QUARTA RACCOLTA: “IL MARE DI DENTRO”, NAPOLI 2005

RACCOLTA DI POESIE (QUARTA), IL MARE DI DENTRO

GIACOMO GARZYA, IL MARE DI DENTRO, Napoli 2005,
M. D’AURIA EDITORE

PREFAZIONE

Si staccano dal flusso dell’eccesso inquinante le
parole di Giacomo Garzya, e anzi ogni parola sembra
recuperare un suo nucleo di pregnanza segnica in
quanto è messa in rilievo, quasi pensata come isola, e
nello stesso tempo lanciata come ponte verso altre catene
di parole per ricreare più profonde significazioni.
Un verseggiare per ritmi compatti e forme brevi
che sembra voler rispettare l’ascolto e il silenzio dell’Altro,
un ritmo poetico che intende definirsi anche
per contiguità con lo spazio del silenzio. E forse la poesia
del Mare di dentro è anche poesia di ascolto del sé e
dei più profondi bisogni emozionali, di ricognizione
del sé e del profondo rapportarsi all’altro.
Così con una sobria retorica punteggiata da clausole
di colloquialità si viene svolgendo un testo profondamente
coeso, in cui ciascuna lirica scandisce una nota
necessaria dell’armonia complessiva.
Il lettore-ascoltatore ne ricava un’impressione di
equilibrio, poiché Garzya ha lavorato per sottrazioni
rispetto ai contrappesi della letterarietà e alla ridondanza
dei valori semantici dei singoli termini, confermando
una sua linea di ricerca poetica verso uno stato di leggerezza
che presuppone l’allontanamento da ogni piatto
realismo discorsivo ma anche da ogni intellettualistico
simbolismo metaforico. Lontane dal preziosismo dell’ornato
e dalla miscidiazione dell’espressionismo, le
parole del lessico comune prendono qui nuovi riflessi,
proprio come i sassi opachi che brillano se bagnati dal
mare. Così la leggerezza del verso diventa profondità
di parola interiore, affioramento di un senso ritrovato,
sacralità di antico patto comunicativo con l’umanità
rinnovato da valori ritrovati.
E infatti la poesia di Giacomo Garzya, in questa
raccolta come già in Solaria, Passato e presente, Maree,
ha come tratto proprio i valori della comunicatività,
propri di una scrittura duttile e consapevole che ha recepito
e rielaborato la lezione della lingua dei classici
antichi e moderni ma anche di una attitudine al discorso
sulle emozioni e i sentimenti che coinvolgono sempre
l’interlocutore.
Lo stile di Garzya ha i caratteri di “stile semplice”
declinato in poesia, cioè è l’esperto impiego di un
linguaggio comune per esprimere verità remote dai
luoghi comuni. Quanto più la complessità esprimibile
del mondo poetico si accresce tanto più è raffinata la
sapienza della ricerca linguistica del poeta. Così la parola-
verso da leggera e semplice può divenire carica di
una complessità inesauribile, sino al limite estremo della
parola-rivelazione, della parola-oracolo, con un recupero
della originaria potenza e ricchezza di significazione.
Garzya rende manifesta al lettore la sua riflessione
sul Poetare:
Catturare il reale/ e trasfigurarlo con l’immaginazione/
questo è bello e rende felice il giorno.
/Rendere semplice ciò che è complesso /
scoprire l’armonia delle linee/ nella luce che
cambia/ nelle nuvole che corrono/ questo è
bello e rende felice il giorno/ …
Significativa, in questo senso, anche la dichiarazione
di poetica dell’autore in Dall’ombra alla luce:
A volte/ la creatività artistica/ e il ripensamento/
sulle cose della vita/ ingenerano foglie di
quercia ramate / in sarcofagi pieni di luce/ e
speranza / in cui la morte si adagia serena /
per vivere di nuovo.
Proprio in questa cifra di creatività e ripensamento
anche i versi più lineari sono percorsi da inquietudini
e vibrazioni che ridisegnano più nettamente
paesaggi naturali e umani. Ogni incontro umano –
l’amico che viene da lontano e quello che è vicino da
sempre – è la messa in luce di un colore dell’animo, di
un tratto esistenziale, come in Per un’amica:
Sottovento/ il senso / della tua esistenza. /
Sottovento/ scarrocci / frenando l’impulso/
di vivere tra i marosi/ …
La scoperta del luogo, dell’uomo, della situazione
procede in parallelo con la ricognizione degli spazi
interiori; può accadere che questa dimensione della
scoperta avvenga attraverso un amico, che in un primo
tempo fa aprire lo sguardo del poeta sul paesaggio
innevato e solitario di Cervicati, e lo induce poi alla
riflessione sulle proprie radici e sui valori umani “co- ·
me l’amico / che calore / sparge / sulle mura / del
cuore”.
Continua è la riscoperta e la reinvenzione dei legami
d’amore, “fuggito amore” o “nuovo amore” o
sogno d’amore come in Selene, e il sogno è la condizione
necessaria per percepire emozioni e sentimenti:
Mele d’oro / nel giardino blu del mare / di
esperidi/ nella fantasia/ che vaga da un sogno
all’altro, / senza riposo, / perché si sogna di
notte/ ma si può sognare anche di giorno. /
Vale la pena per dare vita al vento/ che tutto
muove/ anche l’anima/ che dondola/ come
turibolo/ nella notte stellata.
Se trasfigurati oltre l’orizzonte del reale proprio i
legami d’amore diventano più intimi:
Come vorrei trovare un colorato paese di mare,
/ meglio se a picco, onde vivere ogni giorno
l’onda/ E osservare la linea marcata/ oltre la
quale l’occhio non vede / e immaginare lì il
tuo cuore di donna aprirsi al mio/ in quel mare
di nessuno / in cui vivere è respirare con te.
Pertiene ancora alla dimensione della scoperta ma
con una duplice valenza cognitiva e emozionale la
esperienza della riformulazione attraverso la traduzione,
in cui le parole del poeta trasportate in altre lingue
ricreano, a lui stesso e al lettore, nuovi sistemi di
suoni e di significati, così come avviene in Clown
triste, tradotta in tedesco da Antonio Garzya, e in
Kheira, tradotta in arabo classico da Kheira Achit-Henni.
Poesia essenziale, dunque, quella di Giacomo Garzya,
o meglio ricerca delle essenze prime dell’uomo
attraverso l’ascolto del proprio io, e non a caso è ritornante
il tema della poesia come ricerca attorno ai principi
essenziali della vita stessa, cioè acqua, aria, terra,
fuoco.
Ancora il mare si fa immagine con connotazione
simbolica: pervaso di una mediterraneità intesa come
dimensione culturale ma anche come dimensione naturale
di luce e colore, il poeta vive in uno spazio – fisico
e mentale – tra Grecia e Magna Grecia. Qui ogni volta
che lo sguardo si fa attento al paesaggio, dalla costiera
amalfitana a quella dalmata alle coste greche, solo in
apparenza trasferisce attraverso la nitida parola la
descrizione del dettaglio, dell’atmosfera del presente,
perché il senso dei paesaggi mediterranei di Garzya
trapassa il tempo con una rete sottile di richiami sino
ad adombrare la visione del mito e dei suoi significati
archetipici.
La profonda consonanza con il mondo naturale è
tra l’altro vissuta nella ricerca di un equilibrio olistico
dell’uomo: mare, luna, sole devono essere in una dinamica
armonica con l’umanità.
Come il Garzya fotografo sa trarre immagini fatte
di luminosità e linee pure dalla caoticità opaca dei paesaggi
urbani, così le sue immagini di paesaggi marini
rivelano in filigrana altre immagini, quelle della memoria
e del sogno, del “limbo dell’anima”, e dunque il
“mare di dentro” è affidato all’intuizione del lettore
come scenario privilegiato per tutti i paesaggi dell’ anima.

