luglio 2015
NIAGARA
The smile of the rainbow
caresses your restless life,
endless love
in free-fall through your soul,
a sea of kisses that rise
to the sun in the spray
that swirls in the air
midst deafening thunder.
Niagara Falls, 11 July 2015
(trad. di Jeff Matthews)
JFK
Sei morto il mio giorno,
ti rivedo oggi nella luce
della tua tomba,
una pietra grigia di Cape Cod
copre le tue martoriate spoglie
e la fiamma brucia in eterno,
tu eroe di guerra, tu eroe di pace,
tu simbolo del sogno di un mondo
più umano e libero.
Sei morto il mio giorno
e tremo ancora.
Washington, Arlington, 14 luglio 2015
JFK
You died on my birthday,
I see you today in the light
of your tomb,
a gray Cape Cod slab
covers your martyred remains,
the flame burns forever,
hero of war and of peace,
symbol of a world dream
of freedom and humanity.
You died on my birthday
and I tremble still.
Arlington National Cemetery, Virginia, 14 July 2015
(trad. di Jeff Matthews)
EAST RIVER
I grattacieli erano lí a brillare
per milioni di luci
e il riverbero sul fiume
accendeva il cielo nel blu
della notte,
le corde d’acciaio del ponte
più antico e bello vibrando
al battito accelerato del cuore
degli innamorati
al rumore delle sirene delle navi
al volo a poppa dei gabbiani
al passo veloce di chi vuole arrivare
primo a Manhattan
in una corsa contro il tempo,
prima che si spengano le luci
della ribalta.
New York, 16 luglio 2015
EAST RIVER
Skyscrapers shine
from a million lights
the shimmering river
sets aflame
the blue of the night sky
the taut steel cables
of the loveliest bridge hum
to the rapid beat of lovers’ hearts
to the sirens of ships
to the flight of gulls astern
to the quickstep of all
who race the clock
to be in Manhattan
before the stage lights dim.
New York, 16 July 2015.
(trad. di Jeff Matthews)
MI SEI MANCATA
Mi sei mancata moltissimo
in quegli anni in cui non c’eri,
ma in me cresceva ogni giorno di più
la voluttà nell’abbraccio delle nostre anime
che non avrebbero potuto non incontrarsi
sui binari di un tram chiamato
desiderio.
Napoli, 24 luglio 2015
SIFNOS
Il bianco accecante
delle case
e di tante chiese e chiesette
coronate d’azzurro
è fino al limitare della sera,
poi in ogni contrada dell’isola
un presepe di luci,
e sotto il cielo cicladico
fatto di stelle nitide e pure
si chiacchiera
fino a quando cessa il tintinnio
dei bicchieri e il via vai silenzioso
dei gatti.
Apollonía, 4 agosto 2015
KAMÀRES
Il silenzio della notte
è assoluto,
rotto ora dai canti dei galli
e il tremolio delle luci
il lampeggiare verde del faro
rendono uno specchio l’acqua
qui a Kamàres,
come in una miriade di graziosi
piccoli porti,
che puoi incontrare nei mari
dell’Ellade.
Kamàres, 5 agosto 2015
CICLADI
Il gentile volto delle tue isole,
o Cicladi,
è nella mitezza di chi da millenni
qui vive, su una pietra aspra
dagli ulivi addolcita, da arbusti fioriti
e dalle barbe bianche dei Papas,
che cantano il sepolcro di Cristo
e i santi di bizantina memoria.
Il vento, che spinge forte le pale
di antichi mulini,
da un’isola all’altra porta in sé
lo spirito di tutti, spegne l’arsura
e rende tutto più vivo, come la calce
delle case e i colori violenti dei fiori.
Kamàres, 11 agosto 2015
KÀSTRO DI SIFNOS
Kàstro
fin dentro al cuore,
le scalette delle case,
il labirinto del Minotauro,
Il mare e la chiesetta
in fondo a Poseidone,
Paros incombente
come Andíparos piú piccola,
e Sérifos dietro il Capo,
tutto è magia alle luci
della sera.
Kàstro, 11 agosto 2011
NERINO
E il gatto nero
mi saltó in braccio
e io felice a fare le fusa,
e il gatto nero
mi leccó le dita e il collo
e io felice di stringere a me
un tesoro di micio.
Artémonas, 12 agosto 2015
BERGEN
I colori pastello di Bryggen,
puro legno scandinavo,
con quelli accesi del Fisketorget
contrastano,
e il fumo e il vapore per la cottura
del pesce qui al porto
fissarono sulle tele
i pittori anseatici,
come il brulichio di Brueghel
a mercanteggiare,
a vociare
in una variopinta kermesse,
tra le brume d’inverno
e i cieli tersi in qualche sprazzo
d’estate.
Bergen, 19 agosto 2015
MAR DI NORVEGIA
All’imbocco dei fiordi
ombre di Troll
come spettri sul mare,
e, al crepuscolo,
bagliori rosso sangue
miriadi d’isolotti
di scogli senza nome
incendiano,
come le emozioni piú riposte,
come il fuoco distruttore
di Ålesund e Trondheim.
Questo è mar di Norvegia,
ora placido come un lago
all’incedere della prua,
ora nemico quando i venti
impazzano,
quando il freddo polare
ti chiude all’interno del cuore.
Tra Rørvik e Brønnøysund, 21 agosto 2015
CIRCOLO POLARE
A Nord
a Nord
invocano le onde
nel linguaggio del mare
a Nord,
fino a dove tutto vive
nel candore del bianco,
e con infinita dolcezza
ci si lascia andare agli affetti
profondi,
alla pace che questi luoghi
instillano nella mente e nel cuore,
e si pregano i propri morti,
i propri caduti nella dura sorte
della vita,
di dare sollievo quando si vive
in trambusto con l’anima.
Tra Nesna e Ørnes, 22 agosto 2015
PETTIROSSO
Pettirosso
mio,
gonfi il petto
e il mio mondo
è il tuo.
Saltella il mio cuore,
batte batte col tuo,
e le tue piume
morbide come il profumo,
la mia mano scaldano
e batte batte
il tuo cuoricino col mio.
Marina di Praia, 29 agosto 2015
PARTENOPE
Oggi cercavo il mare
te nel mare,
uggioso il tempo
non importa,
te nel mare,
moderna Partenope,
che col canto
stordisci incanti,
te nel mare
in simbiosi con chi cerca
oltre le onde,
oltre i confini dell’essere.
Capri, 19 settembre 2015
GOCCE DI MARE
Conchiglie di mari lontani
che risuonano il sibilo dell’onde,
rametti di corallo bianco
dei mari d’Africa,
frammenti di gorgonie
dagli scogli profondi,
tutto porta te stella marina
a guidare il firmamento
del nostro divenire,
noi uomini fatti di gocce di mare.
Marina del Cantone, 27 settembre 2015