PATRICIA BIANCHI

 

 

FANNY E MAGUY
Di chi erano
le orme?
A una fonte portavano
e le mie piccole gemelle
assetate e curiose
dividevano con me
l’ebbrezza
dell’acqua gelata
al pensiero
d’incontrare
il maculato manto
o il pelame fulvo,
le corna palmate
del daino
o a palchi caduchi
del cervo,
nel desiderio
di poter raccontare
il loro mondo di fiaba
ai bimbi della valle dell’Inn.

Napoli, 22 gennaio 2003.

 

LUNGA VEGLIA

Nella notte
tutto
discreto
gira

la testa
gira
se penso
che vai,
dove
non so.

È certo
proprio certo
che non potrei
vivere
senza il mondo
che mi sta intorno,
senza te.

Napoli, 10 febbraio 2003

 

WHENEVER WHEREVER
( quando mai dove mai)

Mi trascina
nell’oblio
la tua mente
fervida,
di parole
scarna
ma di sensi
ricca

talora incompiuti
ma compresi
da me
che vivo
il tuo destino.

Napoli, 11 febbraio 2003

 

LACCI


in quel porto
che tu sai,
sogno

i cormorani
in volo
librano
col mio spirito,
quello
di chi vuol volare
con ali mozze.

Napoli, 12 febbraio 2003

 

SZPILMAN

Tu,
che immaginario
suoni
circondato
da teppa,
vili schegge
d’illusoria potenza
scacci coi tasti.

Tu
testimone inerte
d’inaudita violenza.

Napoli, 13 febbraio 2003

 

AMORE

La notte
ho camminato
senza scopo
il selciato bagnato

viscide le suole
il fiato
trattengono
mentre
l’istinto ferino
mi dice

cadi
di nuovo
nella trappola
dei sentimenti
che inducono
amore

così
è più bella
la vita.

Napoli, 13 febbraio 2003

 

UN ANNO

Un anno
è volato

parole
su foglie
di betulla
sparse
sono cadute

come i ricordi
stipati
in salgemma puro

sapido

del tuo sorriso.

Napoli, 15 febbraio 2003

 

TREPIDA ATTESA

Tu sei sale
e
gemma della vita.

Anche se
qualcosa
rimane
d’incompiuto

io aspetto
che torni
l’alba
e il giorno
e la notte

per sognare
di nuovo
luce
inquietudine
urlo libero
tenebra

di nuovo giorno
nella dolce
carezza del sole.

Napoli, 16 febbraio 2003

 

ARIA DI MARE

Il mare
non è male
oggi

mugghi d’onde

quanto bastano
per ritemprare
l’anima,
il desiderio di te,
che placida
dormi.

Napoli – Capri, 16 febbraio 2003

AMARE

È maggese
o fresca erba
la tua vita?

Molte lune
hai vissuto,
ma intatta
è la tua voglia
d’amare,
ora
fresca erba
di Spagna.

Napoli, 20 febbraio 2003

 

CERVICATI,
ATTRAVERSO UN AMICO

a Enzo Pagliaro

Qui
nel paese
ghiaccio sottile
copre
nuda roccia
di scale.

Visi scavati
dal vento,
fieri
sorseggiano
ora grecale
ora maestrale,
ora il vento
che vuoi.

Poche le anime

ma vivi
le pietre delle case,
il ricordo di molti,
il ricordo di sempre.

Napoli, 27 febbraio 2003

 

DA CERVICATI, IL POLLINO

In Cervicati
mandorle
e fichi
dove batte
sulla rocca greca
il vento.

Innevata
la catena
a Nord
novello di qui
scorre,
come mandorli
in fiore
scorrono
sul bianco Pollino.

Napoli, 1° marzo 2003

RADICI

Sangue misto
è il mio sangue

delle brughiere
nordiche,
del profondo Sud.

Cervicati,
tra focolari
affetto
generoso vino,
oggi
mi ha dato
calore

come l’amico
che calore
sparge
sulle mura
del cuore.

Cervicati – Napoli, 1-5 marzo 2003

 

VALJA

Negli occhi
lucidi

amore
per la terra natia
nell’accorato canto
luccica
tra fisarmoniche
e tamburelli caldi

caldi
d’antica nostalgia

calabra nostalgia.

Cervicati, 1° marzo 2003

 

 

RISVEGLIO ALL’ALBA

Gocce gocce gocce
di nuvole nere
sulla dorsale
che
Sila e Crati
guarda
nel loro tenue
biancore

ché dallo Jonio
sorge il sole.

Gocce gocce gocce

lontano
il sole splende
mentre qui
è clangor
di tuoni.

Cervicati, 3 marzo 2003

SEI DONNA

Anima
della mia anima
nella mia anima
la tua anima

tua di te
nella mia
ondeggi
come scialuppa
che di prua
del mio amore
apri la via.

Napoli, 8 marzo 2003

VIVRE POUR VIVRE.
UNA DONNA PER UN UOMO

I corpi
stretti
nell’amplesso
come ceppi
di quercia
crepitano
si contorcono
nel sudore
della notte

muscoli
nervi
cuori
sulle rotaie
sfiniscono

nel dolce viaggio
della vita.

Napoli, 9 marzo 2003

PER ERATO AMOROSA

Mi manca
ora
il tuo sorriso
ma in me
è
la sua essenza
come le strette
di mano
che calde
abbracciano
il mio cuore

insenatura
effimera
al tumulto
dei marosi
in cui annegherei
l’impazienza
di averti.

Napoli, 10 marzo 2003

A FANNY
PER I SUOI VENT’ANNI

Riverbero d’asfalto
ricorre
nella memoria
nel sogno.

Alla ricerca del molteplice
tanti nastri d’argento
ho percorso e
tempeste di sabbia
non hanno oscurato
quel miraggio
d’acqua per terra

energia
che dà senso
ai sentimenti
che ora corrono
come onda
che cresce
col vento
che dà anima
al perpetuo moto
che è in me
e in te,
figlia mia.

Napoli, 16 marzo 2003

MAGUY

Oggi vent’anni

sbarazzina
a tuo modo
li vivi

libera e bella
come margherita
appena sbocciata

vivace
come stornelli
che amare sanno
ciò che passa loro
la vita.

Napoli, 16 marzo 2003

 

ANIMA MIA

Vuoto
sofferenza
sono in me
quando
il tuo viso
respira
fuori di me.

Senza amore vero
è poca cosa
la vita.

Napoli, 18 aprile 2003

 

VIVERE AMARO

Annego
nell’etere
la mia disperazione.

I miei amici
beoni
qui intorno
a raccolta
sono solo ombre
e non sanno.

Napoli, 20 aprile 2003

 

ELEMENTI

Acqua
terra
fuoco
aria

quattro
come la nascita
il limbo
l’amore
il respiro vitale.

Napoli, 20 aprile 2003

APPENNINO

a Giacinto Venditti

Qui ad Agnone
la rondine
nello stesso nido
dalle Puglie torna
al rintocco della primavera.

In alto
Monte Campo
da dove
Matese
Le Mainarde
La Maiella
solitarie catene
all’orizzonte sfilano
nel loro gentile biancore.

E da Monte Campo
Prato Gentile
sulla cui neve
vive il passero
parco, solitario
e la lepre,
la cornacchia nera
carnivora
come faina in agguato.

E da Vallesorda
ancora Monte Campo
bianco
che il silenzio avvolge
come l’edera il faggio
come l’abetaia
il cuore del merlo.

Capracotta, 23 aprile – 10 maggio 2003

TORRENTE VERRINO

A Fonte
Santa Croce
acqua
precipita
da Monte Campo

gelida
avidi
si sorseggia
mentre il cucù
del cuculo
i prati invade,
ora verdi
dopo il lungo
niveo candore.

Prato Gentile
(Capracotta), 10 maggio 2003

FRATELLI MAGNONI, 8

Albatros
dall’Arco Mirelli
audaci
in volo

tra le maioliche
di Santa Maria
in Portico
virano
nel loro acuto
stridore.

Dalle terrazze
di case
si vive
liberi
con loro.

Napoli, 1° maggio 2003

CONVIVIO

a Miria D’Aietti

Grappa
di zibibbo
vinaccia pantesca
il cuore
straccia

nei carati
di pioppo
straccia.

In carati
circonfusi
d’ambra
rocce
su mare cobalto
capperi
e foglie d’acanto.

Napoli, 1° maggio 2003

 

AMORE CHE VIENI
AMORE CHE VAI

Come su pàmpini
la rugiada,
lacrime
il tuo viso
adornano
per il fuggito amore.

Ma al nuovo bacio
fremono
le palpebre chiuse
e le guance
si soffondono
di rossore
di un velo pudico
per il nuovo amore.

Napoli, 19 maggio 2003

PER UN’AMICA

Sottovento
il senso
della tua esistenza.

Sottovento
scarrocci
frenando l’impulso
di vivere tra i marosi.

Come remora tranquilla
il silenzio
cerchi,
non il battito
delle ali.

Napoli, 22 maggio 2003

SOGNO

Sei un sibarita
quando tasti
nei meandri purpurei
della coscienza?

O un animale
cuneiforme?
Il desiderio
di essere uomo
nella tua corteccia
non trova requie.

Napoli, 24 maggio 2003

 

CON ELSA

La memoria non ossida
il tempo
come il legno
resiste al suo logorio.

Nel tuo giardino
verde nei limoneti
l’azzurro nel cielo
l’amaranto nel mare
il rosa in Terra Murata
al tramonto resistono,
al tramonto del tempo.

Come è vero
che devo vivere
ogni giorno
il mio giorno.

Il sole
ormai è calato
dietro il vulcano
ed è bello donarsi.

Vivido il cielo
vivida l’anima.

Procida, 25 maggio 2003

 

APPRODO

Marinaio!
In ogni porto
una donna.
Con un piatto di ricci
strappati dal mare
godi con lei,
qui dove batte
il libeccio,
che squama
il tuo essere uomo,
qui
in questo piccolo approdo
del cuore.

Procida, 25 maggio 2003

 

COMPAGNA DI VITA

Fedele come edera
sulle mie arterie
ti abbarbichi
e succhi linfa
perfusa di timo

essenza
di donna maturata
al sole del Sud.

Napoli, 29 maggio 2003

PRATO GENTILE

Pratoline
gialle e bianche
ondeggiano al refolo
mentre nuvole
si diradano
lasciando il piovischio
all’ aere terso
di maggio.

Terso
come l’insistente
cinguettìo
che anima il bosco

il bosco degli elfi
di qui.

Prato Gentile
(Capracotta), 31 maggio 2003

 

LA MAIELLA

Soffioni di nubi
fasciano
le tue cime
zebrate
di roccia e ghiaccio

armoniche
come note di liuto
che tingono d’oro
la voglia di essere.

Prato Gentile
(Capracotta), 31 maggio 2003

 

A UNA CHIAIOLELLA

Una sciabolata
nel buio
trancia gli ormeggi
del desiderio.

Verso un’altra baia
la prua fende
ciò che è solo mio
l’elemento che amo di più
lo sciabordìo dell’onda
gorgoglìo dell’anima
che si mescola
al mio amore per te.

Il respiro di Nettuno
governa i flutti liberi,
i flutti delle sirene
governano me.

Procida, 7 giugno 2003

 

O?I ?ËRNIÎ

Occhi neri
staccano
sull’ovale biondo
che canta Kalika.
Sorda freme la nostalgia
per la casa lontana
tra il Volga
e le betulle tatare.

Ovale biondo
i tuoi occhi neri
suono di corde
spiccano
nel ballo ebbro di vodka
e inseguono il ricordo
del tuo passato.

Era bello
quando sorridevi
agli storioni
e ti specchiavi nel fiume
che ora vedo scorrere
nei tuoi occhi neri

occhi neri di Kazan’.

Napoli, 8 giugno 2003

 

SELENE

Dal carro argenteo
di baci copri
il mio essere
perché viva nel sogno
di lunghe notti
con te
che pulsi
come stella errante
sulla via che conduce
al desiderio
all’amore
alla vita.

Napoli, 25 luglio 2003

 

JONIO GRECO

Potessi appropriarmi
solo con l’anima
del vuoto
tra un’isola
e l’altra,
sarei colmo dell’acqua
di cui ho bisogno
per spegnere l’amore
che in me brucia
nel solcare lo Jonio
tra Corfù e Zante,
sino a Citera.

Bari – Patrasso, 27 luglio 2003

MONEMVASIA,
UN RITORNO

Ritornare sui luoghi
quando è bello il ricordo
ti misura di nuovo.

Qui nel Kastro
tutto è mutato
anche le pietre,
come il colore
con la luce del giorno
e della sera.

La vita ha portato
a questo lido,
mai uguale a se stesso,
come il fiume che scorre.

Ora tira il vento forte
e non doma
moltitudini
di agli selvatici
ritti
tra le scogliere
e il roccione ferroso,
da cui sgorgano
stille d’ambrosia
sui tuoi occhi turchesi,
così oggi li vedo,
come quelli di ninfa
che il mare avvolge
qui attorno.

Monemvasia, 29 luglio 2003

 

PASSERI

Passeri
saltellano
sotto l’alta rocca
liberi
su pietre connesse
in tempi lontani.

Cercano briciole
della consistenza
di un grano
mentre noi si pensa
alla futilità delle cose.

Monemvasia, 31 luglio 2003

 

ÀGAVE

Come dimenticarti
sulle baie di Kapsali?

Hai una seconda vita,
molto più breve,
ma resisti
con i tuoi aghi gialli
all’ebbrezza del maestrale.

Chora (Kìthira), 1° agosto 2003

 

LUCI E OMBRE

Dirada
la luce calda
sulla macchia
d’ arbusti verdepastello
di cardi bruciati dal sole.

All’apice della mezzaluna
vedi una palma
e dall’arco del kafenìon

tagliato al centro

l’orizzonte del mare,
che la mente sovrasta
di chi contempla,

sottile come lama d’azzurro.

Chora (Kìthira), 1° agosto 2003

 

L’OMBRA

È mezzogiorno
in punto.

Dov’è
la mia anima primitiva?

Tra qualche istante
tornerà
con il profumo
di resina marina.

Non temere la tua ombra,
se hai una buona coscienza,
ti è di compagnia,
e non nasconderti
al sole di mezzogiorno
per la paura
di perderla.

Diakofti, 2 agosto 2003

 

CIVETTA

Tra il fogliame
uno spicchio di luna
occhieggia.

Il suo profilo
come il tuo
sui monili d’argento
ricorre
benché in te prevalga l’istinto
del predatore notturno
che tutto vede
e in fretta afferra.

Chora (Kìthira), 3 agosto 2003

 

CHORA DI KÌTHIRA

Il profumo intenso
dei tuoi gelsomini
turba il sonno
e ancor più la veglia.

Bianche anche le case
con infissi e battenti azzurri
come il tuo cielo terso d’agosto,
terso per il vento incessante.

Bianche le stelle dell’Orsa,
che ti guidano
lì sul mare increspato
lì dove nacque
la prima volta
Afrodite.

Bianca la luna crescente
alla cui guardia
è il castello
dalla porta che s’apre
a chi vuole sognare.

Chora (Kìthira), 3-4 agosto 2003

 

CETARA

Vibra la torre
sotto i colpi del mare
e il tonno scappa
dalla cianciola
libero nei flutti,
preso
dall’urlo del mare.

Cetara, 20 settembre 2003

RICORDANDO KÀRPATHOS

Brume
soffondono di tristezza
i fianchi del monte
ma sui crinali
venti liberi soffiano
su vele bianche di mulini
stanchi solo se fermi.

Il sibilo
ora scirocco ora maestrale
domina due contrapposti
seni di mare
e macina umana semenza.

Napoli, 11 ottobre 2003

 

NUVOLAGLIA DALMATA

È tormento di nuvole
quando s’apre
lo squarcio del sole,
dal grigio il bianco acceso
come folgore
al primo mattino.

Inatteso il mare brilla
e rombi su rombi
e altre figure attirano
nel loro libero gioco
con l’acqua.

Tutto ricorda
quadretti di vetro
con sabbia multicolore
che scivola
nel limbo della coscienza
sfumando scene sempre
diverse
con uguali frammenti
blu del mare
e marmo bianco di Bra?.

Procida, 26 ottobre 2003

 

SAN MARTINO A MAIANO

a Fanny

Per lieti poggi
si sale ammirando
i cipressi
l’eucalipto
gli uliveti,
tra logge antiche
e una robbiana terracotta
che scalda il cuore
per il Bambin
che guarda Maria
e alati angioletti intorno,
puro giglio
all’angolo del Salviatino

a un passo la Fattoria
e San Martino
che il mantello dona
come fa quel tesoro di figlia
che m’accompagna.

Maiano, 23 novembre 2003

 

LUNGARNO,
DAL PONTE ALLA CARRAIA

a Maguy

Le botteghe del Ponte Vecchio
capovolte nell’acqua
come anche le case lungo
le sponde
specchiano il duplice stato
dell’animo

quello che vuole contemplare
con la figlia adorata
gli uccelli radenti
sulla cupola riflessa nel fiume
e quello che vuole sedimentare
il ricordo
nel ritorno al luogo natio.

Firenze, 23 novembre 2003

 

MARONTI

Curvilinea battigia
sino a Sant’Angelo
ove piccoli buchi
nella sabbia
innervano l’aria
con segnali di fumo

mistero dell’isola
nelle cui viscere
si nascondono
l’Ade profondo
e il mistero del dopo.

Manca l’amico perduto,
dall’eterno dilemma preso

vivere in modo felino
o morire perché l’Ade
celi i suoi affetti
in vasi canòpi.

Panza, 30 novembre 2003

 

CITARA

Di Punta Imperatore
il faro incombe
sugli scogli
di fronte alla spiaggia
dalle alghe sfatte d’autunno.

Gli scogli dei ricci
le cui uova
l’amico fedele mi porge
nel gesto del dono

oggi ancora
dopo vent’anni.

Citara, 30 novembre 2003

 

PER MARE

All’altezza di Vivara
lontano lumeggia un faro
quello di Punta Carena
che al tramonto dà il via.

L’Epomeo non sfugge
alla vista.

Strie rosa
poi rubine
sovrastano l’isola
al cadere di questa calda
giornata
d’autunno inoltrato
al calare della notte,
che allenta il respiro

non il mio,
che vuole vivere le luci
improvvise
di Procida e quelle d’intorno,
come il cieco che brama
la luce.

Ischia – Napoli, 30 novembre 2003

 

CLOWN TRISTE

Se penso alla luce
che picchietta il tuo volto
angosciato

se penso al tuo labbro smorto
che raschia nel fondo la tua anima
quella vista su una parete spoglia

se penso all’arco sull’occhio
privo di vita
e al tuo naso rosso da clown

corro a tuffarmi nel violento
grecale
nell’acqua gelida
che depura i segni del male
che a caso afferra le menti
più deboli
ma che ha dato a te
nel dolore dell’esistenza
mano e sentimento d’artista.

Cetara, 7 dicembre 2003

[dopo aver visto “Clown” di Andrea Janza,
Nocera Inferiore, Castello Fienga,
7 dicembre 2003]

 

TRAURIGER CLOWN

Denke ich ans Licht,
das dein angstvolles Angesicht tüpfelt
denke ich an deine verblassten Lippen,
die deine Seele im Innersten schaben
auf einer nackten Wand gesehen
denke ich an den Bogen über
[deinen erloschenen Blick
und an deine rote clownartige Nase,
springe ich gelaufen in den heftigen
[Nordostwind
ins frostiges Wasser,
das die Zeichen des Unheils reinigt
das die schwachen Geister aus Zufall fasst
das aber dir im Schmerz des Daseins
Hände und Herz des Künstlers gewährte.

[“Clown” nella traduzione in tedesco
di mio padre Antonio Garzya]

 

CASAMICCIOLA

a Franco Capezza

Un taglio ai picciuoli
e i primi mandarini
all’Immacolata
nel cesto cadono,
verdi le foglie e fresche.

Non è così quando passi
ai cachi gialli arancio
che tingono d’autunno
l’aria e l’umida terra.

A monte
sono i giardini fruttati
dove batte forte il vento
del Nord,
mentre alla Marina
spumeggia il mare,
sordo agli odori acri
e insieme dolci
della campagna di qui.

Casamicciola, 8 dicembre 2003

 

GIOVINEZZA

Tanti anni dopo
ad Alimuri
contando ciò che
sentivo d’inverno

l’assordante frangersi
del mare
contro lo strapiombo

lo iodio balsamico
sferza sul viso

il sole rosso incunearsi
nell’ignoto che è in noi

il bacio dopo il tenero
abbraccio

il nodo alla gola
per l’abbandono al libero
gioco dei sensi

il peso sul cuore
per il ritorno sul costone

il saluto

l’addio.

Meta di Sorrento, 21 dicembre 2003

 

CARLO QUINTO ROSSA

Dalle cannelle in linea
birra scelta zampilla
per l’estasi d’una notte.

Sgorga nel turbinio del rock
incendiando le vene
sballando le arterie
e ciò per bere alla salute
di pochi.

Napoli, 10 gennaio 2004

 

NEVOSO

In pieno Nevoso
m’ispirano il freddo
e il vento.
Che la Musa sia di ghiaccio?

Napoli, 11 gennaio 2004

 

C’EST LA DÉBAUCHE

Oggi ventuno gennaio
ho rivissuto la crapula d’una sera
quando polverizzai i sentimenti
nel boccale
e aspirai nubi di tabacco cubano
– Cohiba si chiamava –
per distogliere il pensiero
dal tuo viso biondo come schiuma
per pipa
dal tuo sorriso di donna libera

da quegli occhi che avevano respinto
lo sguardo
per perdersi nelle nebbie d’inverno.

Napoli, 21 gennaio 2004

 

A MEZZACOSTA

Nei vetri il baluginìo
del mare

verde traspare
dove batte il sole.

All’alito del vento
cresce la voglia di bere
la tua anima sola

sola come la Torre corsara
che resiste al mormorio
del tempo.

Marina del Cantone, 24 gennaio 2004

[guardando il Recommone]

 

DAFNE MARINA

Nelle tue mani
crescono i rami
dalle gelate spogli

essenziali come il profumo
che emani.

Marina del Cantone, 24 gennaio 2004

UN AMORE

Quando ho traguardato
dal mirino
i tuoi occhi luminosi
e grandi
e il sorriso pieno di vita
ho goduto la voluttà
di tanti anni prima.
Peccato che l’emulsione
non abbia fissato il momento!
Ma resterà il ricordo di te
sempre più bella
fresca come a vent’anni.

Napoli, 25 gennaio 2004

DALL’OMBRA ALLA LUCE

a Enzo Pagano

A volte
la creatività artistica
e il ripensamento
sulle cose della vita
ingenerano foglie
di quercia ramate
in sarcofagi pieni di luce
e speranza
in cui la morte si adagia
serena
per vivere di nuovo.

Napoli, 30 gennaio 2004

[dopo aver visto la mostra “Catabasi”,
Napoli, Succorpo della Chiesa di S.
Maria del Parto a Mergellina]

 

AFORISMA

All’alba nascente
il cuore il mare
devono i colori
al buio della mente
il dolore del nulla.

Napoli, 1° febbraio 2004

 

SOGNARE

Mele d’oro
nel giardino blu del mare

di esperidi nella fantasia
che vaga da un sogno
all’altro, senza riposo,
perché si sogna di notte
ma si può sognare anche
di giorno.
Vale la pena per dare vita
al vento,
che tutto muove
anche l’anima
che dondola
come turibolo
nella notte stellata.

Napoli, 8 febbraio 2004

 

SPINE

Quanto più è alto
lo sconforto
più cresce la poesia
vero lievito per l’anima
come lo furono per te
le rose che ti donai
in un impeto,
consapevole di stringere
nelle mani
le spine del tuo rifiuto.
Ma la spinta a ferirsi
permane ancora
permarrà sempre
e le rose aumenteranno
in ragione delle loro spine.

Napoli, 14 febbraio 2004

 

UN VOLTO UNA VOCE

Forse la morte mi fa paura
perché non potrei vedere
più il tuo volto.
Il tempo scava i lineamenti
ma ciò non vale per te
presa dalla gioia di vivere
ogni minuto della tua vita.
Forse la morte mi fa paura
perché non potrei più udire
il suono della tua voce calda
come in una sera d’estate
quando il sereno scorre
nel sangue
animato dalla nostalgia
di notti felici
trascorse in tenero abbraccio.

Napoli, 15 febbraio 2004

KHEIRA

a Kheira Achit-Henni

Nei tuoi colori immagino
la tua El Asnam.
Quando parli del Tell
i tuoi occhi di araba luccicano
e l’orgoglio per i tuoi fratelli
è forte: una tribù di sedici
che giocano e ridono tra loro
come solo tu sai fare.

Quando attraversasti
il Grand’Erg
mi parlasti degli uomini
del mistero
bianchi come il latte
biondi occhi azzurri,
mi parlasti dei Tuareg,
pensavo fossero come te
sono invece bruniti dal sole
ammantati di blu
per resistere al vento caldo
al freddo della notte stellata

quella del Sahara
che un giorno vorrei vedere
con te
come mi hai promesso.

Napoli, 15 febbraio 2004

[per la traduzione in arabo classico
di Achit – Henni Kheira, vedere in
G.GARZYA, IL mare di dentro,
Napoli 2005, M.D’Auria Editore,
p.86 e in G.GARZYA, Poesie
(1998 – 2010), Napoli 2011,
M.D’Auria Editore, p. 228]

 

CALA VIOLINA

Sulla sabbia stridor di zoccoli
tra le mani la tua criniera
baio manto di Maremma.
Sui gambali spruzza gaio il mare
e rompe la monotonia d’un giorno
d’afa
privo dell’energia che solo tu vento
sai dare.

Crin blanc ti chiamo
nel ricordo vivo dell’infanzia
quando respiravo l’aria di Camargue
e nel dedalo delle paludi
sognavo il drago dalla criniera bianca,
il brado che ubbidiva solo al suo
richiamo.

Napoli, 20 febbraio 2004

UN VIAGGIO

Due binari per un amico:
in controluce i fotogrammi
corrono
alberi
alberi
casolari
e il mare
mentre cerco di pensare
a come sarà il domani.

Sarà Nero d’Avola,
nella gola cieca
senza luce
o un fiume
libero di tracimare
la voglia impetuosa
di vivere?

Napoli – Paola, 21 febbraio 2004

 

OLTRE LA NEBBIA

Quando penserò alla tua terra
non potrò non ricordare
l’onda d’urto del tuo sorriso
l’armonioso canto
e la parlata antica,
che a me sfugge
ma rallegra l’animo,
per la partenza inconsolato.

Cervicati, 23 febbraio 2004

 

OTTO MARZO

Perché a te un fiore
se sei già un fiore?

Donare un fiore
ad un amore in fiore
non basterebbe,
meglio una ghirlanda
di parole e un bacio.

Napoli, 8 marzo 2004

 

IL POETA E L’ASPIDE

Alla perduta giovinezza
una corona di cardi e spine.

L’aspide questo darebbe in dono,
il poeta, invece, un fascio di mirto
pensando alla vanità della vita.

Napoli, 8 marzo 2004

PERLE DI BRINA

Perle di brina
le tue pupille
desiderio mai sopito
in un giorno d’austro.
I tuoi capelli s’irradiano
al sole
e io vorrei posarvi le labbra
e inumidirle con salsedine
marina

essa solo rende sapido l’amore.

Napoli, 8 marzo 2004

 

A UNA MADONNA ANTICA

Una corona di petali
potrà mai adornarti,
renderti più bella?

Neanche i metalli e le pietre
più nobili.

Solo i tuoi occhi di cerva
bastano ad accarezzare
i pensieri più tristi
a rendere meno
amara la vita
quando il freddo colpisce
la fervida mente.

Napoli, 8 marzo 2004

 

ALLA MIA DONNA

Dibattuto sono
tra te e il mare
ambedue d’umore cangiante,
belli nelle gocce che imperlano
pelle odorosa levigati scogli.

Al tramonto
il dubbio è sciolto
e le tue colline accarezzo
le colline che respirano con me,
nel corpo a corpo della notte
tra eros e melos.

Napoli, 20 marzo 2004

 

VENTUNO MARZO

Un’alba trasparente aspettavo
come il tepore amico
della nuova stagione,
è, invece, grigia umida
come l’inverno di poche ore fa.

Ma il cinguettìo
sospeso nell’aria di prima mattina
annuncia il risveglio

quello di chi sa cogliere dal nulla.

Napoli, 21 marzo 2004

BEN ALTRO

A qualcuno che conosco
occorrerebbe per l’amplesso
ben altro che un vassoio d’ostriche
ben altro che gli artifici di donne
esperte, ben altro.
Eppur si vanta il ganimede
ogni dì si vanta
e dietro a ogni gonna corre
bella o brutta, purché si parli,
purché si dica che è un
Don Giovanni.

Napoli, 21 marzo 2004

 

AMICO MARE

La rifrazione dell’acqua
le tue profondità
danno i colori
e io mi perdo in essi
per solo amore.

Ancestrale
come il liquido in cui fui
avvolto
fa’ che il frangente dell’onda
più alta
ricada su di me e mi renda
naufrago su questa terra
alla cerca dell’inizio
che mi dia una ragione.

Napoli, 28 marzo 2004

 

COSTIERA, UN FRAMMENTO

Il luogo più bello
è dove affaccia la Torre
avanti un cilindro,
dietro tetragona, orlata
e l’acqua contro gli scogli
inquieta sbatte

acqua pazza nella risacca
nel precipitare di fiori gialli
bocche di leone, margherite
di primavera appena sbocciata,
mentre il tepore coglie
la donna accanto seduta
china su un libro
che l’affranca dal tempo,
dai pensieri riposti
nel cassetto della memoria.

Cetara, 24 aprile 2004

ACQUA PAZZA

Come adoro quel neoclassico
puro dorico che mi è di fronte,
le colonne alte, ocra
dalla cresta bianca e il lampione
che guarda il mare

smeraldo
acquamarina
verde pino
azzurro
grigio
per il giorno incerto,
acqua pazza mutevole
quando spira il vento
e il grigio nuvolo avanza.

Cetara, 24 aprile 2004

 

MUTAMENTI

L’alba i tuoi occhi
con luce adamantina rischiara.
Il risveglio è elegia alla vita
che rinasce al sole struggente
di primavera.

Ora è uggioso
e piove sui cactus,
ma i giochi di luce sul mare
sono olio su tavola antica.

E se svolti per Trara Genoino
la campagna e il Fornillo scopri
e una buganvìllea arancio lilla
che sprizza pigmenti
all’improvviso apparire del sole,
e sì perché è riapparso pieno
su Positano
miramare e regno di scale.

Positano, 2 maggio 2004

MONTEPERTUSO

Sulla parete nuda
l’arbusto s’inerpica
e la ginestra
e il verde giardino.
Poco più su il grande occhio
guarda il marinaro borgo
e accanto, del Ciclope, v’è
l’antro cieco,
l’occhio cieco che non vede
il mare
dove vive il cuore di Ulisse.

Montepertuso, 2 maggio 2004

 

PERCHÉ IL MARE?

a Silvana Musella

Perché è un’isola d’acqua
nel cuore.
Perché è mutevole
in simbiosi col vento.
Perché è libero di giocare
con le nuvole, con la luna e il sole,
con chi agogna di vivere anch’egli
libero, sempre.

Napoli, 8 maggio 2004

 

SIC TRANSIT GLORIA VITAE

I miei nei
per macchie di catrame,
a questo punto la vecchiaia!
La tua o la mia?

Dicono che l’amore sia cieco:
anche questa è una risposta.

Intanto si veleggia verso
la giovinezza
seguendo la spuma capricciosa
del vento.

Pozzuoli – Ischia, 22 maggio 2004

 

CALA PISPISA

Cosa devo fare
per recuperare il tempo perduto?

Se solo avessi ricoperto il cuore
di vischio
per fare di due cuori uno

se non si fosse sciolto l’abbraccio
la morsa fedele
sincera
ora nuoteremmo nella cala felice
alla Cala Pispisa.

Napoli, 26 maggio 2004

 

OLTRE L’ORIZZONTE

Come vorrei attraversare il fiume
tagliare il ponte e lasciare alle spalle
la steppa desolata senza sale
né tempo.
Come vorrei trovare un colorato paese
di mare, meglio se a picco, onde vivere
ogni giorno
l’onda
e osservare la linea marcata
oltre la quale l’occhio non vede
e immaginare lì il tuo cuore di donna
aprirsi al mio

in quel mare di nessuno
in cui vivere è respirare con te.

Napoli, 27 maggio 2004

 

SETA

Vuoi che percorra la via della seta?

La tua pelle morbida questo aspetta:
guanti, stola, per non dire altro …
tutto fasceranno per la notte che incombe
e quando le sete volteggeranno sul talamo,
leggiadra musica saranno per le sensibili
corde
come il fruscio della seta sui corpi.

Napoli, 1° giugno 2004

 

POETARE

Catturare il reale
e trasfigurarlo con
l’immaginazione
questo è bello e rende
felice il giorno.
Rendere semplice ciò
che è complesso
scoprire l’armonia
delle linee nella luce
che cambia
nelle nuvole che corrono
questo è bello
e rende felice il giorno.
Niente è statico
né l’uomo
né la natura
né le pietre squadrate
e sovrapposte
né gli stucchi aerei
né le foglie d’acànto.
E se tutto muove intorno
è perché c’è la mente che
sente e vede.
Niente è statico
neanche il dolore dell’uomo.

Napoli, 6 giugno 2004

 

MARE LIBERO

Motore dell’esistenza
è il dolore
senza
non v’è aspirazione alla libertà,
così è per l’amicizia consunta
per la costrizione
che portano l’affetto altrove:
ecco allora il mare libero.

Napoli, 1° luglio 2004

 

FALÀSARNA

La trasparenza del tuo mare
è nel biancore del fondo
come quella degli occhi d’Icaro
è nel profondo del nostro essere
liberi.
Ti sovrasta una roccia arida
dal colore arcaico della tua
sabbia,
che spesso soffia di taglio
e finissima copre i pori
ferma il respiro
chiude le palpebre
nel sogno del disco di fuoco,
che è per immergersi dinanzi
nel mare di Creta.

Kissàmos, 10 luglio 2004

BALOS

Di fronte a Gramvousa,
fortezza silente,
è Balos, la baia dai tanti
colori,
dal catrame ferita
ferita dall’uomo.
Ciò rende pietoso il ricordo
di ciò che eri
perché, se sabbia e vento
lo scempio coprono altrove,
la crosta rocciosa della tua
laguna
rimane intatta nel suo dolore.
Forse per questo a me sei più
cara,
e d’inverno in inverno
nelle tempeste confiderò
ché la crosta rosa depurino,
un poco alla volta
come avviene per noi.

Kissàmos, 12 luglio 2004

 

SULL’ANSIA

Potente ansiolitico è l’acqua,
altrimenti perché vi saremmo
nati come Afrodite di fronte
a Kapsali?
Perché la murena tigrata
dall’aggressiva chiostra dei
denti, quando l’arpione vede,
dalla tana esce,
la bocca apre e non scappa
a sicura e facile morte?
Perché caccia e di esser preda
non ha l’ansia.
Non così è per l’uomo
che all’attacco si oppone
e se cede all’arpione
è perché così era scritto.
Ma se l’ansia protegge,
procura anche dolore:
ecco allora l’acqua,
il latte e il miele
il vino dell’uva
le nuotate nel mare.

Kapsali, 15 luglio 2004

 

IL VENTO E IL MARE

Ascoltare le note del vento
i mulinelli nell’aria
il flusso e riflusso del mare,
che forgia i ciottoli ad arte,
è godere la sintesi.
Chiesette bianche sulle baie
colpiscono per il loro nitore
e sospendono nell’etere
il giudizio sull’uomo.
Ora le folate del grecale
aprono a note più nette,
ognuno le coglie in modo
diverso,
il poeta le associa al proprio
destino.

Kapsali, 16 luglio 2004

 

DIAKOFTI

Se il vento
è in grado di estinguere
il ricordo
per spingere altrove,
vuol dire che il divenire è.
È vita
non convenzione del prima
del presente
del dopo.
Intanto il vento continua
a spingere
secondo il capriccio della
sua rosa.

Diakofti, 27 luglio 2004

 

ROSE

Nove, chiuse, fresche
una per te
una per me
le altre per il nostro destino.

Napoli, 2 ottobre 2004

 

MALINCONIA

Quando ho visto le lacrime
ho toccato il tuo dolore
e la notte è stata insonne.

La vita è anche lotta
per quello che si vuole avere
e sofferenza per ciò che non
si ha.

Quando ho visto le lacrime
ho provato dolore
e la notte è stata interminabile
e vuota.

Napoli, 3 ottobre 2004

 

ROSSO DI SERA

Ti ho avuta nel cuore
come tu nel seno
i fiori del melograno.

Fiori scarlatti di passione
i quali tu ami, lo so
come io te e te sola.

Poi, stanotte, la pioggia
dirotta
non ha deterso il desiderio
di vivere
una nuova stagione con te,
la più bella.

Napoli, 21 ottobre 2004

 

UNA NOTTE

Le lenzuola inquieto ho rivoltato:
l’Origine del mondo ho sognato,
fisicità terrestre, umida
come i capelli bagnati ieri
per sbollire il piacere del contatto
che ha fatto battere il motore in testa
e ha spiegato la vela verso il tuo sorriso.

Napoli, 20 novembre 2004

[nel ricordo de L’Origine du monde,
di Gustave Courbet (1866), Musée
d’Orsay, Paris]

 

AMARSI

Dormire nell’abbraccio affettuoso
e caldo
vale più di tante parole
messe in giro nell’aria, di giorno.
A, b, c
confuse nell’intercambio della vita
possono suadere,
ma quel che conta è la pelle
che bacia la pelle.

Napoli, 2 dicembre 2004

 

PER UN SOFFIO

Una carezza del sole
come di donna adorata
vale un sussurro di vita
che diventa gioia
quando vedi i gabbiani
liberi.
Dal Monte Tiberio
orrido è il salto
e solo il gabbiano veloce
può tuffarsi indenne
nel mare.

Ieri un soffio di tenebra
è stato,
solo un soffio.

Capri, 12 dicembre 2004

 

BUGANVÌLLEA CAPRESE

Per te, amore
trasparenti petali rossi ho fissati
su una pagina della mia vita
e il controluce azzurro è intessuto
della forza del fuoco che attizza
il desiderio
di crescere insieme in un mondo
aspro, che ha però in sé la bellezza
insuperabile
della natura.

Napoli, 23 dicembre 2004

 

LES ÂMES DES FLEURS

Mes yeux sont tes yeux
et ce que nous regardons
ensemble
entre dans les âmes
des fleurs
qui sourient à notre amour
comme aux abeilles
à la belle saison.

Paris, le 28 décembre 2004

DEUX HOMMES

à Paulette
trente ans après

On m’a tué une fois,
deux fois,
mais maintenant
j’ ai ta main chaude
sur ma poitrine.

Un homme
sous la pluie froide d’hiver
dans dette nuit parisienne,
la tête nue, je le vois,
marche à la recherche d’une
affection
d’une nourriture.

Paris, le 30 décembre 2004.

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